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25 anni di Magazzini nelle parole di Gian Carlo Soresina, Daniele Orlando e Stefano Astore

Ricordi e storie dello storico locale milanese

quartiere SouPra

Scritto da Eric Fiorentino il 16 settembre 2019
Aggiornato il 8 novembre 2020

Per il venticinquesimo compleanno dei Magazzini Generali abbiamo intervistato le tre figure principali della gestione dello storico locale milanese: Gian Carlo Soresina, Daniele Orlando e Stefano Astore. I cosiddetti direttori creativi, una professione che necessita una buona dose di cultura e di senso pratico. I compiti imposti dal ruolo sono molti: dalla selezione musicale alla creazione di un tema vincente per ogni evento, passando per le procedure più burocratiche, senza dimenticare le imprescindibili attività di comunicazione.

La professionalità di queste persone ha permesso ai Magazza, così chiamanti in slang milanese, di durare nel tempo e di rimanere impressi nei ricordi dei suoi frequentatori. Memorie che andremo a rivivere in questa intervista tripla.

Gian Carlo Soresina, direttore creativo e socio dal 1995 al 2007


Come sono nati i Magazzini e perché li hai chiamati così?

I Magazzini sono nati da una mia intuizione, raffinata da altri soci, e dal pensiero che a Milano mancasse un locale di livello internazionale. Diverso per stile, struttura e contenuti alle discoteche dell’epoca e che fosse all’altezza dei club di Barcellona, New York e Berlino. L’architettura che più rispecchiava le nostre esigenze era il loft, parola ancora inesistente nel vocabolario del comune parlare. Fino a quel momento tutte le discoteche erano sottoterra (Hollywood in primis) o negli ex cinema al buio (Rolling Stone). La struttura industriale del locale doveva essere una sorta di enorme studio daylight con un palco e un sipario, un progetto che richiamasse la sacralità del teatro. Infatti poi facemmo alcune piece teatrali come “Giovanna D’Arco” con Monica Guerritore o “Crash” dei Motus.
Ho deciso di dare al locale un “nome comune” e soprattutto di non chiamarlo “discoteca”. In realtà il nome (Magazzini Generali) originariamente proviene dalla denominazione propria di quel luogo: “magazzini raccordati alle ferrovie dello stato”, per la possibilità che avevano gli stabilimenti di via Pietrasanta di collegarsi direttamente con dei binari interni alla tratta dello scalo di Porta Romana.

Com’è diventato tra i club più importanti d'Italia?

È diventato uno dei più importanti club italiani e uno dei primi 3 in Europa (gli altri due erano e sono il Berghain con il suo Panorama Bar a Berlino e il Fabric di Londra) per la propria coerenza e per la scelta di anticipare i nuovi trend musicali: già nel 1995 proponemmo il trip-hop il venerdì sera o la drum’n’bass il mercoledì. Eravamo un locale trasversale. Organizzavamo eventi particolari insistendo su un pubblico alternativo, adattando tutto alle caratteristiche morfologiche dello spazio.

Il party Jetlag del venerdì sera

Com'era la notte a Milano quando ne eri proprietario?

La notte a Milano nel 1995 era semplice rispetto ad adesso. Non esistevano i bar con dj e tutte queste variazioni sul tema dell’intrattenimento che esistono ora. Era più schematica: ristorante, bar, cinema, qualche concerto e alcune discoteche. La vita dei club non era così intensa come oggi. Il termine “clubbing” inizia a essere usato più tardi, verso la fine degli anni 90, e identifica una filosofia che si percepiva solamente in qualche serata, ma senza avere un’idea precisa di come vivere un certo tipo di musica. I Magazzini forse sono stati i primi a imporre questa concezione con le serate del mercoledì (The Night of Contemporary Beat) o quelle del venerdì (Jetlag), serate resident arricchite dai dj guest, una cosa abbastanza strana per l’epoca.

Raccontaci le serate o i concerti di cui vai più orgoglioso.

Devo dire che è stato un periodo molto effervescente sia dal punto di vista musicale che culturale. In quei primi 10 anni dei MG sono state molte le serate di grande emozione. Sicuramente la presentazione del nuovo libro “Saluti Cosmopoliti” di Allen Ginsberg davanti a una folla incredibile. Tanto quanto le serate con Carl Cox o Chemical Brothers o altri dj, italiani inclusi: da Benny Benassi a Alex Neri, non escludendo i resident come Lele Sacchi, Tommaso Toma, Stefano Ghittoni, ma anche Alessio Bertallot o “Boosta” – Davide Di Leo dei Subsonica.

Perché hai mollato?

Alla fine erano passati 12 anni, quasi una generazione, e i primi frequentatori avevano cambiato abitudini. Si affacciava un nuovo pubblico più modesto nei gusti, attento ad altre sfaccettature della realtà, la cosiddetta Generation Y o Net Generation.

Come vivi la notte oggi?

Esco. Vado ad alcune serate. Spesso scelgo alcune performance teatrali multimediali. Talvolta seleziono dei concerti o dei film al cinema. Sembrerà strano ma, con l’ampia offerta che c’è oggi, anche se molto frammentata, non esiste un locale di riferimento come lo sono stati i Magazzini. L’uso indiscriminato dei termini “dj set”, “special guest” e “featuring”, senza avere un senso preciso o con ospiti veramente modesti, ha creato un po’ di confusione. Però sono esistite ed esistono delle realtà che ammiro, esempi virtuosi come il Wall, il Dude, il Volt o l’Elita.



Daniele Orlando, proprietario e direttore creativo dal 2007 al 2017

Che ricordo hai della prima volta che hai messo piede ai Magazza? Perché hai deciso di prendere in gestione questo locale e com'era quando lo hai preso in mano tu?

