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I disegni psichedelici di Porpora Marcasciano raccontano la generazione queer degli anni 70

Scritto da Salvatore Papa il 9 novembre 2022

Foto di Ornella De Carlo

Sono gli inizi degli anni Settanta quando per la prima volta Porpora Marcasciano, oggi figura di
riferimento del movimento queer italiano, scende le scale dello Studio Uno Underground, un centro sociale, sede politica e galleria d’arte gestita da alcuni hippies nel suo paese natale, San Bartolomeo in Galdo (Benevento).

«Tutto è iniziato da lì – racconta Porpora. Erano gli anni del mio “venir fuori” (non esisteva ancora il coming out) e l’incontro con quel gruppo di hippie, con la loro controcultura, mi stravolse la visione che avevo del mondo».

Parte così una produzione intensissima di disegni pischedelici, acquerelli e collage in cui gli immaginari di un’intera generazione prendono la forma di surreali paesaggi meccanici e formazioni stratificate in cui corpi alieni, mani e labbra, seni, vagine, falli e tubi si fondono l’uno nell’altro.

«Disegnavo di notte, nonostante le proteste dei miei genitori, con una produzione da catena di montaggio. Erano sprazzi di colore dove ci mettevo un misto di rabbia e sogno, con la musica che faceva da sottofondo, soprattutto Jefferson Airplane e Doors».

Dimenticate in soffitta per molti anni e ritrovate in una cartella malandata dalla madre di Porpora qualche anno prima di morire, oggi quelle opere ritornano nella Project Room del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna per la mostra a cura di Michele Bertolino Non sono dove mi cercate. Porpora Marcasciano, il movimento, dall’underground al queer al MIT visibile dall’11 novembre 2022 all’8 gennaio 2023.

«Quei disegni – continua Porpora – hanno viaggiato con me, perché li portavo ovunque andavo per venderli in strada, a Parigi, a Roma, Bologna, Milano, Firenze. Ma ci fu un periodo di pausa, tra il ’77 e l’80 con l’esplosione del movimento gay, anni in cui le mie giornate erano piene di politica, cultura, sesso e non avevo il tempo per disegnare. Ricominciai attorno all’82, nel periodo in cui Bologna era diventata la capitale italiana del punk. C’è quindi qui una storia, ma anche una geografia, che parte da un piccolo paese sperduto del sud Italia, passando per Roma e Bologna».

Le vicende del ‘77 italiano, i convulsi anni del Movimento Frocio che conquista il Cassero di Porta Saragozza nel 1982, l’affermarsi politico dell’esperienza trans con l’approvazione della legge 164, che consente alle persone trans di vedere riconosciuto il proprio genere elettivo, sono passaggi importanti, iscritti nel significato e nell’iconografia dei disegni di Marcasciano ai quali è affiancata al MAMbo una raccolta di materiali d’archivio: ritagli di giornali, fotografie, libri, comunicati stampa, documenti politici, flyer e copertine di dischi riprodotti su pannelli semitrasparenti che riconfigurano l’architettura della sala.

Le stesse atmosfere vengono poi attualizzate nell’installazione sonora Non siamo dove ci cercate realizzata per l’occasione da ALMARE, in cui testimonianze, canzoni, registrazioni e materiali d’archivio ci proiettano nel mezzo di rumori e sogni tuttora attuali.

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