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Lupi mannari a Milano

Durante il Fuorisalone siamo tutti un po' licantropi: il nostro sguardo sugli affitti a breve termine

Scritto da Martina Di Iorio il 2 aprile 2019
Aggiornato il 3 aprile 2019

Voi pensate che la giostra del Salone del Mobile e annesso Fuorisalone sia esclusivamente il palcoscenico di designer scandinavi, giapponesi vestiti Dries Van Noten e bulimici consumatori di eventi a scadenza. C’è molto di più. Nel sottobosco cittadino si muovono silenti eserciti di lupi mannari, uomini e donne, coppie, studenti, giovani e meno giovani che per questa settimana milanese diventano cinici immobiliaristi pronti a tutto.
Pronti a dormire nella branda dell’amico vicino di casa, pronti a coricarsi su materassi improvvisati tipo postriboli thailandesi, tutti saltano nel carro allegorico del boom d’affitti a breve termine legati al Salone. “Tanto per una settimana si può fare”, dice il free-lance che non vede l’ora di pagarsi la rata alla Virgin; “Ma vuoi mettere che in cinque giorni mi alzo su lo stipendio di un mese?”, replica il collega che aspetta aprile come Natale. Spazzolino e mutande nello zainetto, rapida pulita all’appartamento che si fa pagare con sudore, e via di inserzione Airbnb.

Inside Airbnb: in rosso gli interi appartamenti in affitto (5.058); in verde le stanze private (1.799); in blu le stanze in condivisione (159). A Milano ci sono 7.016 annunci.

Qui si aprono le danze. Secondo studi recenti il periodo del Salone del Mobile alza gli affitti a breve termine in città del 75% rispetto ad altri periodi dell’anno. Per alcune zone (vedi Brera/Tortona) si arriva addirittura al 130%. E qui i lupi ululano, si sfregano le mani, alzano il pelo. Si rispolvera l’inglese, si chiede aiuto a Google Translate ed ecco annunci come charming flat, cozy apt, strategic location (forse per dichiarare guerra alla Polonia), bright and quite design apt.
Il concetto di design dei lupi mannari è alquanto dubbio: stampe Ikea, panoramiche di Times Square sopra divani color lilla, piastrelle con motivi floreali al bagno, lenzuola Bassetti con isole del Pacifico. Sul comune pregiudizio che tanto gli stranieri si accontentano perché “loro che viaggiano si adattano”, ci si imbatte in monolocali da 25 mq per quattro persone, scantinati con brandine in trincea stile battaglia del Piave. Ma ci si accontenta, dicono.

Le zone che picchiano a bastoni sono ovviamente quelle del centro (Duomo/Brera/Missori) e quelle relative alla zona di Porta Genova/Navigli/Tortona/Sant’Agostino, vero district di ogni Fuorisalone. I prezzi vanno dai 400 ai 1400 € a notte per monolocali o bilocali, nel mezzo trovi di tutto. Curioso l’utilizzo della parola loft, che riscrive i limiti a oggi conosciuti della semantica: scantinati, sottotetti, schifezze, cose indefinite diventano agilmente loft. E chissà perché il loft costa di più: forse a New York.

“Small apartment in a perfect location. 10 minutes to Brera, 2 from Moscova, 3 to Corso Como, 5 to piazza Gae Aulenti and Duomo is just outside the building.”
Appartamento a 2 minuti dal mondo in Chinatown (450 €)

Se prima questo fenomeno coinvolgeva solo le zone appena citate, ora a macchia d’olio interessa anche il resto dei quartieri di Milano. Porta Venezia, Porta Romana, Lambrate, Nolo non si fanno di certo parlare dietro, e anche qui troviamo degli improvvisati Gordon Gekko. Più cauti rispetto ai colleghi di cui sopra, ma comunque tenaci a speculare su tutto e tutti: dai 350 agli 800 € a notte per bilocali dove si sono scordati di togliere i poster di Luke Perry e quelli di Ronaldo. E non solo. La richiesta durante questo periodo diventa così alta che si son fatti furbi anche fuori dalle zone della circonvallazione: Gambara, Bande Nere, Chiesa Rossa (288 € a notte), Lorenteggio (405 €), San Siro (1050 €), Villapizzone (473 €) e così all’infinito.
Tutto questo se si sceglie l’opzione casa intera, mentre se si vuole una stanza in condivisione la situazione è ancora più tragica: preparatevi a vedere brandine, letti che spuntano da muri, sottoscala, tavoli chirurgici, tutte mirabolanti metafore di quello che comunemente è considerato letto.

“Lovely Room. La casa è ampia e luminosa, con salotto e cucina, una camera da letto ed un bagno. Un verde terrazzo con vista sulle montagne rivolge ad Est.”
Stanza privata a Gambara (280 €).

La cosa mi fa pensare. In primis quanto io sia stata stupida quando qualche anno fa mi trasformai in un timido lupo mannaro, mettendo il mio intero appartamento a 100 € a notte; in secondo luogo, mi chiedo, quanto tutto questo porta un effettivo beneficio alla città, al turismo, allo sviluppo di Milano e alla sua reputazione? Forse è necessario un limite, che funge da garante, per evitare affitti sperequati. Un po’ come il famoso cono gelato a 35 € a Roma o la pizza margherita a 40 € in Piazza San Marco.
Un dato è chiaro: l’home sharing è diventato uno strumento ormai consolidato nel sistema turistico contemporaneo. Se la casa, un tempo considerata esclusivamente come luogo intimo e privato, da preservare gelosamente, ora viene messa alla mercé di chi paga di più, questo la dice lunga su come si stia profondamente riscrivendo il senso comune di appartenenza alle cose.

Contenuto pubblicato su ZeroMilano - 2019-04-01