Le occupazioni in città proseguono a ritmo serrato. Dopo la Vivaia e via Agucchi 126, stavolta tocca a un edificio di proprietà pubblica dismesso da anni in Bolognina, in via Raimondi 41. “Siamo una cooperativa di abitanti che intende sperimentare modelli abitativi alternativi che reclamano il diritto alla città”, scrivono. Il gruppo è legato alla Piattaforma di intervento sociale PLAT, progetto di cui fa parte anche ExCentrale e che tratta di questione casa, sfratti, CAF, caro bollette e altro e ha la sede in via Nicolò dell’Arca 34/B.
Il nome scelto è Radical Housing Project: “Un abitare collettivo ed emancipativo, la messa in comune di capacità e risorse che avviene in forme di abitare cooperativo, è la sfida che lanciamo alla città”.
L’occupazione riporta l’attenzione sulla crisi abitativa, come già successo con Casa Vacante in via Capo Di Lucca o il palazzo occupato dal CUA in via Oberdan, e non è un caso che arrivi a pochi giorni dalla presentazione del nuovo Piano per l’abitare di Bologna: 10mila alloggi in 10 anni di cui 3 mila dedicati alle fasce più marginali, agli studenti, a chi cerca un affitto a canone agevolato, 5 mila di edilizia privata e 2 mila destinati alle “alte professionalità che arriveranno a Bologna attirate dalla presenza del Tecnopolo e delle aziende del territorio”.
“Non basta – continuano – un piano casa basato solo sull’urbs, solo sulla – necessaria ma insufficiente – costruzione di edifici. Servono anche nuove forme di civitas, di sperimentazioni sociali e relazionali; Radical Housing è un esperimento che vuole lottare affinché i flussi di denaro che arrivano a Bologna siano destinati a chi soffre di più le tante crisi che viviamo, e promuovere nuovi modelli di abitare che parlino anche del rilancio dell’edificazione di case popolari con assegnazione diretta, da costruire (anche) attraverso l’utilizzo delle tasse di soggiorno che invece che accelerare ulteriormente il turismo devono essere spese in questa direzione. Il rilancio di una politica di creazione di case popolari di nuova generazione ci sembra il minimo da cui partire; Radical Housing in via Raimondi vuole essere anche un osservatorio territoriale, un presidio sociale sull’abitare in questo quadrante della città per intervenire sulle trasformazioni in atto grazie agli sportelli di ascolto, alle reti anti-sfratto, all’incontro con differenti intelligenze; Radical Housing in via Raimondi è un condominio sociale creato da una cooperativa di abitanti, un esperimento di commoning che si adopera per l’auto-recupero senza costi per la collettività di un edificio di proprietà pubblica dismesso da anni, una casa per l’emergenza abitativa[…] I soldi pubblici devono essere direzionati verso nuove possibilità di abitare e di vivere Bologna per chi ne è sempre più escluso, perché non esiste un generico “per tutti/e”, ma differenti parti sociali in lotta tra loro”.
E concludono: “Questa nuova soluzione abitativa che iniziamo a mettere in pratica si muove in questo contesto e vuole essere solo un primo passaggio tra tanti per costruire una grande lotta sociale sull’abitare. Contro il governo Meloni e le sue politiche, contro l’idea di una Bologna governata grazie al modello-Piantedosi per quanto riguarda le istanze sociali, da oggi mettiamo in campo una nuova idea di abitare la città. Le forme mutualistiche e cooperative sul terreno dell’abitare affondano le radici nella storia di Bologna, così come gli ultimi decenni sono stati segnati da importanti lotte e movimenti sul diritto all’abitare e per la casa“.
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