Si chiamava “La pista cifrata” ed era il gioco della Settimana Enigmistica che, come molti, preferivo da bambina – quello che nonna lasciava in bianco prima di introdurmi, un giorno, nel mondo dei grandi con i rebus. Incredibile come, diventati adulti, spesso ci si scordi della soddisfazione nell’unire i puntini, nello scoprire una nuova forma di senso compiuto un attimo prima invisibile. Le connessioni, che a quel punto sono diventate relazioni tra idee, energie, luoghi, criticità, persone e potenzialità diventano qualcosa che appare troppo faticoso da mettere in comunicazione. Al massimo ci si concentra sui singoli punti, perdendo di vista l’insieme. La forma futura. Dopo oltre un anno di emergenze sanitarie, economiche, sociali e culturali, dopo un’estate torrida in cui la carenza idrica ha messo in ginocchio alcune zone d’Italia neanche fosse il dopoguerra, dopo che parole preziose come “sostenibilità” e “valorizzazione del patrimonio culturale” stanno pericolosamente perdendo di senso come già prima “inclusione”, c’è anche qualcuno che ha deciso di fare uno scatto in avanti. E unire i puntini. Che il sentiero per il futuro non sia dentro i social network, nei quartieri cool delle metropoli o sui programmi elettorali dei canditati sindaco non è una notizia. Lontano dalle dinamiche distorte e accelerate che stanno sotto i riflettori, la spinta propulsiva e creativa del reale, anche verso il futuro, si manifesta secondo i suoi tempi fuori dal centro. Sicuramente in periferia ma soprattutto, come la pandemia ha dimostrato con forza, nella dimensione a misura d’uomo che non è solo quella del quartiere ma anche quella dei piccoli borghi o cittadine che dopo l’alienazione da Covid hanno rappresentato una risorsa di riconciliazione con la natura e con il mondo esterno, un recupero del passato e auspicabilmente del futuro, rispetto alla tabula rasa che le città hanno rappresentato per quasi un anno.
Sia come individui sia come collettività, dal 2019 abbiamo vissuto cambiamenti molto importanti, per cui la progettazione della manifestazione si è evoluta nel tempo: volevamo fare uno scatto in avanti, verso il futuro
In un borgo abbandonato della Valsavione, un tempo al centro della produzione idroelettrica che faceva muovere Milano, RUMUR | Isola riattiva l’energia e unisce i puntini. Fa la riflessione post pandemica necessaria per creare un ponte con il futuro, acquisendo forza dal proprio passato. Effetti dei cambiamenti climatici, rigenerazione urbana e culturale, tecnologia applicata all’arte e dialogo intergenerazionale sono i temi e gli strumenti portanti attraverso cui Isola e la sua ex centrale saranno concretamente generatori di impulsi per una riflessione condivisa e consapevole, volta a concretizzare un’esperienza unica nel presente. Ma anche per immaginare nuovi modi di progettare uno spazio, in cui scoprirsi parte di una collettività attraverso il progetto pilota Isola del Futuro, call rivolta a ragazzi e ragazze per costruire insieme un nuovo mondo post pandemia partecipando a dialoghi con studiosi, artisti e ospiti, workshop, performance, pratiche di esplorazione corporea e camminate conoscitive. E con un focus composito sui cambiamenti climatici attraverso la prima presentazione di “Un suono in estinzione”, progetto artistico, scientifico e divulgativo di ricerca volto al monitoraggio e alla sensibilizzazione del patrimonio dei ghiacciai alpini a cura si Sergio Maggioni/NEUNAU.
Rispetto alla già notevole e illuminata prima edizione del 2019, di cui vi avevamo parlato qui, che era una sorta di celebrazione del ‘900 focalizzata sulle performance e la ricerca, RUMUR e l’associazione culturale che ne ha innescato l’accensione – Idee di Volumi, fondata nel 2020 dalla volontà di Monica Colella, Sergio Maggioni e Piero Villa – propongono un’evoluzione che è a tutti gli effetti un progetto esemplare di rigenerazione urbana e culturale e di sensibilizzazione/interazione con l’ecologia del luogo, che parte dalla conoscenza del territorio e da una riflessione sulle problematiche anche relazionali innescate dal Covid. Offrendo soluzioni concrete e immaginando nuove opportunità di sinergie tra persone, generazioni e territorio. “Sia come individui sia come collettività, dal 2019 abbiamo vissuto cambiamenti molto importanti, per cui la progettazione della manifestazione si è evoluta nel tempo. Volevamo fare uno scatto in avanti, verso il futuro” – racconta Monica Colella. “Rumur | Isola è collocato più o meno nella stessa zona di Rumur Vol. 1, da Cedegolo ci spostiamo verso Cevo, nel cuore della Valsavione. Un borgo dell’arco alpino oggi disabitato, ma che nei mesi caldi viene popolato da generazioni un po’ più vecchie, appartenenti alle famiglie che hanno avuto un ruolo sociale ed economico importante per il territorio attraverso l’attività della centrale idroelettrica, motore propulsore di energia per tutta la Lombardia fino al 1973. Rumur | Isola è un evento multidisciplinare suddiviso in categorie come il Vol. 1, ma con un’evoluzione rispetto a quel programma che includerà non solo performance, ma anche installazioni, laboratori e dialoghi“. Dal punto di vista dell’esperienza artistica ma anche da un punto di vista simbolico, le installazioni – e in particolare quella di Otolab – saranno al fulcro della manifestazione: la centrale idroelettrica abbandonata verrà simbolicamente riattivata attraverso questi interventi artistici e tutte le attività si svolgeranno davanti a questa installazione, come una scenografia (tra cui le performance di Riccardo La Foresta con l’anteprima di un lavoro in preparazione per il festival internazionale Unsound, Paolo Angeli in un set solo, Fabrizio Saiu con INTERMISSION e Barocco Elettronico con Oratorio Virtuale, rielaborazione elettroacustica audiovisiva dell’oratorio barocco “San Giovanni Battista”). Un’area solitamente chiusa a cui si potrà finalmente accedere; un luogo, quello della centrale, che è l’emblema degli sforzi di una comunità, che ha coinvolto famiglie e generazioni intere nella costruzione e nel mantenimento di un sistema di produzione di energia.
