Con la fine della stagione estiva il Surfer’s Den chiude il suo bellissimo giardino e torna a essere il cocktail bar più intimo della città: non me ne vogliano Irene Bottura e Yuri Gelmini – rispettivamente gestore e barman del locale (ma i ruoli non sono così definiti, anzi) – ma è la dimensione che preferiamo.
Soprattutto quest’anno, visto che i due hanno trovato il modo di far entrare il giardino all’interno del locale, attraverso il nuovo menu: un itinerario di viaggio dedicato al Festival dei giardini creativi di Chaumont-sur-Loire.
Le quattro sezioni della nuova lista sono state chiamate come alcuni giardini del celebre festival francese, mentre i nomi dei cocktail rendono omaggio alle piante che li arricchivano.
Il tutto è corredato dalle illustrazioni in stile antico manuale di botanica di Bianca Maria Fiorentino e da citazioni letterarie a tema: tra gli autori, Carlo Rovelli (Sette brevi lezioni di fisica), Karl Von Frisch (Il linguaggio delle api), Jorn de Précy (E il giardino creò l’uomo). Tutti libri che mi è venuta una gran voglia di leggere al più presto.
Il nome, Complici del giardino, fa riferimento soprattutto alle api che “con il loro instancabile lavoro lo rendono vivo”: va da sé che il primo cocktail in lista è l’unico non nuovo, Ape vigorosa, la polibibita manifesto di Yuri a base di grappa barricata di moscato d’Asti, vermouth storico Cocchi, Biancosarti, liquore di achillea Palent, miele in favo.
Ogni capitolo del menu presenta quattro cocktail, per ben 16 drink nuovi: prevedo molte serate invernali dedicate alla degustazione. Di ogni cocktail sono indicati tipo di bicchiere, gradazione, gusto, prezzo (10-14 €) e una spiegazione scritta con la stessa cura che è stata dedicata a tutto quello che c’è al Surfer’s: estrema direi. Per non esagerare decidiamo di assaggiare un drink per ogni sezione, salvo poi smentirci a causa del nostro alcolismo conclamato.
Dal capitolo «Che venga la pioggia (I giardini del secolo a venire, 2016)» scegliamo Nontiscordardimé delle paludi (Myosotis Scorpioides), a base di calvados, becherovka, recioto della Valpolicella, gocce di mosto cotto di uve Lambrusco, purea di zucca, pan grattato. Ispirato ai “turtei squasoròt“, una ricetta che andava di gran moda alla corte dei Gonzaga, è il drink che vorrei bere a Natale come accompagnamento ai tortelli di zucca di mia suocera. La zucca nei drink è una rivelazione, come questo mix di ingredienti di Francia, Repubblica Ceca, Veneto, Emilia e Lombardia.
Secondo antiche leggende le fate scendevano sui monti per raccogliere la Stipa Pennata e fabbricarsi le loro vesti argentate in modo da luccicare nella notte. Chissà se anche loro bevevano Birra bianca, Amer Picon Bière, sciroppo di mirtillo Reàl, Dr. Adam Elmegirab’s Bitters, velluto di Alpestre: gli ingredienti del Lino piumoso delle fate (Stipa Pennata), un drink alla birra geniale: il velluto di Alpestre sembra infatti schiuma. L’effetto è quello di bere una birra più che un cocktail alla birra.
È tempo di un gin tonic, ma non il solito: Sonaglini comuni (Briza Media) ci incuriosisce parecchio. Gli ingredienti sono gin Sipsmith, Fernet Branca, caffè mono origine Etiopia estratto a freddo della caffetteria su tre ruote “Ma prima un caffè” di Bergamo, tonica Schweppes: un ginto secco, profumato, erbaceo e tostato, il caffè che vorrei bere prima di una riunione col direttore. Il Morso di rana (Hydrocharis morsus-ranae) con cognac, alkermes Officina di Santa Maria Novella, angostura bitter, zucchero, soda, gocce imperiali dei monaci cistercensi, è un cocktail che ci ha fatto dimenticare gli scadenti alkermes della zuppa inglese, mentre le gocce imperiali sono appunto gocce, ma mordono e ci fanno gracidare come rane.
Dopo il drink al caffè ordiniamo quello con la grappa, perché siamo trentini inside, ma pure un po’ bergamaschi. Per cui ordiniamo l’Eucalipto dei Camaldoli (Eucalyptus camaldulensis) con appunto grappa bianca Nardini, rimedio della nonna all’eucalipto, composta di mele e mirtilli, acqua San Pellegrino, chips di mela. Siamo grandi fautori dei drink alla grappa e ci innamoriamo all’istante della nuova polibibita di Yuri, un julep balsamico alla maniera delle Alpi. Il miscelatore futurista Fulvio Piccinino ne sarà fiero.
Per il gran finale decidiamo di tornare alle api: leggendo il menu scopriamo che producono la cera che servirà a costruire le celle del loro favo soltanto tra il dodicesimo e diciassettesimo giorno di età. E che per produrre cera devono mangiare miele in quantità pari a 8 volte il loro peso. Cerchiamo di capirne di più mentre Yuri ci serve il Cardo-pallottola coccodrillo (Echinops Ritro), da una ricetta del noto mixologist slovacco Marian Beke, con Platte Valley 100% straight corn whiskey, fusione di cera d’api, sciroppo di malto d’orzo, fiori di luppolo, fumo di cardo mariano.
Ci fermiamo qui, anche se tutti gli altri cocktail avrebbero meritato l’assaggio. Contiamo di tornare presto, per godere e apprezzare ancora di più quello che è un lavoro egregio, complicato, pieno di spunti e abbinamenti inusuali, da godere in una lenta serata invernale. Fino al risveglio della primavera, quando con le offerte libere di chi vuole portarsi a casa il menu verranno piantati nuovi fiori in giardino.