Ad could not be loaded.

Cammamoro e il suo fumetto d’esordio “Il giorno perduto”

Scritto da Salvatore Bruno il 11 aprile 2023
Aggiornato il 26 aprile 2023

Quanto davvero riusciamo a capire fino in fondo ciò che caratterizza il nostro essere uomini? A questa e altre domande tenta di dare risposta Il giorno perduto, graphic novel di Cammamoro, alias artistico di Antonio Cammareri, fumettista e illustratore trapanese di stanza a Bologna da quasi dieci anni. 
Dopo diverse collaborazioni con testate come Corriere della Sera, Domani, Linus e riviste indipendenti, oltre che con ong e realtà culturali, inaugura il suo esordio da fumettista e lo fa con la bolognese Oblomov Edizioni.

Perno centrale della storia è l’agire di Antonio Pigafetta, storiografo di bordo e stretto collaboratore di Magellano, tra i pochissimi superstiti della spedizione con cui nel 1519 Magellano tenta di raggiungere le Indie senza circumnavigare il continente africano; dal suo diario, nel quale ha minuziosamente descritto ogni singolo giorno dell’impresa, manca all’appello un giorno. Lo storiografo non sa però che, nel viaggio da Est a Ovest seguendo il Sole, si perdono esattamente 24 ore: inizia così il suo percorso alla ricerca del giorno perduto, una ricerca polifonica tra personale e collettivo, un approdo a nuove consapevolezze e un viaggio tempestoso nella psiche umana tra misticismo e ignoto.

Ho incontrato Antonio in un bar in centro a Bologna in attesa della presentazione del fumetto venerdì 14 aprile alle ore 18:30 alle Serre dei Giardini Margherita, in dialogo con il fumettista Marino Neri (qui tutte le info).

– scorri sulle foto per sfogliar la gallery –

Quando nasce l’idea?

In questo caso nasce prima il concetto che sta alla base della storia. 
Avevo un messaggio da comunicare, ma non una trama. L’idea di immergere tale concetto all’interno di un fatto storico nasce durante una notte insonne. Per non impazzire mi ritrovo a leggere il discorso tenuto da Gabriel García Márquez durante la premiazione al Nobel. In quella conferenza lo scrittore indica il diario di Pigafetta, Relazione del primo viaggio intorno al mondo, come il primo vero esempio di realismo magico. Da quel momento comincio a interessarmi alla figura dello storiografo di Magellano e nel suo diario ritrovo una miscela affascinante fatta di allucinata immaginazione calata in vicende storiche. 
Sono pagine piene di stupore e contemplazione, ma io ci leggo altro: una serie di metafore utili per raccontare il nostro tempo.

Quanto c’è di tua invenzione nella storia?

I personaggi, i loro ruoli e i luoghi toccati dalla spedizione sono tutti fatti storici. Di mia invenzione sono le vicende personali dei singoli personaggi. Alternare, senza far distinzioni, i due piani narrativi mi sembra il modo migliore per dare al lettore la sensazione che storia e fiction abbiano uguale importanza all’interno del libro. Con questo metodo posso far emergere la storia da una parte e il mio carattere dall’altro.

Chi e quali sono i tuoi riferimenti culturali?

La letteratura latino-americana è stata il mio primo amore: racconti corali di un singolo evento, magia quotidiana e personaggi smarriti nelle loro inattaccabili convinzioni sono tutti elementi che ho tentato di trasporre nel fumetto. 
Quelli che chiami riferimenti culturali io li chiamo parti della mia identità. In Márquez mi riconosco, così come mi rivedo in certe pagine di Conrad, nella poetica del cinema di Herzog o in certa pittura francese dei primi del Novecento, Nabis e Gauguin. Ma anche in parte l’Edipo Re di Sofocle, una tragedia dalla struttura narrativa che mi ha sempre tanto affascinato e a cui ho cercato di rendere omaggio tramite il personaggio di Valderrama. 
In certe forme ci riconosciamo come se rivedessimo noi stessi su una fotografia. Oltre ad utilizzarli come strumenti per la storia, tali elementi sono stati trattati come un atto di imposizione identitaria.

C’è un personaggio a cui ti senti più vicino o a cui sei più legato?


In tutti c’è una parte di me. Rappresentano un diverso modo di vedere la storia, ma sono anche i corpi che subiscono la volontà di Magellano. 
Nel fumetto ci sono personaggi che appongono la loro volontà su quella di altri e ciò porta a un dramma; sono una manciata di uomini illusi, convinti, e infine sconfitti da un’ambizione più grande delle loro possibilità. Perciò, mi sento di dire che non è solo il giorno a essere perduto, lo è anche la ragione. 
Metto loro in bocca parole che mi rivolgo quotidianamente: Enrique, per esempio, si chiede se l’uomo cade di fronte alle difficoltà o per colpa della sua natura. 
Io adesso avrei una mezza risposta a tale quesito, ma ai tempi di quando ho scritto il fumetto no.
Oggi la tendenza nei fumetti è quella di mostrarsi, a me invece piace nascondermi dietro ai personaggi storici, un po’ come fanno i bambini che si nascondono non per non essere visti ma per farsi cercare. 
Credo che anche questo sia un modo per farsi cercare e farsi riconoscere. Forse è questo ciò che in fondo cerca ogni autore. O almeno io.

Vivi a Bologna da ormai diversi anni, sin dal primo anno di Accademia. 
Quanto ha influito la città e le tue esperienze qui nella creazione del fumetto?

Sicuramente l’Accademia di Belle Arti ha giocato un ruolo fondamentale per la mia crescita. Conoscere i meccanismi del mondo del fumetto, circondarmi di persone che erano, ognuno a suo modo, delle voci di questo mezzo artistico, mi ha spinto a trovare la mia di voce. 
Poi, non posso non ringraziare tutti i professori che mi hanno dato una mano. In primis Gianluca Costantini (Channeldraw, ndr) , la prima persona che ha creduto in me e che mi ha sostenuto nonostante tutte le mie paranoie. 
Bologna in qualche misura mi ha tolto qualcosa per poi ridarmelo in modo diverso. La nostalgia della Sicilia questa città l’ha trasformata in ricerca artistica.