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Prender-si Cura: dalla performance al magazine, l’esperimento di Brutal Casual

Il progetto live-editoriale del duo composto da Jacopo Benassi e Lady Maru, nell'ambito del programma di residenze artistiche alla Pelanda

quartiere Pigneto

Scritto da Chiara Colli & Nicola Gerundino il 29 aprile 2021

Foto di Jacopo Benassi

Azione, spontaneità, autodocumentazione: in quest’ultimo anno, le residenze sono state senza dubbio una delle cure più efficaci per sopperire alla totale assenza di performance da vivo e allo svuotamento degli spazi di aggregazione. Una pratica antica nel teatro e nelle arti performative – ma ancora poco adottata e sviluppata per la musica – che nell’annus horribilis per la cultura “in presenza” ha permesso di dare continuità, prospettive e sostentamento ai progetti artistici ma anche di tenere in vita i luoghi dell’arte cercando man mano di mantenere il contatto anche con il proprio pubblico. Azione, spontaneità e autodocumentazione sono tre parole chiave (a cui forse, nello specifico, aggiungeremmo anche “sottocultura”) per entrare nella dimensione dell’esperimento Brutal Casual e visualizzarne la sua concretizzazione su più livelli di produzione artistica. Il progetto performativo/editoriale ideato dal fotografo e visual artist Jacopo Benassi e dalla musicista e dj Lady Maru è una delle residenze musicali (invero non moltissime) più avventurose che hanno preso forma in Italia nell’ultimo anno, nello specifico all’interno di “Prender-si Cura”, programma di residenze artistiche e produttive, ideato e curato da Ilaria Mancia, che dalla scorsa estate e fino al prossimo agosto si stanno svolgendo negli spazi de La Pelanda: artiste e artisti invitati a sviluppare la propria ricerca, dalla danza alla performance, dall’arte visiva alla fotografia – passando, appunto, per il noise, le sottoculture e l’editoria DIY. Un esperimento, Brutal Casual, che parte dalla performance sonora live – nel frullatore emb, industrial, synthpunk e noise – per arrivare alla produzione di un magazine composto da slogan fotografici e sonori, passando attraverso un utilizzo in tempo reale e documentaristico della macchina fotografica e del registratore.

Foto di Jacopo Benassi

Se l’idea alla base del programma di residenze prende le mosse dal concetto socratico di “epimèleia heautoù”, prendersi cura del sé, della propria interiorità prima di dedicarsi all’attività pubblica e al rapporto con gli altri, la spiegazione che Benassi dà della genesi di Brutal Casual appare al tempo stesso estremamente calzante e provocatoria. «Durante il primo lockdown del 2020 ho estrapolato l’espressione “Brutal Casual” da una frase del gallerista Massimo Minini, con l’intento di fare un magazine che mostrasse come siamo dentro le mura, ma anche tutte le cose che reprimiamo: Brutal Casual sei tu che esci di casa a mezzanotte, in pigiama e pantofole, per spostare la macchina velocemente e ti becca il vicino, causando un enorme disagio personale! In quel periodo Valentina Ciarallo mi chiese di partecipare con un intervento su Vogue Italia, insieme ad altri artisti italiani; quello che proposi fu il numero 0 di questo magazine, in copia unica e incollato alla cover di Vogue. Dentro c’erano foto fatte in casa, molti autoritratti che io definivo “Brutal casual” insieme a oggetti di consumo che erano in casa, dalle pere alle calze. Successivamente con Lady Maru abbiamo creato questa performance che in tempo reale si autodocumenta, integrando la musica suonata live con testi, interviste raccolte nei nostri viaggi ma anche nei nostri quartieri, e non escludiamo nuove collaborazioni in futuro…». Con la residenza alla Pelanda (svoltasi dal 23 al 28 febbraio, QUI tutto il calendario delle residenze passate e future) l’ ideazione in nuce di Brutal Casual esplode nell’improvvisazione live per fornire ed esplicitarsi su più linguaggi comunicativi – sonoro e visuale – portando alla terza fase del progetto, quella del magazine, con una produzione concreta di un magazine/fanzine cartaceo e di una cassetta che vedranno la luce a maggio.

