Non c’è modo di pensare una città senza che se ne pensi anche un certo stile, o quantomeno una certa inclinazione estetica. Le basi le conoscete tutti: Bologna è rossa, amante dell’Eschimo e ciabattara; Milano è ultra-fashion, tanto che a tratti le bizzarrie espressive raggiungo livelli stordenti; Roma mescola la strafottenza da borgatari, il tailleur e il completo e le ciabatte. Così che ogni città abbia anche i suoi negozi e punti di riferimento, che di tanto in tanto cambiano assieme ai gusti di chi frequenta con assiduità tale o talaltro campo estetico urbano. E Padova cos’è? Bella domanda.
Per scandagliare queste pose di città è opportuno affidarsi ad almeno due cose. La prima sono le frequentazioni, e allora i locali, i club, i ristoranti, i parchi, perché è così che si coglie l’inclinazione d’animo di una città. Dai sapori, come quello del caffè Pedrocchi, omonimo del bar: espresso con menta e cacao amaro, rigorosamente privo di zucchero. Chic, sic. Ma anche dalla Folperia, che mette nel piatto il folpetto (aka: il moscardino) con prezzemolo, olio e limone: classico padovano. Il leggendario birrificio Crack, che va in campagna a Casana a far Guerrilla. L’eleganza costosa dei piatti al Ristorante Radici, dove si paga ma si esce indubbiamente stupiti. Poi gli studi d’artista e i musei e il giardino botanico, che è tra i più antichi d’Europa, dove si racconta che Goethe abbia avuto l’illuminazione per il suo Metamorfosi delle piante, dove sicuramente passò Copernico e pure Shakespeare – roba che ti fa sentire giusto un po’ con le spalle pesanti. Per non parlare poi della notte, dove tra la techouse in locali che prima preparano la pizza e poi portano Claudio Coccoluto, Chioschi festerecci e set dai toni amabili provinciali dove si suda tutto il sudabile in camicia, si vede la grande e infinita vittoria della provincia.
Poi, per capire meglio, bisogna affidarsi ai negozi e ai nomi che più rispondono alle suggestioni e alle pulsioni estetiche che affollano l’urbe. Per rispondere alla prima domanda c’è la guida che vi trovate tra le mani, la risposta alla seconda ha un nome preciso: hortèn.
L’eleganza antica dei toni umanistici in cui fior fior di artisti, letterati e storia si sono incontrati, mescolata all’attitudine all’aperto degli orizzonti di pianura, sportivi quanto basta e sicuramente affabili.
Boutique nata nel 2014 incastonata sotto ai portici di San Fermo nel centro della città, figlia di una realtà famigliare più che avvezza alla moda e alla sartoria, orizzonte che ha occupato gli occhi, le mani e i sogni di almeno due generazioni. Ora hortèn s’è spostata in via Sant’Andrea, ma ha anche un secondo punto vendita in via Calvi, un negozio di sartoria e pulitura. Se dovessimo dire in breve hortèn, diremmo due cose: che qui si trova tutto il possibile e tutto il necessario, e che l’immaginario estetico è quello che si muove dal local al glocal, in un via vai continuo di suggestioni estetiche e di sartoria che va dall’eleganza quotidiana, easy e dai connotati sportivi, fino allo chic più estremo. L’uno, diremo, per la vita dei parchi e della notte padovana, l’altro per i ristoranti che fanno esplodere esperienze inenarrabili e per l’indubbio patrimonio culturale e architettonico d’alta leva che coglie la città tutta.
Dicevamo, Padova? L’eleganza antica dei toni umanistici in cui fior fior di artisti, letterati e storia si sono incontrati, mescolata all’attitudine all’aperto degli orizzonti di pianura, sportivi quanto basta e sicuramente affabili. Per tutto il resto, per sapere di Padova, delle sue vie e dei suoi scorci, dei suoi spazi per la cultura e le piazze e i prati senz’erba e i partoni in cui i festival fioriscono come le erbacce, non resta che prendersi la guida di Zero, realizzata assieme a hortèn, che avere il meglio di Padova in tasca.
La trovate per la città e scaricabile qui.