Ricordo l’impressione netta di essermi trovato in un luogo molto particolare, un locale dal grandissimo potenziale. Nella sala principale c’era un soppalco, al tempo inagibile, e sotto uno scantinato con accesso indipendente dall’esterno. Con una ristrutturazione alquanto visionaria abbiamo ridato gloria ai Magazzini Generali: il soppalco è diventato un privé esclusivo con accesso diretto al palco, tramite una passerella che correva per tutta la lunghezza della sala, invece nella spazio semi-interrato abbiamo realizzato un secondo club. Esempio: il venerdì sera nella sala principale suonavano i grandi nomi della scena dance internazionale di Ibiza, mentre nell’altra sala faceva fortuna la serata “Pink is Punk” di Marcelo Burlon, un talento incredibile, che attirava un pubblico legato al mondo della moda. In quel periodo, arrivare ai Magazzini il venerdì, anche senza sapere chi avrebbe suonato, dava la certezza di trovare le serate più cool e i migliori show internazionali, ma a prezzi più accessibili.

Quali sono gli eventi di cui vai più orgoglioso?

Sono fiero non solo di singoli eventi, ma di varie intuizioni, che hanno poi tracciato la strada. La prima è stata capire che i tempi erano maturi per far arrivare in Italia la scena techno e trance di Ibiza, portando tutti i migliori dj di fama mondiale: Bob Sinclar, Skrillex, Afrojack, Richie Hawtin, Boys Noize, Sven Väth, Loco Dice, Kalkbrenner, Luciano, Morillo e tanti altri.
Seconda intuizione, ho deciso di eliminare il concetto di “ingresso con consumazione”. Studiando il mercato, ho avuto il coraggio di proporre degli eventi notturni come un vero spettacolo con biglietto di ingresso dedicato. Una bella rivoluzione alla quale, poi, tutto il settore si è adeguato.
L’ultima intuizione è stata la one-night del sabato “Pour Homme”, serata a tema gay con bella musica e pubblico molto fidelizzato, diversa rispetto al mercoledì sera, con Stefano Fontana & Friends a ingresso gratuito, ma con i migliori nomi della scena clubbing italiana (Alex Neri, Ralf, Coccoluto e Lele Sacchi).

Come mai hai deciso di terminare questa avventura e quali nuove porte hai deciso di aprire?

A un certo punto i dj sono diventate le nuove rockstar, richiamando folle sempre più numerose. Gli artisti crescevano e il pubblico con loro, io non volevo certo restare a guardare. Per un paio d’anni ho organizzato gli eventi di maggiore richiamo affittando spazi temporanei, ma era talmente oneroso che a un certo punto ho ritenuto più conveniente investire in un posto tutto mio. In quel momento ho immaginato uno spazio nel quale fabbricare le serate che avevo in testa con il mio staff, che per me è come una famiglia e in parte lo è veramente. Così è nato il Fabrique nel 2014 da un capannone dismesso, ex sede della Venus (glorioso distributore di dischi fino al 2000), che abbiamo ristrutturato in pochi mesi sul progetto dello studio di architettura Beretta: uno spazio multifunzionale e moderno, capace di ospitare 3000 persone, per eventi clubbing, ma anche concerti e tanto altro.

Come vivi la notte oggi?

Oggi sinceramente, oltre a seguire la fittissima programmazione di eventi al Fabrique, quando posso di notte dormo, in modo da essere attivo di giorno e pensare a nuove idee per il futuro.



Stefano Astore, direttore creativo dal 2017 a oggi

Cosa e come sono i Magazzini oggi?

I Magazzini Generali oggi sono un contenitore, un luogo dove poter realizzare progetti e idee.

Che ricordo hai della prima volta che hai messo piede ai Magazza?

Un po’ datato. Mi ricordo che entrai per la prima volta una sera di tanti anni fa, ai famosi mercoledì con Stefano Ghittoni, nel 2004 credo. Mi piacevano la drum’n’bass e i broken beats. Ricordo che vidi i Magazzini come una spazio enorme.

Come vorresti che diventassero i magazzini da qui a 25 anni?

Vorrei che continuassero a produrre contenuti culturali e musicali, credo sia questa la sua natura.

Come celebrerete questi 25 anni di clubbing e concerti?

Siamo molto contenti di quello che stiamo realizzando per celebrare i nostri 25 anni in termini di programmazione e comunicazione. A questo proposito lanceremo una campagna di guerrilla marketing in questi giorni a Milano che non potrete non notare. Sui nomi ci sono tante sorprese, ma l’inaugurazione è affidata a re Ricardo Villalobos. Poi ci saranno come sempre tanti concerti, raddoppiati rispetto alla scorsa stagione, e tanti eventi legati al clubbing.

Il giovane resident dj Volantis

Cosa ti piacerebbe riuscire a fare ai Magazzini con la tua gestione?

Faccio parte di un team di persone che nel tempo diventa sempre più coeso e impara dai propri errori con il giusto atteggiamento, legato a un senso di crescita collettivo. Questa squadra può arrivare lontano e l’obiettivo è quello di diventare una realtà internazionale.

Come vivi la notte oggi?

Osservo la notte come uno spettatore, che rivede se stesso in molte persone che la vivono più di me. Mi piace costruire eventi, partendo da un’idea fino alla realizzazione fisica finale: per me oggi la notte è questo.

Di cosa ti occupi?

Sono direttore creativo e mi occupo di segnare le linee guida della comunicazione, programmo e tratto i booking degli artisti internazionali delle nostre produzioni.

Contenuto pubblicato su ZeroMilano - 2019-09-16