Lunedì 7 novembre nel Parco della Montagnola sono partiti i lavori per la realizzazione di un nuovo spazio progettato dall’architetto Mario Cucinella che sostituirà la vecchia tensostruttura, già abbattuta. Sarà un’edificio a forma di foglia bianca “ad altissima efficienza energetica”, con tre padiglioni tra gli alberi in vetro e legno ad emissioni zero. Al suo interno ci saranno una sala polivalente di circa 300 mq adatta a circa 100 persone, spazi per laboratori per circa 150 mq, ma anche un bar e servizi igienici pubblici.
L’opera, che sarà pronta tra circa un anno, costerà 2 milioni di euro e sarà finanziata dal Piano europeo per la ripresa next Generation Eu. 600mila euro ulteriori verranno invece utilizzati per riqualificare gli spazi pubblici del parco.
Sin dalla sua presentazione di febbraio scorso, il progetto ha però ricevuto molte critiche, in particolare da un gruppo di cittadini e realtà che vivo e frequentano il Parco, come l’associazione #FreeMontagnola Aps e alcuni i comitati dei genitori delle scuole che lo frequentano.
Nonostante le oltre mille firme raccolte in sole due settimane per ridimensionare e discutere la realizzazione, il Comune però è andato avanti lo stesso.
I punti contestati sono diversi, a partire dal processo partecipativo e co-progettuale promosso dal Comune: “come si possono iniziare dei lavori di costruzione e contemporaneamente dire che si co-progetterà? La co-progettazione non dovrebbe precedere la costruzione?“, si chiede il comitato FreeMontagnola.
Nel comunicato diffuso qualche giorno è stato, inoltre, reso noto che saranno abbattuti due ginko biloba (“non sottoposti a vincolo di tutela”): “Perché hanno continuato a ripetere “non si abbatteranno alberi” e poi viene comunicato che due ginko biloba spariranno (“non tutelati”, certo, ma bellissimi). Verranno sostituiti da due “a maggior capacità di assorbimento di CO2”. Dovremmo dire grazie?”
C’è poi la questione del consumo di suolo. Il Comune sostiene che “attraverso questo intervento, la superficie permeabile del parco non diminuirà, grazie a interventi di rinverdimento”.
“Peccato – contesta il comitato – che secondo Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, in linea con le modalità previste dal monitoraggio europeo, il consumo c’è, perché ogni aumento di superficie di copertura configura un consumo di suolo anche laddove il terreno resta permeabile”.
“Siamo nel 2022 – aggiungono – con una crisi climatica enorme in atto. E a Bologna si decide di costruire in un parco una struttura più grande della precedente, investendo due milioni, quando il resto del giardino storico è in condizioni pietose, che nulla hanno a che vedere con ciò che si definisce una città progressista, con la pulizia che due soli operatori non riescono a gestire, con i bidoni dell’immondizia scoperti (sono pochi quelli anti-cornacchia) e i rifiuti trasportati ovunque. Dove le mura storiche che delineano l’entrata posteriore sono un urinatorio e defecatorio a cielo aperto. Cosa sono 600mila euro promessi il 30 giugno per un parco che era progressista forse negli anni ’70, che ha giochi e attrezzature ridicoli per una città “europea” come Bologna?.