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Art Of Fighters

Cristian e Luca aka Art Of Fighters sono nati in pista (al Dylan) durante la golden age dell'hardcore in Italia e sono finiti sui palchi di mezzo mondo. Da Brescia si sono spostati a Milano e in questa chiacchierata, in vista del loro nuovo show per la Milano Music Week, ci raccontano tutto quello che li affascina dell'hardcore: uno dei più estremi generi musicali da club

Scritto da Emanuele Zagor Treppiedi il 17 novembre 2017
Aggiornato il 11 dicembre 2017

La storia degli Art Of Fighters è prima di tutto una storia di amicizia. Crisitan e Luca è da adolescenti che condividono il divertimento e poi, crescendo, la passione per l’hardcore. Un genere musicale che li ha affascinati subito perché rompeva le regole con tutto quello che avevano ascoltato precedentemente. Nel bresciano, dove sono nati, c’erano diversi locali (i primi e gli unici in Italia) che proponevano questo genere dove suonavano i più importanti dj della scena hardcore italiana e internazionale. Dopo svariate session passate a casa a divertirsi tra software e macchine elettroniche consegnano una cassettina agli Stunned Guys, alfieri del genere in Italia con la loro label Traxtorm Records, e poco dopo si trovano a essere da semplici fruitori del genere a veri producer sui palchi degli stessi locali che frequentavano.

Se qualcuno pensa che il genere hardcore era morto si sbaglia di grosso, gli Art Of Fighters dai primi 2000 non hanno smesso di produrre e di suonare in giro per il mondo. Noi gli abbiamo incontrati diverse volte in line-up al festival E-Mission, che raccontiamo su Zero fin dalle sue prime edizioni e che ogni estate al Florida raduna migliaia di fanatici del genere.

Il lavoro inclusivo della Milano Music Week vede nel palinsesto lo showcase di Hardcore Italia la piattaforma che insieme a Sonic Solution divulga il verbo hardcore per tutti gli appassionati dei bpm elevati. Insieme all’Hakken Show di Gabber Eleganza dell’amico Pigro, al dj set degli Stunned Guys e a una mostra sull’abbigliamento hardcore/gabber vedremo anche il nuovo audio-video show degli Art Of Fighters che è uno dei temi toccati nell’intervista, tra passato, presente e futuro. Hardcore will never die.

Iniziamo dall’inizio: Cristian come ha conosciuto Luca e Luca come ha conosciuto Cristian. Che fine ha fatto il terzo del gruppo?
Cristian – Amici di infanzia, ci conosciamo da 30 anni. Le nostre famiglie hanno abitato una sopra l’altra, quindi siamo praticamente fratelli.
Luca – Il terzo ci ha lasciato nel 2007 per problemi personali.

Come vi divertivate da adolescenti prima di iniziare a divertirvi con le macchine elettroniche? Facevate sport?
Cristian – Facevamo all’incirca quello che faceva la maggior parte degli adolescenti, ossia passare molto tempo a casa di amici, giocando a basket con un breve e triste tentativo di calcio e videogame.
Luca – Da adolescente, come ora, la mia grande passione è l’oceano ed ho sempre fatto sport inerenti all’acqua come kitesurf, surf, freediving e diving. Ho giocato anche per molti anni a basket che però ho dovuto mollare per i troppi impegni. Devo dire che io e Cri ci siamo sempre divertiti con veramente veramente poco: ci bastava salire sulla Panda del nostro amico e non era importante dove si andava perché trovavamo sempre il modo per divertirci.

Art Of Fighters trio la prima volta al Dylan di Coccaglio
Art Of Fighters trio la prima volta al Dylan di Coccaglio
Prima di addentrarci nel vostro mondo musicale, spiegate a più profani cos’è l’hardcore, com’è nata e… ecco com’è arrivata in Italia? Chi è secondo voi il primo o uno dei primi ad averla portata nel Belpaese?
Cristian – Chi sia stato il primo non potrei dirlo con certezza. Io l’ho scoperta andando a ballare al Number e al Florida e ascoltando radio e compilation. Per poi atterrare su un cd firmato Stunned Guys “Original Rotterdam Compilation”. Da lì ho capito cosa fare.
Luca – Partiamo dal concetto che l’hardcore non è solo musica ma è uno stile di vita che non comporta degli schemi standard, ma la passione per questa musica ti porta a fare sacrifici e follie per far si che sia presente nella vita ogni giorno e ti regali le emozioni che solo lei sa dare. Dopo più di 20 anni che amo questa musica non nascondo che ancora oggi mi emoziono quando ascolto un pezzo che mi piace, e non sono ancora stanco perché per me non è solo una moda. Secondo me i pionieri della musica hardcore in Italia sono Claudio Lancinhouse e gli Stunned Guys.

