Lo scorso dicembre è comparso sulla pagina Facebook dell’Ex Dogana un sondaggio in cui si chiedeva ai fan – e potenzialmente a tutti gli utenti del social network – quale destino preferissero per gli edifici di Viale dello Scalo San Lorenzo: «Possibilità A) Ex Dogana viene demolita e viene costruito The Student Hotel, un ostello di lusso con mille comfort per studenti stranieri e italiani. Il nuovo fabbricato sarà eretto nell’area vicino alla Tangenziale. Possibilità B) Ex Dogana mantiene l’edificio storico. Parte un nuovo progetto con il Comitato di Quartiere San Lorenzo per renderlo uno spazio culturale e aperto alla cittadinanza. All’interno aree ricreative, piscina e campi sportivi, spazi espositivi e aree per eventi culturali». A quanto riportato dai promotori del sondaggio, l’opzione B ha vinto con un plebiscitario 75% (circa). Gli eventi, però, sono andati in direzione totalmente opposta e così, dopo le schermaglie in tribunale di rito, le diverse società che si sono occupate della gestione degli eventi al suo interno hanno alzato bandiera bianca.
Al di là dell’identità dei protagonisti della vicenda – dettaglio tutt’altro che trascurabile, soprattutto per uno di essi che, come vedremo, ritornerà spesso protagonista: Cassa Depositi e Prestiti – ciò su cui bisogna focalizzare l’attenzione è il concetto chiave attorno a cui ruota l’intera vicenda: la rigenerazione. Cosa si intende per rigenerazione? Rimettere in moto gli ingranaggi, sistemare il palco, aprire il sipario e puntare i riflettori su un complesso immobiliare in disuso e finito nel dimenticatoio al quale bisogna dare una nuova allure e un nuovo valore economico. Gli strumenti con i quali si cerca di realizzare questo tipo di operazione sono un mix di eventi, intrattenimento e cultura dove confluiscono arte contemporanea, musica dal vivo, dj set, cinema, food e beverage: niente di più che la tanto vituperata “movida”, ostracizzata da provvedimenti amministrativi e bastonata a più riprese a mezzo stampa, ma che, quando bisogna far quadrare i conti, serve. Eccome se serve…
Così, dopo l’Ex Dogana abbiamo visto aprirsi i cancelli delle Ex Caserme di Via Guido Reni in zona Flaminio; del palazzo del Poligrafico in piazza Verdi (alle spalle di Via Salaria); delle tre rimesse Atac di Piazza Ragusa (RagusaOff), di Viale Angelico (Prati Bus District) e di Via Tullio Levi Civita (Garage San Paolo); e, in questa estate 2019, anche dell’ex complesso ospedaliero Forlanini a Monteverde e dell’ ex Cartiera Salaria – sull’omonima via, quasi all’altezza del Raccordo – rinominata prontamente CityLab 971. Breve inciso: fa sorridere come una città che già campa di rendita grazie al patrimonio, unico al mondo, che ha ereditato da epoche di più grande splendore, non riesca a recuperare un po’ di linfa se non da ciò che è già stato – una serie di posti che si chiamano tutti Ex – e mai da ciò che sarà, come un Don Giovanni imprigionato in un girone di ex amanti, condannato a non poterne avere di nuove e future.
Passo successivo: la rigenerazione sta funzionando? Eh, mica facile esserne così certi. La questione Ex Dogana pare indirizzata: al suo posto CDP e la società olandese The Student Hotel daranno vita a un immobile – il terzo in Italia, dopo quelli di Firenze e Bologna – in cui sarà ospitato un mix di «Camere contemporanee per studenti, camere d’albergo, spazi di co-living, aree di studio, sale riunioni, uno spazio di co-working per le start-up e imprese locali, ristorante, bar, sala giochi, palestra, garage e anche una piscina nel cortile esterno». Costo di una notte in stanza singola: € 100 circa. Costo di una singola per un quadrimestre: € 1200 al mese – stando ai prezzi del The Student Hostel di Firenze -, e il concreto rischio di prigione dorata rispetto al resto del quartiere, che già vive la sua nota vita travagliata. Dalle parti di Guido Reni (anche qui CDP) nessuno ancora ha capito bene cosa fare: si parlava di una Città della Scienza, ma lì al Comune il progetto è pericolosamente in orbita cimitero degli elefanti. Pare che in questa primavera si sia arrivati a una quadra con questa formula: una struttura museale (di cui ancora c’è da stabilire la natura), poi (fonte La Repubblica, 05/05/2019) 35.000 metri quadrati dell’area saranno destinati alle residenze – di questi, 6.000 al social housing – 10.000 a negozi e a un albergo. Nel frattempo, attorno a questi spazi ci ronza la rutelliana Videocittà, in estate con il contenitore Giostra, in autunno con la rassegna vera e propria (e omonima). L’ex Poligrafico (ancora CDP) doveva trasformarsi in un hotel di lusso una volta rilevato dalla catena di proprietà cinese Rosewood Hotels and Resorts International, ma gli interessati si sono sfilati dal progetto (fonte Il Corriere della Sera, 18/06/2019) e si è rimasti momentaneamente con le pive nel sacco. Le rimesse Atac sono state affidate ad Urban Value, comparto immobiliare della società Ninetynine, e vengono affittate per eventi – CDP e Urban Value avevano già lavorato insieme per una prima rigenerazione dell’Ex Caserme di via Guido Reni. Due sono attive (RagusaOff e Prati Bus District), mentre della terza ancora non si hanno notizie. L’avventura dell’Ex Forlanini (Demanio e Regione) e CityLab 971 (Comune, CDP e Urban Value) sono appena iniziate e si vedrà quale sarà il loro percorso.
Cosa rimane alla città? Un nomadismo costante per il pubblico che partecipa agli eventi, sedotto dalla bellezza oggettiva delle location e poi abbandonato a causa della natura temporanea dei progetti di rigenerazione – e anche a causa di un’offerta che qualitativamente tende a decrescere, sia perché rientrare degli investimenti in tempi brevi è una necessità, sia perché la carne è debole e la tentazione di abbassare l’asticella delle proposte fa parecchi prigionieri. Una mancanza di terreno stabile per chi organizza e promuove eventi, perché il “dove” è inevitabilmente il primo, fondamentale tassello. Un patrimonio immobiliare pubblico decimato – nessuno sta dicendo di lasciare questi edifici così come sono nell’attesa che il tempo faccia il suo corso e crollino le fondamenta, ma qualcosa ce la volete lasciare? Roma non sarebbe ora una città migliore se in ognuno di questi complessi fosse nato un polo permanente dedicato alle arti, alla cultura, alla socialità più trasversale, così come è successo a Marsiglia con la Friche Belle de Mai, realtà poliedrica dedicata alla creatività, nata all’interno di un vecchio tabacchificio e che, seppure con più di 20 anni di storia alle spalle, non mostra affatto segni di invecchiamento? Roma non sarebbe una città migliore se per ogni quartiere ci fosse una Friche Belle de Mai, in un sistema interconnesso e coordinato come quello dei vecchi forti militari a difesa della città, di cui uno, il Forte Prenestino, ne è ancora uno dei centri vitali imprescindibili? Meditate, quando sarete in coda alla cassa per il prossimo drink.
Altri link utili
cdpisgr.it (1 e 2), progettoflaminio.it, dt.mef.gov.it
Contenuto pubblicato su ZeroRoma - 2019-09-01