Forse in un altro momento storico avremmo aspettato qualche ora in più, saremmo riusciti a considerare il silenzio, almeno per un po’, come una forma giusta e necessaria di rispetto. Ma la violenza con cui alcuni eventi irrompono nello scorrere del quotidiano stravolgendone la percezione deve sempre fare i conti anche con il contesto in cui questi episodi avvengono, con la moltitudine di dettagli che rendono la scomparsa improvvisa e prematura di una persona cara qualcosa che non è semplicemente doloroso, emotivamente devastante, una mazzata efferata in testa che fa perdere ogni possibile coordinata di riferimento. Questa mattina la notizia che nella notte Claudia fosse rimasta intrappolata tra i suoi monti Lepini inizia a circolare lentamente. Si resta inermi, pietrificati, e non avremo qui la presunzione di parlare di stati d’animo intimi e dei dettagli sulla dinamica di quanto successo che sono aspetti che meritano una cura diversa delle parole di un giornale.
Eppure ci sono volte in cui non è solo l’età di una persona o l’accidentalità di un evento a rendere il lutto un momento ancora più pesante, simbolico e per tanti aspetti collettivo rispetto a quanto già non lo sia in quella normalità che in questo momento scorre ancora più lenta e intorpidita del solito. Con l’addio di Claudia Acciarino il surreale diventa iperreale. Probabilmente chi leggerà queste righe saprà già perfettamente del suo enorme ed energico contributo a quella che a Roma non è solo una scena underground e una tradizione legata alla sottocultura punk e hardcore, ma è soprattutto un modo di agire concretamente, di stare in prima linea, di sporcarsi le mani, di essere consapevoli, di credere profondamente in qualcosa, ma di non dirlo soltanto. Un modo di sognare ma anche di realizzare. Il DalVerme, i gruppi in cui ha suonato e che ha fatto suonare, tutto l’ostinato progetto di Inferno Store condiviso con Martina Ronca che ha avuto il coraggio di prendere il testimone di un luogo cruciale come Hellnation, la lunga esperienza nella produzione di eventi live con Kick Agency, ma soprattutto una forza di volontà e una lucidità che hanno lasciato un segno indelebile su una città che ha un estremo bisogno di persone determinanti e determinate come Claudia.
Claudia se n’è andata in uno dei momenti in assoluto più difficili di sempre per la musica indipendente, ma forse pure per la musica in generale e per chiunque abbia deciso di andare controcorrente, di non adeguarsi alle “regole di mercato” (prima) né a questa sorta di normalizzazione d’emergenza che ha silenziato, chiuso, depresso, indebolito la “cultura” (ora). In quest’anno di enorme difficoltà per progetti indipendenti e dal basso come Inferno e per la musica dal vivo, non è mai stata ferma o in silenzio, non ha mai mollato la presa, non ha mai smesso di fare: con idee nuove, con ostinazione, senza pose né falsi sorrisi, con grande pragmatismo e sincerità. Inferno aveva appena lanciato un progetto a lungo termine che la dice lunga sulla sua visione ad ampio raggio e la volontà di cambiare il presente senza troppi giri di parole.
«Non bisogna pensare positivo, ma pensare diverso, etico e sostenibile». Una sintesi perfetta del momento storico che stiamo vivendo, una frase che ci aveva colpito e che Claudia ci aveva detto non molto tempo fa in merito al progetto di ampliamento degli spazi di Inferno, pensato per restituire qualcosa di ambizioso e tangibile a un presente molto complesso, e a una realtà cittadina che ha assoluto bisogno di progettualità, coraggio e determinazione – sicuramente tra le sue doti più spiccate. Non è certo inaspettato che una persona energica come lei fosse attratta come un magnete dalla potenza indomabile della natura. Ma non abbiamo gli strumenti per immaginare, classificare, “registrare” (per dirlo con un’amica), inquadrare una fine così terribile sotto ogni aspetto. Abbiamo gli strumenti per restare uniti e non silenti, e il dovere di guardare al futuro mettendoci la stessa passione e concretezza di una (super) donna come Claudia.