Brutal Casual nasce con l’intento di fare un magazine che mostrasse come siamo dentro le mura, ma anche tutte le cose che reprimiamo

«Con Jacopo ci siamo conosciuti anni fa tramite un amico comune, Warbear (Torazine/Phag Off) e siamo sempre rimasti in contatto anche per “dividerci” le spese di musicisti esteri in transito in Italia: sull’asse tra La Spezia – dove Jacopo gestiva il Btomic – e Roma, dove io organizzo vari tipi di eventi» – racconta Lady Maru. «Un paio di anni fa abbiamo deciso di iniziare un progetto assieme, che alla fine ha preso forma proprio nel primo lockdown. Dopo scambi di idee e registrazioni, abbiamo finito il nostro primo album – che uscirà per la label spagnola Industrial Complexx – e che è poi diventato un live, portato a termine grazie alla residenza». Non solo provocazione, post punk, rumore e DIY. Uno dei fili conduttori che sembra attraversare tutto il progetto è quello di sottoculture, di movimento underground a prescindere dal linguaggio artistico utilizzato. «Le sottoculture che ci interessano sono varie. Sicuramente le correnti delle avanguardie più storte e “grottesche”: nella musica forse le avanguardie synth punk tra il ’78 e l’82, ma poi anche i progetti più “di nicchia” che seguivamo anche come organizzatori, verso fine anni ’90 inizio Duemila, soprattutto quelli che curavano anche l’aspetto performativo». Nel caso di Brutal Casual Magazine, quindi, l’esito della residenza non avrà solo una possibile chiusura del cerchio con una performance live, ma troverà espressione tangibile e (quasi) immediata con il progetto fotografico/editoriale del magazine e della cassetta, in uscita a maggio. «Inutile sottolineare come sia stato e sia ancora importantissimo non fermarsi, avere delle possibilità e darne a chi ha in mente di mettere su qualcosa di creativo. Un sostegno enorme imprescindibile per salvarci tutti da questa situazione di stallo infinita, una soluzione alternativa al fatto di non potersi aggregare».

Brutal Casual è solo uno dei numerosi progetti che negli ultimi mesi sono transitati e transiteranno per il Mattatoio, luogo che sembra aver finalmente trovato la sua collocazione all’interno del panorama culturale di Roma dopo il riassetto che lo ha portato assieme al Macro e al Palazzo delle Esposizioni sotto l’ala dell’Azienda Speciale Palaexpo – seppur con la macchia dell’affaire ARF!, fatta maturare in maniera ingenua e pregiudiziale. Un progetto ventennale, finalmente di lungo periodo, che renderà possibile programmare e distribuire le risorse in maniera ragionata. Una visione perfettamente incarnata da Prender-si cura, programma che sta contribuendo a trasformare Roma in un crocevia nevralgico in cui “contaminazione” diventa la parola chiave, e dove il sostegno a un settore prosciugato dalla pandemia si fa tangibile e concreto.

Con Prender-si Cura, il sostegno a un settore prosciugato dalla pandemia si è fatto tangibile e concreto

Il 2020 ha visto in rassegna Annamaria Ajmone, Rä di Martino, Marina Donatone, Giuseppe Vincent Giampino, Sara Leghissa, Jacopo Jenna con Roberto Fassone, Claudia Pajewski, Luigi Presicce, Cristina Kristal Rizzo, Michele Rizzo, Alexia Sarantopoulou con Ondina Quadri, e alcuni dei lavori nati qui lo scorso anno sono già andati ad arricchire festival e musei: l’opera “AAAAA! “di Rä di Martino è attualmente al MACRO come parte della mostra “Io poeto tu”; “Alcune coreografie” di Jacopo Jenna è stato presentato a Centrale Fies e a Short Theatre nel 2020, mentre “Found Choreographies”è finito nel palinsesto digitale “OGR Art Corner | Meet the Artwork”; “TOCCARE. The white dance” di Cristina Kristal Rizzo ha vinto il premo “Danza&Danza 2020” per la “Produzione italiana dell’anno”; “Rest” di Michele Rizzo è tra le opere della “Quadriennale d’Arte” allestita fino al 2 maggio al Palazzo delle Esposizioni. Il 2021 è iniziato con Alessandro Sciarroni; Riccardo Fazi insieme allo scrittore Matteo Nucci, i nostri Brutal Casual a cui hanno fatto seguito Gianmaria Borzillo, Roberto Fassone, Giulia Crispiani, Valentina Furian, Aurelio Di Virgilio e si attendono ancora Silvia Calderoni e Ilenia Caleo, Zapruder filmmakersgroup, MP5, Marina Donatone, Sara Leghissa e Annamaria Ajmone. Per un’agrodolce legge del contrappasso, tutto questo fermento culturale rimane al momento isolato tra le mura del Mattatoio, con il solo web a fare da finestra per il pubblico tramite i canali web ufficiali e il diario di bordo medium.com/prender-si-cura curato da Paola Granato. Poter assistere in presenza è il regalo che tutti aspettiamo di più: un’estate testaccina potrebbe davvero salvare un’intera stagione.