Gli scontrini non li butto quasi mai, ho preso il vizio di famiglia di conservarli. Alla mia maniera però, quindi totalmente disordinata e sgraziata: in tasca, nelle buste, nel portafogli, ovunque in macchina, dal porta oggetti alla sacca del parasole. È una pratica fine a se stessa – perché poi tutti gli scontrini vengono regolarmente cestinati – che però permette di fare una cosa divertente: ricostruire i propri movimenti nei giorni o nelle settimane precedenti. Regolarmente, un terzo di questi scontri segnano 4/5/6 € e provengono da Arco di Travertino, lì dove c’è la mecca dei senza casa, senza orario e senza fondo: Ali Babà. Grazie a loro mi ricordo di come sono finite un sacco di serate – o di come sono iniziate, perché ci ceno anche. Io poi non frequento neanche la sede principale, ma quella che dovrebbe essere il lato b – leggenda vuole comunicante con via Carroceto – che fa da bar e ristorante, con una griglia gigante che affianca le due colonne di carne roteanti.
Mi manca da pazzi e ritrovarmi in tasca solo scontrini del pizzicarolo sotto casa mi ferisce a morte. Mi manca affondare i denti in quel siluro iper condito e incredibilmente buono, mi manca la reazione delle persone quando vedono per la prima volta le dimensioni del kebab grande, mi manca l’osservare con fare lombrosiano chi, tassativamente, lo ordina con solo carne e salse, mi manca vedere la gente ciondolare cotta all’ingresso, che dalle quattro di mattina in poi, se potesse, si addormenterebbe sotto i cofani delle macchine sfruttando il calore dei motori come fanno i gatti. Mi manca condividere il pasto con gente che ha accenti da tutte le parti del mondo: slavi, arabi, cinesi, russi che chissà come sono finiti a lavorare a Roma. Mi manca il concetto di aperto 24/7: mangiare a tutte le ore e tutti i giorni, NO MATTER WHAT! Chissà come se la stanno passando loro del personale la quarantena. Se solo mi arrivasse la soffiata che da una porta segreta nel retro si potesse avere anche solo mezzo kebab, sfiderei anche militari e carrarmati.