Com’è nata la vostra passione per l’hardcore?
Cristian – Ascoltavo questi cd mixati da Molella e in fondo trovavo sempre una o due canzoni che mi piacevano maggiormente. C’è voluto qualche tempo allora, siamo a metà anni 90, non c’era internet che rendeva subito tutto accessibile, per scoprire che quella musica aveva un nome ed esisteva addirittura una scena attorno ad essa. Non son più riuscito ad appassionarmi a nessun’altro genere così tanto.
Luca – È nata ascoltando il primo pezzo che mi ha dato un feeling “strano” e diverso da qualsiasi altra musica ascoltata precedentemente. Da li è stata come una miccia che ha fatto esplodere in me la curiosità a 360° per questo genere al punto da non accontentarmi più solo di ascoltarla e decidere di produrla.

Immagino che voi abbiate vissuto, prima da clubber e poi da protagonisti, la golden age dell’hardcore in locali storici come il Number, il Dylan, il Gheodrome…. Ci raccontate questi luoghi?
Cristian – Nel trittico Dylan, Number e Florida siamo cresciuti. Praticamente abbiam passato lì la nostra giovinezza. Ogni locale aveva qualcosa di magico, il Number era dove trovavi gente da tutta Italia, il Florida dove ascoltare la selezione migliore, grazie ai nostri dj e maestri Nico&Tetta.
Luca – In realtà non siamo mai stati dei veri clubber, o meglio andavamo sempre e spesso nei locali che hai citato ma mai a ballare. Poi io personalmente ero un pessimo ballerino e amavo molto di più ascoltare e vivere l’hardcore a modo mio.
Il Dylan è il locale dove io e Cri siamo “nati”. All’inizio, quando eravamo molto giovani, ci andavamo presto e in scooter per poi uscire a mezzanotte prima che la serata iniziasse. Poi con il tempo ci siamo evoluti e ci andavamo in autostop e tornavamo a casa a piedi con lo zaino della scuola pieno di dischi. Il Number è il locale dove potevamo vedere i migliori dj del momento e per noi era un santuario.

Una parte del Dylan di Coccaglio, Brescia
Una parte del Dylan di Coccaglio, Brescia
Raccontateci un paio di aneddoti che solo chi frequentava locali hardcore può raccontare.
Cristian –Il finale del Number One dell’epoca d’oro, sulle note di “I’m a raver baby”.

Vi faccio tre nomi, per me chiave, per la scena hardcore italiana: ditemi che importanza hanno anche per voi:
> Stunned Guys
> Randy
> Digital Boy

Cristian – Gli Stunned Guys hanno avuto un’importanza fondamentale nella nostra carriera. Sono stati i primi a darci l’opportunità di stampare un vinile, e Maxx è stato per me un Maestro: mi ha insegnato tutti i fondamenti di come funziona uno studio, acustica e composizione. Se non ci fossimo incontrati non saremmo dove siamo ora, questo è certo.
Randy ha permesso agli italiani di andare ai migliori eventi esteri, sopratutto in un periodo dove non esisteva ancora l’idea che volare possa essere “low cost”. Storici sono i rave Svizzeri come il Goliath a Roggwil, dove appunto Randy la faceva da padrone.
A Digital Boy va il merito di aver portato l’hardcore ad un livello più commerciale, sono anche suoi i primi programmi radio con inserimenti hardcore. Qualcosa che sicuramente manca nella noiosa programmazione delle nostre emittenti radio.
Luca – Gli stunned posso descriverli sono con una parola HARDCORE e non aggiungo altro. Poi personalmente loro sono stati i nostri padri e compagni di mille avventure indelebili, nella carriera e vita. Randy mi affascinava la sua tecnica di mixaggio ed è stato uno dei grandi promotori del nostro genere in tutta Europa. Digital Boy un altro mostro sacro della nostra musica che è riuscito con le sue hit a far conoscere l’hardcore in tutto il mondo.

