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Identità e proprietà

Il distanziamento sociale amplifica le possibilità di interventi criminali applicati attraverso tecniche digitali

Scritto da Fabrizio Bellomo il 11 maggio 2020

Foto di https://observers.france24.com

 

Possiedo ancora il controllo di una pagina Facebook, relativa al mio primo film. Ne ho l’accesso tramite un profilo anonimo che utilizzavo per governarla. Ai tempi dell’uscita del film (nel 2014) avevo chiesto a vari amici sparsi per l’Italia di aiutarmi a gestirla – e così ancora diversi di loro, fino a oggi pomeriggio, avevano la possibilità di accedervi e di gestirla. Propio uno di loro mi avvisa che su questa pagina è stata postata una pubblicità di un delivery. Il post promuove alcol consegnato a domicilio, alcol da bere, vini e distillati vari. Capisco subito cosa è successo, perché già accaduto: uno di quegli amici che sei anni fa mi ha aiutato nella gestione di questa pagina nel frattempo è diventato socio di un delivery specializzato in alcolici.

È stato lui. Lo contatto, lo ammonisco. Vado nelle impostazioni del social network e dopo un po’ di iniziali difficoltà riesco a bloccarlo, blocco lui e tutti gli altri che in quel periodo mi aiutarono, altri 6 o 7, tutti questi fino a oggi pomeriggio potevano accedere alla pagina e postare qualsiasi cosa sotto una mia identità. O comunque vestiti da qualcosa che mi rappresenta: il mio primo film.

Credo di aver superficialmente sottovalutato negli ultimi anni le questioni relative all’identità digitale

Credo di aver superficialmente sottovalutato negli ultimi anni le questioni relative all’identità digitale
La pagina è dedicata a un film, ok, ma il film è mio e quindi comunque il post che sponsorizzava il delivery sarà stato percepito come un mio punto di vista. Personale, sul mondo.
Queste altre persone (accreditate fino a oggi alla gestione della pagina Facebook) avrebbero e hanno potuto dire – nascoste dietro una referenza che, attraverso sfaccettature contemporanee, mi rappresenta – qualsiasi cosa.

Sono rimasto estremamente colpito da un video fake di qualche tempo fa, in cui si vede Matteo Renzi in un fuori onda. Fake, deep fake, falso in profondità, un video manipolato attraverso un software in grado di sostituire il volto di un qualsiasi personaggio. Software capaci quindi di vestire di qualsiasi volto qualsivoglia discorso.

Ti acconci in relazione alla persona che vorrai rappresentare, ti riprendi durante un determinato discorso, dopo di che – con l’ausilio di questi software – vesti digitalmente il tuo volto, dell’immagine della persona di cui vorrai prendere le sembianze. Il fake su Matteo Renzi di qualche tempo fa è estremante spiazzante, se non fosse per la voce – ancora distante da quella reale del senatore toscano e per la corpulenza del Renzi fake.

Questi sono programmi in grado di interscambiare le identità digitali. Tutte quelle che si vuole.
Così ho continuato a immaginare… a immaginare cosa potrebbe succedere se qualcuno, in questa condizione di isolamento, ci rapisse (ho pensato a quelli di noi che vivono soli), se ci facesse sparire per poi – con l’ausilio di questi software – continuare a dialogare con i nostri parenti, amici e affetti, attraverso le nostre sembianze digitalizzate, attraverso i nostri social di cui si saranno appropriati delle chiavi di accesso, e attraverso l’interscambio dei video, già oggi utilizzati per dialogare. Il distanziamento sociale amplifica così le possibilità di interventi criminali applicati attraverso tali tecniche digitali. (Tali software necessari alla creazione dei deep fake video iniziano a circolare anche come semplici app per i nostri smartphone, scaricabili e utilizzabili quindi in pochi secondi…).

Si potrebbe così sparire nel nulla – senza che nessuno dei nostri affetti più intimi possa esprimere alcuna preoccupazione. Tutto continuerebbe a scorrere (digitalmente), come se nulla fosse

Si potrebbe così, potenzialmente, sparire nel nulla – senza che nessuno dei nostri affetti più intimi possa esprimere alcuna preoccupazione. Tutto continuerebbe a scorrere (digitalmente), come se nulla fosse.
O immaginiamo questo stesso modus operandi, applicato a scopi criminali, a un finto rapimento lampo, per esempio. Potrebbero versare ingenti somme di denaro in nome della vostra salvezza – mentre voi siete semplicemente a godervi la tranquillità di un luogo non raggiunto dal segnale di rete del vostro smartphone.

Non si tratta di un’ennesima trama distopica, ma di una banale analisi su quello che determinate contemporanee sfaccettature possono arrivare a concedere a quelli in perfetta sintonia con queste macchine e tecnologie digitali.
La realtà rappresentata, il saperla gestire e riconoscerne le sue sfaccettature più dettagliate, inizia sempre più a divenire un elemento utile alla sopravvivenza, nel mondo reale; la rete che la ricopre è diventata talmente fitta e manipolabile da essere divenuta più importante della realtà stessa che ha ricoperto.