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Quando Hermann Nitsch riempì di sangue e budella l’ex chiesa di Santa Lucia a Bologna

Scritto da Salvatore Papa il 19 aprile 2022
Aggiornato il 20 aprile 2022

Foto da "Rosanna Chiessi, Archivio storico artistico PARI&DISPARI"

La notizia è di oggi: Hermann Nitsch ci ha lasciati. Aveva 83 anni e sarà per sempre considerato uno dei maggiori rappresentanti dell’azionismo viennese, la corrente artistica che portò all’estremo la Body Art con performance tra sado-masochismo e autolesionismo.

Il nome di Nitsch è indissolubilmente legato all’Orgien Mysterien Theater, il ‘Teatro delle Orge e dei Misteri’ da lui fondato che ruotava attorno a un concetto fondamentale: non ci può essere liberazione del corpo se si rimuove il sado-masochismo che è una sua componente ineliminabile.

Nitsch è stato diverse volte a Bologna e l’ultima volta risale al 25 maggio 2019, ospite del festival AngelicA alla Basilica di Santa Maria dei Servi con il suo Orgelkonzert (Concerto per organo) espressione della sua drone-music. Ma la data che più di tutte lo lega alla città è quella dell’1 giugno 1977. In occasione della prima Settimana Internazionale della Performance, organizzata da Renato Barilli insieme a Francesca Alinovi e Roberto Daolio, Nitsch portò infatti nell’ex chiesa di Santa Lucia – all’epoca un rudere – l’Azione n. 56 della durata di 4 ore, un requiem dedicato alla scomparsa della moglie.

A differenza di altri azionisti, Nitsch non praticava l’autolesionismo e tutte le sue azioni erano simulate. Così fu anche a Bologna, dove inscenò squartamenti di animali e di uomini, la loro crocifissione e l’estrazione di visceri. Un rito sacrificale concepito come atto di liberazione collettiva di atavica memoria per espiare la violenza reale che il genere umano ogni giorno esercita ai danni degli stessi animali o di altri esseri umani.

Racconta Barilli: “Nitsch non ha mai ucciso animali in scena. […] Per esempio, se ci rifacciamo proprio all’Azione bolognese del ’77, l’artista ci aveva chiesto di procurargli cinquanta litri di sangue bovino e non so quanti chili di viscere animali, ma tutti presi dal pubblico macello, e non certo prodotti in loco. […] Per evitare che quella enorme “messa nera” potesse configurarsi come un vilipendio alla religione di stato, poiché allora questo era lo status della religione cattolica, ci mettemmo sulla porta di Santa Lucia dando a ogni visitatore un tesserino di socio di un club privato”.

L’azione incorporava anche un contrappunto sonoro diviso in due parti che si mescolava all’acre odore di sangue e interiora: “uno – si legge nella scheda di Roberto Daolio – formato da strumenti a fiato e a percussione di una locale banda musicale è situato all’ingresso, l’altro composta da raganelle, flauti, fischietti e percussioni varie, al lato opposto, nell’abside. In più tutta la durata dell’azione è accompagnata da un continuo ed ininterrotto suono d’organo”.

Le foto qui di seguito sono tratte dall’album di fotografie di Rosanna Chiessi conservato nel fondo “Rosanna Chiessi, Archivio storico artistico PARI&DISPARI” presso la Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia.