Credo di non essere l’unico, che quando sente la parola discoteca, si catapulta negli anni Ottanta su quei divanetti logori e sudati, attorno ai quali la musica si confondeva con gli strilli del momento: “Wow! Ma che ti sei messa stasera?” “Guarda chi c’è?” “Che ci fa tu qui!?” “Ahhhhhh!!!!!!”
Ma forse non era questo che si diceva… lo sto solo immaginando. Penso ad altre parole e ad altri piccoli urli degli anni Ottanta. “Danzingana” “Gomingana” “No, I said danzingana” “Gomingana” “Listen to me! I said danzingana”: queste erano le parole urlate al microfono da Marion d’Amburgo nello spettacolo Crollo Nervoso del 1980. Negli anni Ottanta ero troppo piccolo per andare in discoteca e non ho mai assistito a una replica di Crollo Nervoso dei Magazzini Criminali dal vivo. Recentemente ho visto il video dello spettacolo grazie a una proiezione curata da Maria Luisa Frisa, con la quale ho parlato del sudore nelle discoteche della Firenze degli anni Ottanta. 1987 “Tutto quella notte” era il mio film preferito, avevo il VHS che si consumava sempre di più e “Viaggio al termine della notte” è il titolo dell’articolo di Bruno Casini sulla Firenze by Night pubblicato nel maggio del 1981. Ricordi di un tempo che non posso ricordare.
Mi muovo maldestramente tra le note di Gala e Haddaway. Flyer giganteschi che non entravano nel diario di scuola
Inizio ad andare in discoteca negli anni Novanta quando con una camicia Sisley, tenuta rigorosamente fuori dai pantaloni, mi muovo maldestramente tra le note di Gala e Haddaway. Flyer giganteschi che non entravano nel diario di scuola e io che a casa copiavo le mosse dalle ragazze di “Non è la rai” per poi sentirmi figo la domenica pomeriggio, frastornato dall’odore della lacca che sorreggeva i ciuffi. Sulla pista sentivo vigili su di me gli occhi bianchi del Principe Maurice: “C’era una volta un re che disse alla sua sposa raccontami una fiaba. La sposa incominciò…”
Nel 1998 vado a Bologna per frequentare il DAMS dove ha studiato anche Mariuccia Casadio, che ancora non conoscevo, e Pier Vittori Tondelli. Divoro il suo libro “Altri libertini” e mi metto in coda sotto le due torri per entrare alla mia prima discoteca gay: il Kinki. Sguardi, limoni, attese infinite al bagno senza scoprire ancora il perché. A volte puntavo qualcuno, ma perdevo tempo e spesso l’altra persona o se ne andava, o si perdeva nella bocca di qualcun altro. Arakne era la mia dj preferita: metteva musica al Cassero di Porta Saragozza.
Divoro il suo libro “Altri libertini” e mi metto in coda sotto le due torri per entrare alla mia prima discoteca gay: il Kinki
Erasmus 2001, Barcellona. Io e il mio amico Ivan ci incontravamo al Dietrich dove a un certo punto la luce si abbassava e sbucava fuori MAO che cantava in playback una canzone del momento, indossando lunghi stivali rossi e svolazzando i suoi lunghi capelli. Io e Camilla ballavamo Emerge dei Fischerspooner: “you don’t need to emerge from nothing”. In Spagna mi scambiarono per un Dj e iniziai a mettere musica al Club 13 dove andavano Silvia Prada, Joan Morey e altri “modernos”.
Nel 2010 mi trasferisco a Milano, qui inizia il rituale del Plastic. Ogni domenica si ballava la musica di Nicola Guiducci: “Le cubisme n’est pas le parallelisme”. Prima ci si ubriacava dal cinese: più che un bar era una catwalk alla luce di un neon impazzito. Poi si entrava… la canzone della fine era quella che mi rimaneva in mente per tutta la settimana.
Spagna, Erasmus. Mi scambiarono per un Dj e iniziai a mettere musica al Club 13 dove andavano Silvia Prada, Joan Morey e altri “modernos”
Conosco Chiara che si inventa la storia che suo padre era una celebrity dell’Italo-disco, e mi fa ascoltare musica che prima non avevo mai sentito; se io le chiedevo di mettere un pezzo non mi risponde neanche. Poi conosco Sara che ha un gusto musicale molto diverso dal mio, ma insieme abbiamo ballato anche nelle feste sudamericane. Sara scatta foto e mi presenta Federico. Mi dicono che devo stare alla porta a decidere chi entra e chi sta fuori. L’avevo già fatto anni prima: non è un gioco di potere, ma la possibilità di ribaltare la norma e creare uno spazio sicuro, lontano dall’aggressività di chi vuole entrare a tutti costi. Si crea una comunità che accoglie l’altro e la diversità; qui è concesso perdersi senza sentirsi smarriti.
Nel 2010 mi trasferisco a Milano, qui inizia il rituale del Plastic
Fuori dalla porta di Artissima a Torino, conosco finalmente Mariuccia, le faccio compagnia mentre fuma, io non sono mai riuscito ad imparare. Mi chiede perché in Italia nessun artista ha mai lavorato sui temi legati al virus dell’HIV. Sul momento non riesco a risponderle. Quella sua domanda mi rimbomba nella testa e penso a un virus che trasforma le persone in rose. Chiamo Elisa e Silvia che si commuovono della storia che ho in mente e mi dicono che mi aiuteranno a realizzarla.
Dicembre 2019, penso a un film ambientato in un futuro distopico in cui le discoteche non esistono più. Le persone non possono ballare perché il sudore le fa accoppiare; tutti si trasformano in rosa, rosae, rosae … Le discoteche diventano delle “camere dell’amore”, ma è tutto rigidamente controllato. Come si muovono i corpi, se non a tempo di musica? Alessandra già prepara l’insegna della discoteca del futuro: Babilonia. Ancora non la discoteca non è aperta, ma al suo interno ci saranno tutte le persone che ho incontrato nella semi-oscurità anche solo per un istante fugace.
Dicembre 2019, penso a un film ambientato in un futuro distopico in cui le discoteche non esistono più
Da queste memorie prende forma “La discoteca” progetto vincitore dell’ottava edizione di Italian Council, programma di promozione dell’arte contemporanea italiana nel mondo della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo. Promosso dall’associazione culturale Nosadella.due, curato e prodotto da Elisa Del Prete e Silvia Litardi del direttivo curatoriale NOS Visual Arts Production, il progetto filmico nasce dalla collaborazione con APS Arcigay Il Cassero, Bottega Bologna, If I Can’t Dance, I Don’t Want To Be Part of Your Revolution, Run by a group / openspace, ed entrerà a far parte della collezione museale del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato.