No, non vogliamo passare i mesi autunnali e invernali a lobotomizzarci in casa davanti a uno schermo. E no, non vogliamo ritrovarci tra un anno senza spazi per la cultura indipendente. Tra le poche cose che sappiamo sul futuro prossimo c’è la consapevolezza che in tempi di emergenza sanitaria la stagione indoor sarà ancora più complessa e difficile per tutti gli eventi culturali e che, in più, le piccole realtà indipendenti, quelle che in ogni settore – e in massima parte per quello musicale – nutrono il territorio cittadino con suoni, idee e ricerca alternative, continueranno a essere ignorate e non supportate dalle istituzioni (come del resto era già prima di marzo) e dal più ampio discorso collettivo sul concetto di “crisi”. Una crisi economica che ha superato a destra quella sanitaria e che al suo interno contiene un mostro a tre teste altrettanto pericoloso, che da anni si stava allenando a prendere il sopravvento: una crisi culturale, un appiattimento/annullamento del discorso culturale e artistico, che in questo momento rischia di fare definitivamente fuori le piccole realtà, la molteplicità/varietà delle proposte, delle visioni, la possibilità di dare continuità alla circolazione di contenuti sperimentali, di nicchia, non mainstream.
Un discorso che abbiamo ripetuto un’infinità di volte in occasione delle varie chiusure forzate di spazi indipendenti e di cultura dal basso e che oggi diventa centrale nella salvaguardia del nostro stesso futuro come collettività e come città. Se negli ultimi mesi Roma non è stata completamente silente o esclusivamente animata/sonorizzata da realtà istituzionali o contesti dove la proposta artistica è il risultato di un “compromesso” con altri settori, lo dobbiamo al lavoro indefesso, alla tenacia e al senso di responsabilità collettiva di piccoli spazi come Fanfulla 5/a e Klang o all’intersezione di contesti più istituzionali con l’underground (dal Teatro India a Short Theatre e, guardando più avanti, Romaeuropa Festival). In vista della stagione invernale, è il momento dei fatti. Quelli che uno spazio come il Trenta Formiche, in realtà, ha portato avanti in tutti questi mesi, agendo attivamente sul territorio in aiuto delle realtà più in difficoltà con la rete Arci e Nonna Roma. Quelli che da dieci anni fa concretamente, sporcandosi le mani, resistendo, sette sere a settimana con concerti, dj set, arte e cinema.
Dopo Fanfulla e Klang, anche il Trenta Formiche lancia una campagna di raccolta fondi per riaprire lo spazio, supportare tutte le numerose spese per le misure anti Covid dopo mesi di inattività “artistica” e festeggiare, magari a dicembre, i primi dieci anni di gloriosa attività. Di seguito il messaggio lanciato dal Circolo Arci, l’invito è quello di supportare – anche con la semplice condivisione della campagna. E la speranza è di non ritrovarci tra un anno con i “soliti” big sopravvissuti e senza tutti quegli spazi indipendenti che hanno fatto sopravvivere Roma in questi anni di assenza totale della politica e di assenza di una visione ampia e lungimirante su cosa contribuisca davvero a migliorare la vivibilità di una città e a non trasformarla in un deserto socio culturale.
QUI IL LINK ALLA CAMPAGNA
DI SEGUITO L’APPELLO DEL TRENTA FORMICHE:
«Care socie e cari soci,
sono trascorsi sette mesi da quando il Trenta Formiche ha chiuso le porte.
Sette mesi di riflessioni, incertezze, paure, sbandamenti, ma anche di battaglie, volontariato e vera Resistenza.
Speravamo di poter riaprire dopo l’estate in un contesto sociale e sanitario migliore, senza restrizioni e con maggiori certezze sul futuro e sul contrasto alla pandemia. Purtroppo non sarà così.
Nonostante i timori e le remore non possiamo più attendere, siamo costretti a far fronte alle spese vive accumulate in questi mesi se non vogliamo incorrere nella chiusura definitiva dell’associazione. Temiamo, però, che l’attività contingentata che proveremo a proporre non garantirà il sostegno necessario, pertanto ci vediamo obbligati a chiedervi una mano!
Abbiamo cercato di evitarlo, nonostante le numerose manifestazioni di supporto. Ci sembrava una richiesta fuori luogo in un momento di disagio economico tragico e diffuso.
Oggi ci ritroviamo costretti a ripensarci e a chiedere un contributo a tutti coloro che si sentono orfani di uno spazio che ha rappresentato una seconda casa. Un apporto decisivo, senza il quale, probabilmente, mancherebbero i presupposti di sostenibilità per continuare la nostra attività, soprattutto in questo contesto legislativo.
Col vostro aiuto proveremo a rialzare ad ottobre la serranda con una proposta rivisitata nel rispetto delle prescrizioni anti-covid. Non è la creatività a mancare. Quello che manca, e tanto, è il vostro calore e i momenti vissuti assieme all’interno di quelle mura, e ci rivolgiamo proprio a coloro che condividono questa malinconia e che riconoscono l’importanza della promozione di una contro-cultura resistente e di una socialità alternativa, che il Trenta Formiche ha esercitato in quasi 10 anni di attività.
Per riuscire a festeggiare i dieci anni assieme, per tagliare il traguardo dei due lustri, è di vitale importanza soddisfare parte dei debiti accumulati e realizzare necessari lavori di manutenzione dopo una chiusura così prolungata.
La somma di questi impegni è stimata intorno ai 15.000 euro ma riuscire a raggiungere il traguardo della campagna per noi sarebbe già molto.
Grazie a chi può tanto, a chi può poco e a chi non può niente ma che in questi anni ci ha supportato. Anche la semplice condivisione e diffusione della campagna può aiutare».