Una data particolarmente simbolica per voi e per la scena hardcore italiana è l’8 dicembre 2001 giorno dell’Hardcore Nation al Forum di Milano. Un eventone che ha radunato diverse migliaia di appassionati segnando il passaggio da fenomeno underground, di nicchia e legato alla provincia, a qualcosa di più popolare.
Cristian – Hardcore Nation ha segnato sicuramente una svolta. Per la prima volta l’hardcore è stata vista non solo come un fenomeno da club ma come un genere degno di una location come il Forum di Milano. Eravamo agli inizi (il nostro primo Ep è datato Dicembre 1999) e totalmente spaesati di fronte a un palco così enorme. Dopo un periodo di pausa e sull’onda di questo successo anche l’Olanda ricominciò ad organizzare mega eventi, nel periodo 2000 l’hardcore in Olanda era arrivata ai minimi storici, tant’é che molti dei produttori iniziarono a produrre hardstyle, mentre per l’Italia si verificò il fenomeno inverso, ci fu una vera esplosione del genere anche a causa anche delle menate burocratiche che ostacolano la creazione di party come Hardcore Nation.
Oggi c’è ancora molta ignoranza e nel 2017 stiamo ancora combattendo contro quelli che al suono della parola “hardcore” storcono il naso. Ma per fortuna il vento sta cambiando.
Luca – Hardcore Nation il nostro primo grande palco ed in Italia, l’emozione di suonare la nostra musica davanti a tutta quella gente mi ha fatto capire cosa volevo “fare da grande”

Quali sono gli altri locali o eventi d’italia che proponevano hardcore.
Cristian – Nei primi anni del millennio praticamente tutto il nord Italia era hardcore. Molti club, anche commerciali, chiudevano le serate con una o due ore di Hardcore. Anche la scena romana era molto florida. Per qualche motivo il Sud Italia non ha mai visto un’esplosione del genere, speriamo succeda.

E di Milano cosa mi dite, vi capitava di venire a ballare sotto la Madonnina? Oggi che vivete qui sotto la madonnina che ne pensate della notte milanese, dove di hardcore comunque non c’è traccia…
Cristian – Abbiamo iniziato molto giovani, a 18 anni già suonavamo per locali, quindi non abbiamo avuto modo di vivere appieno la movida Milanese. Milano ha un potenziale enorme per quanto riguarda la vita notturna, ma purtroppo per quanto mi riguarda, a parte poche eccezioni, non condivido la scelta musicale proposta da molti locali. Spesso la musica è solo un sottofondo e l’andare a ballare si riduce a una sfilata di “internet celebrities”. Mi piacerebbe vedere una Milano aggiornata musicalmente, dove trovare drum’n’bass a fianco dei classici locali. Recentemente i miei preferiti sono il Magnolia per il bellissimo palinsesto e il Dude per l’atmosfera stupenda.
Va comunque detto che Milano a parer mio sta vivendo una nuova giovinezza. Negli ultimi 2 anni vedo tanti miglioramenti, sta diventando finalmente a dimensione di turista. Rispetto a Brescia l’ho sempre percepita come una città-ufficio, ora spesso uscendo da Garibaldi mi sembra di essere in una piccola New York. E mi piace questa sensazione.

Potrà ritornare la golden age dell’hardcore secondo voi?
Cristian – Sta già tornando. Abbiamo avuto la fortuna di girare il mondo negli ultimi anni, e in ogni paese si sta creando una scena che si consolida anno dopo anno. Il problema dell’hardcore è che è stata per decenni confinata quasi esclusivamente al continente europeo, ora siamo in tutti i continenti. L’Asia e il Sud America sono quelli più promettenti a mio parere.

Come tutti gli estremismi l’hardcore non era vista di buon occhio da media ed era spesso tacciata di essere un genere violento o con un pubblico che non era proprio uno stinco di santo…
Cristian – Che ad una serata hardcore ci sia più energia non è un mistero, anzi, è proprio questo il bello. Molta gente vede questa passione nel ballo o lo stile e l’abbigliamento diversi dal solito e li associa alla violenza. Per esperienza diretta ho visto più casini in locali pettinati che a serate hardcore. Poi come sempre è dovere dell’organizzatore mantenere una situazione pulita ed ordinata, cosa a cui noi come Hardcore Italia abbiamo lavorato per anni. Chi è stato ad E-Mission può capire di che atmosfera sto parlando.

e-mission 10 years of glory

Oggi come mai secondo voi c’è una sorta di rivalutazione di questo fenomeno sempre lasciato un po’ ai margini? Sta diventando perfino fashion: marchi come Dior realizzano video con musica hardcore…. Conoscete il sito gabber eleganza? Pigro su questo sito fa un bellissimo lavoro di archivio e non solo.
Cristian – Credo che, grazie all’avvento della dubstep, dell’EDM e della trap, i suoni più aggressivi siano più accettati dalla gente. Ora anche in radio capita di sentire qualcosa che non sia la solita canzonetta italiana o house e sono convinto che ci sia bisogno di qualcosa che scuota un po’ questa società un po’ inebetita dalla routine.
Luca – Mi fa piacere che inizino a nascere queste manifestazioni spontanee come Gabber Eleganza o GabbaTallion riguardo al modo di vivere dei Gabber e della relativa scena musicale hardcore. Ormai è un genere che ha compiuto i suoi primi 25 anni di vita e tenere traccia della storia è importante. Credo però che ripetere quello che già è stato fatto in passato sia poco stimolante, spero che si usino questi archivi come spunto per creare qualcosa di nuovo ed unico ma senza dimenticarsi delle origini.

