Un altro sabato sera passa. Stanco delle dirette, dei dj set in streaming, delle playlist e dei mixati, aspetto che sia abbastanza tardi per mettermi a letto e crollare addormentato. Quello che mi manca davvero è un posto, uno spazio fisico dove essere libero di sfogarmi, di divertirmi, di esprimermi ballando e buttare fuori le ansie e lo stress della settimana. Perché in questi giorni la musica da sola, soprattutto a tarda notte, non fa altro che mettere in circolo ricordi di luoghi, di volti e di sensazioni provate durante serate che iniziavano il venerdì e spesso finivano il lunedì mattina su un taxi verso casa.
Ognuno di noi ha il suo luogo e il suo dancefloor e per molti, e per me sicuramente, è stato, è e sarà il Club Plastic. Una presenza nella notte di Milano dal 1980. Un club che fin dal mio primo ingresso ho sentito diverso da tutti i locali e discoteche in cui ero stato. Un club che ha sempre saputo esprimere lo spirito del tempo e accogliere culture e sottoculture. Un club che ancora oggi celebra la bellezza della notte e i suoi segreti, la musica, il ritrovarsi tra persone diverse, che amano la diversità in tutte le sue forme: club kids, drag queen, modaioli, individui di ogni tipo e genere e generazioni differenti che si radunano con la voglia di fare party. Per questo ho pensato che non bastasse solo la mia voce per spiegare perché manca il Plastic in questo momento, ma ho voluto realizzare un racconto collettivo con le testimonianze di chi ci lavora e di chi lo frequenta. Un modo per dare spazio all’esperienza di ognuno e ricordarci tutti quanti che potremo tornare a divertirci nel nostro club.
“Perché posso anche lavorare da casa, ma non posso passare il weekend nel mio salotto”
Quando la notte Nicola Guiducci, Sergio Tavelli, la Pinky e Tommaso Nisi aprono, il locale si anima delle storie di tutti e allora è facile immaginarsi il venerdì sera con Tyler a torso nudo che ti sorride calmo dalla consolle durante NUL o l’accoglienza di Albert e Marco sulla porta de Le Cannibale una volta al mese. Proprio Albert mi racconta di essersi innamorato di Milano grazie al Plastic dodici anni fa e oggi che è anche la sua casa mensile la nostalgia assume un valore ancora più forte. Una casa per tanti, come per La Stryxia, maestra e regina delle danze nella sala degli specchi il sabato sera con Al Varietà, che aspetta di tornare a cantare a squarciagola e suonare in mezzo alla gente, o per Andrea Ratti, dj che insieme a Sergio dà vita a Club Domani e ci fa ballare in quella che definisce “una festa che organizziamo non per il pubblico ma con il pubblico. È uno scambio continuo; loro ci affidano il loro svago settimanale e in cambio (forse inconsapevolmente) dimostrano a noi vecchi cinici che viviamo nel migliore dei mondi possibili”. E allora è facile immaginarsi di entrare in questo locale dalle atmosfere soffuse, laser e fumo, per esprimere la propria creatività e ballare fino a esaurire le forze, senza vergogna e fieri di quello che si è, come mi dice Luca, uno dei molti club kids che si ritrovano sulla pista. Ogni frequentatore del locale sembra essere lì per raccontare la sua fantasia per la serata, la sua libertà e la sua unione con gli altri, anche nei momenti più difficili, perché è un luogo che “dà un grande senso di speranza in un futuro dai confini e dalle etichette sempre più sfumati”, mi suggerisce la coreografa, ballerina e insegnante di voguing Barbara Pedrazzi (La B Fujiko), che lo frequenta e con cui collabora. Scostando le catene d’oro della tenda d’ingresso ci si ritrova in “un ambiente affollato, distratto e psichedelico ma per assurdo più intimo” e lo sa bene Simone Rutigliano, che alla porta del Club Domani seleziona i clienti della serata. Perché il Plastic può essere un divertimento anche per chi ci lavora. Per Leonardo Persico, door selector della sala Jukebox Hero, è come essere ancora ragazzini e aver quel momento di sfogo per giocare con gli amici, mentre per Lilly Love, volteggiante drag queen sul palco di Club Domani, è un appuntamento fisso, fatto di riti, di interazioni, di ritocchi in camerino di fretta tra un turno e l’altro.
Rituali che si ripetono ogni weekend e che dietro le quinte sono sentiti ancora di più, come quando, poco prima di aprire il club, la grande famiglia del Plastic si rivede, chiacchiera, ride e scherza, dandosi un’ultima sistemata agli outfit, come mi racconta Chiara Fanetti, una delle door selector del sabato e della domenica. Perché per chi ci lavora è davvero una seconda famiglia, con tutti i pro e i contro, dove ognuno può trovare il suo ruolo come Niccolò, uno dei barman della Jukebox, che lavora tra gli abbracci e le sfuriate della Pinky e gli scherzi con il collega Marco. E proprio nella Jukebox ci si perde nei lampadari di cristallo e nei suoni delle canzoni dei dj – Nicola Guiducci, Alex Carrara, Alex Ormas e Thomas Costantin, che ci fanno ballare, perché per loro è la parte migliore del lavoro, uno sfogo creativo. Ed è sempre lì che ci si ritrova la domenica, per The Ritz, quando la confusione del weekend va a svanire e il Plastic diventa un ritrovo per tutti, ma soprattutto per gli addetti ai lavori di bar e di altre serate, che come sopravvissuti accorrono per chiudere il loro faticoso fine settimana, come racconta il barman del Nemico Robi Tardelli. È facile capire perché ci manca il Plastic, “perché – come dice Paride Vitale, che di feste ed eventi ne organizza e ne sa – posso anche lavorare da casa, ma non posso passare il weekend nel mio salotto”. Quello che manca soprattutto a me è salutare Nicola a fine serata sulle note di “Only Love Can Break Your Heart” e uscire per vedere se la notte ha ancora qualcosa da offrire.