In Italia è pieno di spazi che sono stati rigenerati, in cui sono stati investiti milioni e risorse importanti ma che spesso non vengono realizzati in funzione di una comunità ospitante e attiva, le cosiddette cattedrali nel deserto. Noi abbiamo pensato al processo inverso
“Dal punto di vista filosofico” prosegue Monica “un aspetto fondamentale è stato quello di coinvolgere ragazze e ragazzi per fare parte di un progetto di organizzazione culturale, partecipare attivamente con tutti gli artisti e studiosi e avere dei momenti di condivisione per creare una possibile comunità competente sul territorio, che dialoghi con le generazioni passate e che possa progettare e valorizzare la valle. Con ragazzi del territorio ma anche con ragazzi che vengono da fuori, poiché ci sono state adesioni anche da Milano. A proposito di rigenerazione, soprattutto nei territori periferici ma anche nei poli urbani più grandi, è pieno di spazi che sono stati rigenerati, in cui sono stati investiti milioni e risorse importanti ma che spesso non vengono realizzati in funzione di una comunità ospitante e attiva, le cosiddette cattedrali nel deserto. Noi abbiamo pensato al processo inverso: prima creiamo una comunità, prima ci interroghiamo su cosa serva a queste generazioni – il cui flusso di conoscenza e mobilità è stato stravolto dalla pandemia – poi occupiamo uno spazio e immaginiamo il progetto più pertinente, mettendolo in connessione con il territorio, le sue potenzialità e problematiche. Non il processo inverso“.
Alla rigenerazione/rinnovamento urbano e culturale, si uniscono altri due temi portanti: la riflessione sui cambiamenti climatici, tema centrale nella zona, e l’applicazione della tecnologia all’arte. RUMUR | ISOLA vuole accendere i riflettori sul borgo abbandonato e rendere soggetto artistico/ dialogante la sua ex centrale, come indice di uno sforzo comunitario che rischia di essere reso vano a causa del cambiamento climatico e quindi dell’estinzione delle risorse idriche (“il suono originale” della zona). Il contesto naturale e urbano con gli infiniti spunti che offre diventa concept. “L’idroelettrico è un tema messo a rischio” entra più nel dettaglio Sergio Maggioni, “qui c’è un fiume che arriva a un ghiacciaio che è il più grosso del territorio italiano, affianco a noi passa una sorgente d’acqua preziosa che sta subendo una trasformazione significativa, con un micro clima in trasformazione che impatta molto anche dal punto di vista socio culturale. Non siamo in Antartide ma a 150 km da Milano. Con la call che si interroga sul futuro di Isola e il progetto “Un suono in estinzione”, volto al monitoraggio della fusione del Ghiacciaio dell’Adamello e dei suoi fenomeni acustici (che i cambiamenti climatici contribuiscono a manifestarsi con maggior frequenza), l’idea è di fare divulgazione ma anche trovare soluzioni e immaginare un futuro rispetto a cose che accadono vicino a noi, ma che hanno un valore molto più esteso – nel tempo e nello spazio”. Mantenendo al centro il ruolo che la natura e l’interazione rispettosa con essa riveste in tutto il progetto, un punto centrale di RUMUR | Isola è rivestito dalla tecnologia grazie alla collaborazione con Umanesimo Artificiale, con vari momenti che indagheranno quelli che sono gli interventi del digitale e dell’intelligenza artificiale sulla composizione elettronica, e sull’impiego delle tecnologie applicate alle nuove prassi compositive e sui lavori artistici creati appositamente per la manifestazione.
Il territorio diventa connessione tra generazioni diverse, il presente rappresentato dai giovani entra in relazione con il futuro attraverso la rigenerazione urbana e culturale, attraverso le criticità e le potenzialità dei cambiamenti in atto. La tecnologia è strumento per amplificare queste tematiche ed espanderle in termini di divulgazione e conoscenza. L’ultimo puntino, quello talvolta paradossalmente più complesso da raggiungere, arriva fino alle istituzioni locali – qui in particolare l’Unione dei Comuni della Valsaviore e la Comunità Montana della Valle Camonica – che stanno supportando non solo in termini economici, ma anche con un gesto di fiducia non così scontato, un progetto totalmente sperimentale per questi territori, dando disponibilità ad attivare processi culturali, ambientali e umani che sarebbero necessari in molte aree dello Stivale. Dal 17 al 19 settembre, in Valsaviore prende forma il futuro (QUI tutto il programma dettagliato, anche dei workshop e dei dialoghi). Invitate anche la nonna.