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Le icone murali di Largo Murani

Hendrix, Pink Floyd e Ambientalismo: gli anni Settanta rimangono sui muri di Città Studi

quartiere Città Studi

Scritto da Piergiorgio Caserini il 21 novembre 2022
Aggiornato il 22 novembre 2022

La Milano degli anni Settanta era tumultuosa per tante ragioni. C’era l’uscita dal Sessantotto che ancora prima di passare era già mito, la controcultura dei giornali e della radio, l’attività dei cinque grandi movimenti e organizzazioni della sinistra extraparlamentare (tutti fondati tra il ’67 e il ’68) – Autonomia Operaia, Avanguardia Operaia, Lotta Continua, Movimento Studentesco e Potere Operaio – che andranno a dissolversi negli anni a seguire, preparando il terreno per il caos e le lotte del Movimento del ‘77.

Per farvi una lista tematica: c’era la critica all’apparato statale e partitico nonché alla conseguente repressione poliziesca, il pacifismo mescolato alla lotta armata, i diritti civili e il nascente movimento dei verdi guidato da Alexander Langer, i movimenti di liberazione omosessuale che arrivavano dal FUORI! torinese di Pezzana nonché le centralità delle istanze del movimento femminista. Tutto questo momento pieno fino al midollo di ricchezza e desiderio fece sì che la città si riempisse di riviste (come Rosso, Re Nudo, A/traverso e tutti i giornali di controcultura) di radio libere – perché «L’onda arriva dappertutto» – (Alice a Bologna, Radio Popolare a Milano, Radio Ondarossa a Roma, per citarne alcune) e spazi. Dovete immaginare una città in cui gruppi di giovani e meno giovani si menavano di quando in quando per le vie di Milano con fionde e biglie, gruppi d’amici compivano espropri qua e là, i movimenti diventavano capillari con la controcultura che solcava vie inedite. È in quegli anni che diversi movimenti e tendenze espressive cominciarono ad affacciarsi al panorama meneghino, ed è sempre bene ricordare anche la libreria Calusca di Primo Moroni, fondata nel ’72, che oltre a distribuire i suddetti giornali tentava l’aggancio delle scene giovanili, prima dell’anarchia e degli scontri del Settantasette.

Città Studi: quartiere epicentro dei movimenti di quegli anni in tumulto.

Insomma, il velocissimo panorama che vi abbiamo scritto qui sopra serve a contestualizzare le ragioni del mantenimento dei murales di largo Murani – in Città Studi, quartiere epicentro dei movimenti di quegli anni –, realizzati proprio in quegli anni (tra il 1977 e il 1979) dal Gruppo Aerostatico, un collettivo di giovani creativi assidui frequentatori della piazza (Valter Oluzzi, Leonardo Marras, Fumetto, Miki e Mario Mazzanti, Raffaella e Fabio Ghilardi, Michele Di Virgilio, Luca Cambogiani, Giorgio Roncaglia).

 

Foto di Sergio Seghetti

Ora, si tratta probabilmente dei primi murales a comparire sui muri della città, e a guardarli si capisce bene la loro provenienza: c’è un Jimi Hendrix profeta e alfiere di un rock psichedelico e anti-professionale, dell’amatorialità che ricerca il trasporto nel vibrato blues; c’è un gibollo giallo che circonda un sole in tumulto e sorridente – il celebre Sole che Ride, che ringrazia di dice che il nucleare è meglio di no – testimonianza della diffusione di quegli ideali, inizialmente ambientalisti, che avrebbero dato seguito ai movimenti ecologici e sarebbe poi diventato simbolo e logo delle Liste Verdi soltanto negli anni Ottanta; un ritratto di un capo indiano con una frase attribuita a Seathl della tribù Duwamish che denuncia lo sfruttamento delle risorse naturali (un falso storico) e che vi riportiamo per intero: «Quando i bisonti saranno stati tutti sterminati, i cavalli selvaggi tutti domati, quando gli angoli segreti delle foreste saranno invasi dall’odore di molti uomini, e la vista delle colline sarà oscurata dai fili che parlano, allora l’uomo si chiederà: dove sono gli alberi e i cespugli? Scomparsi! Dov’è l’aquila? Scomparsa!»; un cormorano annerito dal petrolio dopo il naufragio della petroliera Jessica del 2011 (questo, più recente, copre un monocromo nero); e infine c’è una vacca che mostra con disinteressato orgoglio il proprio culo, comoda in un prato verdeggiante e in una limpida giornata turchese: omaggio alla vacca frisona di Atom Heart Mother, disco che fece scalare la vetta ai Pink Floyd. Insomma, ci sono gran parte delle vibes degli anni Sessanta/Settanta.

La Vanga Rigeneratrice, questa volta, è stata tenuta a bada.

Ora, la vicenda è semplice: Esselunga acquista nei dintorni edifici e lotti per un nuovo store; lì vicino, a rischio di abbattimento, il muro che da cinquant’anni conserva queste icone; gli abitanti di Città Studi, che da cinquant’anni vi posavano lo sguardo, si sono opposti alla loro rimozione; dopo una sola manifestazione a giugno, Esselunga e Municipio e quartiere arrivano a un accordo, tale per cui Esselunga conserverà e restaurerà i murales. È naturale che alcune immagini o effigi diventino icone locali, e di esempi ne abbiamo diversi, come la celeberrima Balena a NoLo. Meno naturale è che questi vengano preservati in concertazione tra tutti e senza troppe magagne.

Il restauro dei muri verrà “scoperto” al pubblico sabato 3 dicembre, alle ore 16. Bene così, diciamo noi. A differenza di altre circostanze in cui il “risanamento” della vanga rigeneratrice smantella e rifà a sua discrezione, inseguendo quei trend che rivedono e imbastiscono un po’ tutto, identità e nomi, stavolta rimane anche la traccia della storia politica e culturale di un quartiere.