Nel corso di quasi anni, prima che l’hardcore tornasse di moda, avete calcato palchi nazionali e internazionali: qual è l’evento che più vi è rimasto nel cuore?
Cristian – Tokyo, ultima data del tour 2017. L’energia che si è creata dentro quella venue è qualcosa che non riesco a descrivere, era come se tutti fossimo un’unica cosa, legati dalla musica. Ho i brividi solo a scriverlo.
Luca – Per me sono due il tour in Giappone con la data di Tokyo, dove dopo il set è iniziato uno spettacolo comico tra noi ed il pubblico: i loro sorrisi non me scorderò mai e la mia amata Mosca.

Pubblico hardcore a Tokyo
Pubblico hardcore a Tokyo
Perché la scelta di queste maschere? A cosa si ispirano? Quando le avete indossate la prima volta e perché avete deciso di portare avanti questa scelta?
Cristian – Le maschere sono arrivate per gioco. Eravamo noi e Nico&Tetta in live a Biasca, Svizzera nel 2001, e a Daniele (Dj Tetta ndr) è venuta l’idea di vestirci tutti nella stessa maniera, in modo da non essere riconoscibili. L’idea ci è piaciuta e l’abbiamo tenuta, rendono il tutto ancora più scenografico.
Luca – Personalmente amo la maschera perchÉ amo la mia privacy e in questo modo pochi conoscono la mia vera identità e può essere anche una sorta di “costume da supereroe” che quando la indosso mi trasformo in Art of Fighters.

Raccontateci di questo nuovo live realizzato con attrezzatura MAVI: cristian so che è una macchina che hai pensato e assemblato tu vero?
Cristian – Erano parecchi anni che pensavo a come cambiare il nostro live-act. Le ho pensate tutte, fino a capire che non mi bastava più la musica. Mentre compongo la mia mente crea paesaggi, situazioni, immagini… dovevo trovare il modo di tradurre i miei pensieri in video ma senza stravolgere la componente principale, ossia che saliamo sul palco per suonare e per fare i dj. Esistono già tanti show dove il video è sincronizzato all’audio, ma richiedono un team di persone per essere messi in atto (VJ, cameraman, tecnici audio e luci), costi e tempi di costruzione elevati. MAVI si assembla in 15 minuti, è modulare, richiede solo una persona e qualche ora di pratica e il risultato è uno show audio-video completo. Il 24 Novembre sarà il primo test su strada della macchina, sono emozionato, preoccupato ed agitato, ma non vedo l’ora di vedere il risultato finale, ci sono voluti quasi due anni di progetti e studio per arrivare a questa realizzazione.

Il suono degli AOF è cambiato nel corso degli anni? So che avete iniziato con lo speedcore….
Cristian – Il suono degli AOF cambia ogni giorno, cambia a seconda dell’umore, dell’età, delle letture…. Credo che l’unico modo per divertirsi lavorando sia quello di sperimentare sempre qualcosa di nuovo, senza mai fermarsi. È lì, da quel caos che nascono le tracce migliori.

Avete già gig in giro per l’Europa? C’è un posto del mondo dove vi piacerebbe tanto suonare?
Cristian – Siamo in tour per tutta l’Europa ormai da circa 15 anni, ma recentemente abbiamo iniziato a guardare più lontano. Siamo tornati recentemente da Hard Island in Australia, ad aprile eravamo in Giappone per il nostro tour annuale e ora stiamo cercando di trovare il modo di arrivare in Nuova Zelanda e Indonesia.
Luca – Hawaii, quello è il posto dove vorrei tanto suonare!

Se non aveste incontrato l’hardcore cosa avreste fatto nella vita?
Cristian – Io credo che avrei incontrato l’hardcore. Comunque sono un “fuoricorso” di architettura, probabilmente avrei finito i corsi e mi sarei laureato.
Luca – Custode del Faro di Byron Bay o in galera come attivista per la difesa dell’oceano ed i suoi animali.

Collezionate qualcosa?
Cristian – Cavi e pensieri.
Luca – Frasi da saggio che non sono e non che poi non seguo.

Chi è il vostro eroe?
Cristian – One Punch Man.
Luca – Mio papà.