Gli ultimi due anni pandemici sono stati caratterizzati da dinamiche e movimenti agli antipodi: se da un lato la diffusione e la cura vaccinale del Covid hanno rimarcato una certa irreversibilità dei processi di globalizzazione, dall’altro il tempo di resilienza trascorso tra questi due momenti ha riportato tutti con forza a una dimensione iperlocale: quella dell’appartamento, delle strade attorno alla propria casa, dei quartieri, fino a riscoprire la città come una somma di unità e reti. Proprio su questo terreno ZERO ha incontrato nelle ultime settimane il lavoro di Scenario, realtà a cavallo tra Roma e Berlino che indaga il ruolo dell’immagine fotografica nella cultura e nella divulgazione architettonica e urbana, ampliandone la consapevolezza. Da questo incontro è nato Luci su Roma, un progetto editoriale che nei prossimi mesi vi porterà in giro per la città attraverso il racconto e le foto di alcuni dei protagonisti della progettazione, della creatività e dell’artigianato di Roma. L’ottavo appuntamento è con Ginevra Barboni, regista, produttrice e autrice di cortometraggi quali “La vita che ti aspetta” o “Il sapore del riscatto”, che ci guiderà nella zona dell’Insugherata, quartiere dove è nata, e dove è tornata a seguito della recente pandemia, riscoprendone spazi e significati.
“Sono nata e vivo da sempre in una palazzina situata in via Cortina d’Ampezzo che affiaccia sull’Insugherata, area protetta che costituisce un corridoio naturalistico tra la città e il Parco di Veio. L’essere ai margini di una riserva ha reso attraente questa zona già dagli anni Cinquanta, periodo a cui risalgono le prime palazzine; poi, in pieno boom economico, furono così costruiti gli edifici in stile brutalista di via Calalzo, completamente immersi nella valle del parco, o i tre edifici costruiti nel 1958 da Sergio Musmeci su progetto di Zenaide Zanini.
Percorrendo viale Cortina d’Ampezzo e alcune delle sue traverse, tra cui via Vallombrosa, si possono ancora oggi vedere delle ville che risalgono al periodo precedente la Seconda Guerra, probabilmente abitazioni appartenenti ai gerarchi del regime fascista, che avevano scelto questa zona, pur non così vicina al centro amministrativo della città, proprio per la sua bellezza paesaggistica. Sarebbero stati proprio loro a istituire il consorzio edilizio che ancora oggi è attivo. Malgrado questo, e nonostante la relativa vicinanza al centro della città essendo prossima a Monte Mario, questa zona è stata sempre considerata piuttosto scomoda, perché poco servita e mal collegata: neanche a dirlo, non c’è una diramazione della metropolitana e, di fatto, a servirla c’è solamente un autobus, il famoso 446, che collega Piazzale Mancini con la stazione Cornelia.
Curiosamente, non sono molti i luoghi di questo quartiere legati alla mia infanzia: oltre a casa mia, alla scuola dove ho frequentato l’asilo e alla chiesa, il luogo di cui ho i ricordi più belli è l’abitazione di un mio, ancora oggi, caro amico, il cui giardino affaccia sulla vallata e sul parco quasi ne fosse parte. Un luogo di grande libertà, completamente immerso nella natura. Negli anni successivi, crescendo, ho allentato molto i legami con il quartiere, fino quasi a perderli. Paradossalmente, è stata la pandemia a riportarmi qui, e da quel momento ho ripreso a percorrerne le strade e i sentieri del parco: è stata una riscoperta dell’unicità e della bellezza della mia zona, e di quanto sia un luogo parte integrante di me. Anche in quanto regista, questa consapevolezza mi ha portato a riflettere sul senso e sull’importanza dei luoghi, nella vita reale come nella finzione. Esattamente come i personaggi che li vivono, i luoghi hanno la propria vita, la propria storia, la propria specificità che, inevitabilmente, entra in relazione con i personaggi, diventando una parte importante della narrazione stessa.
Ritrovare questo quartiere come mio luogo ha contribuito non solo a riscoprirmi, ritrovandomi in esso, ma anche a scoprire posti non conoscevo e forse nemmeno immaginavo: una sorta di rinascita territoriale. Rispetto a vent’anni fa la zona si è arricchita di nuove attività commerciali, pur rimanendo sempre puramente residenziale. L’impatto che la natura continua ad avere è reso ancora più evidente dalla presenza di animali selvatici che sempre più spesso si spingono fuori dalla riserva, diventando di fatto dei nuovi abitanti.