Di solito il movimento che porta alla cosiddetta fuga di cervelli è quello che va dalla periferia al centro, che si tratti di una dinamica paese-città all’interno di una stessa nazione, o di uno spostamento da una nazione all’altra ragionando su scala (inter)continentale. Negli ultimi tempi si sta curiosamente assistendo a qualche movimento in direzione inversa: è il caso di Edoardo (Suraci) e Vincenzo (Costantino), curatori del festival di arte pubblica contemporanea Altrove, che sono ritornati in Calabria, a Catanzaro, per seguire da vicino e per 12 mesi all’anno la loro creatura. Li abbiamo intervistati in vista dell’edizione 2017 (al via il 20 luglio) e ci siamo fatti raccontare anche del doppio filo che li lega a Roma.
ZERO: Partiamo da qualche mese prima dell’edizione di debutto di Altrove. Come nasce la voglia di realizzare questo festival?
Edoardo Suraci, Vincenzo Costantino: Sicuramente altre realtà già presenti in Italia hanno rappresentato per noi un riferimento: pensiamo al Farm Cultural Park di Favara, per quanto riguarda la filosofia d’azione su un territorio vergine, e al Mura Mura Fest del 2013, che ha fatto scattare la molla e ci ha fatto capire che anche in Calabria si poteva fare qualcosa del genere.
Quando avete deciso di impegnarvi in tutto e per tutto per realizzarlo?
Il primo festival c’è stato a maggio 2014, il progetto è stato visionato in Comune a novembre 2013 e già a gennaio la line up degli artisti era chiusa. Da quel momento in poi non abbiamo mai pensato di non potercela fare.
Qual è il vostro racconto della prima edizione?
Ogni volta che pensiamo alla prima edizione ci viene sempre in mente la scena del live painting di Sbagliato e Domenico Romeo, dentro il cantiere/quartier generale: eravamo circa 50 persone, Luca Gentile passava musica stellare e c’è stato un momento in quell’ora di estasi in cui ci siamo guardati e abbiamo realizzato che stava succedendo davvero.
Svelateci un piccolo segreto, che in realtà segreto non è: quali sono i passi che di norma si fanno per realizzare delle opere su muro?
Si parte sicuramente dall’individuazione dei siti e già su questo si apre un capitolo enorme, perchè in ogni sito si possono raggiungere determinati obiettivi e non altri. Una volta scelto il dove, si passa all’azione e si parla con chiunque: proprietari, abitanti del quartiere, condomini, comune per l’autorizzazione e organizzazione logistica dell’intervento. Firmato tutto si scende in strada e si “pitta”. E quello che succede lì è sempre diverso ed entusiasmante.
Chi erano gli invitati della prima edizione e che lavori hanno fatto?
Già dal primo anno, su 12 artisti invitati la metà era l’avanguardia degli astrattisti italiani, una scelta che ha poi caratterizzato anche le due edizioni successive. A loro si aggiungevano artisti locali che già lavoravano da tempo sul territorio. I lavori sono stati tutti realizzati su parete, oltre a un intervento di Massimo Sirelli sui frangiflutti del porto che è diventato cartolina di Catanzaro per il 2014.
Quali sono gli invitati di questa edizione 2017 e che tipo di lavori proporranno?
Per quest’anno gli artisti saranno 3ttman (FR), Alfano (IT), Andreco (IT), Gonzalo Borondo (SP), Ciredz (IT), Dilen Tigreblu (IT), Jorge Pomar (Amor) (AR) e Quiet Ensemble (IT). Sarà un’edizione molto diversa dalle altre, sia per estensione che per interventi. Tutto sarà realizzato nel centro storico di Catanzaro e già questa scelta ci ha imposto un approccio differente rispetto alle operazioni fatte in passato. Dal 20 luglio in centro troverete opere su vetro, installazioni site specific, laboratori creativi per ragazzi con disabilità, installazioni audio/video, sculture in cemento e in ferro e opere su parete in cemento inciso. Un festival di street art senza muri per intenderci, in fondo è da un po’ che parliamo di arte pubblica contemporanea.
Ci sarà anche una parte musicale, chi la cura?
Sì, come ogni anno ci sarà anche un cartellone musicale. Abbiamo sempre organizzato una programmazione di eventi, con l’intento di creare dei momenti di condivisione fra artisti e fruitori, in un luogo aperto e familiare. Quest’anno questa sezione prende corpo in maniera molto più grande ed è curata da Fabio Nirta, storico produttore e “innovatore” calabrese. Dal 20 al 22 luglio verranno a suonare i Ninos Du Brasil, Dardust, Bamboo, Matteo Vallicelli e altri molto forti. Tutto nelle piazze del centro, all’aperto, gratis, con il mare a 15 minuti.
Come ha reagito la città? Immagino bene visto che siamo alla quarta edizione, ma mi piacerebbe sapere com’è stato accolto questo festival e come la popolazione ha cambiato la percezione nel tempo.
La città ha accolto la cosa così bene che abbiamo deciso di rientrare a vivere a Catanzaro per far crescere il progetto dopo il primo festival. Chiaramente adesso la percezione è evoluta e con noi è cresciuta anche la città. Oggi per strada si parla di arte contemporanea come una volta si faceva solo per il calcio. Qui da noi in galleria arrivano di continuo ragazzi che vogliono fare esperienza nel campo e molti di loro stanno tornando a vivere qui proprio per questo.
Mi sono trovato a parlare diverse volte con organizzatori di rassegne legate all’urban art o con gli artisti stessi coinvolti, e ogni volta i racconti che mi hanno fatto più sorridere – e al tempo stesso mi hanno dato un’idea della genuinità dell’iniziativa – sono i dialoghi con gli abitanti dei palazzi scelti, specie se si tratta di persone anziane. Ci raccontate una conversazione che vi è rimasta impressa nella memoria?
Assuntina, una signora di quasi 90 anni che abita vicino il muro su cui Clemens Behr ha lavorato nel 2015. Mentre Clemens lavora si avvicina a noi, passo lento e bastone in mano. Si ferma, ci guarda, indica il disegno con lo stesso bastone e dice solo una parola: «Architettonico!». Noi quasi increduli l’abbiamo abbracciata, perché in quel momento abbiamo capito quanto Catanzaro avesse sottovalutato i suoi cittadini.
Il vostro quartiere generale è Catanzaro, ma siete anche attivi su Roma. La considerate una seconda casa?
Una seconda casa, esatto. Abbiamo lavorato con tanti artisti romani o con base a Roma, da lì sono iniziati rapporti, di fiducia prima e di amicizia poi, che ci hanno permesso di sentirci sempre a casa.
Ci sono due progetti collaborativi che avete realizzato qui a Roma. Qual è il vostro racconto di ognuno dei due? Partiamo dal primo: Eterotropia, in collaborazione con Ex Dogana.
Eterotopia è un progetto espositivo curato da Studio Volante e partito proprio a Roma, negli spazi dell’Ex Dogana. Ci siamo accordati con la curatela per riproporre il progetto in uno spazio completamente diverso: un palazzo di fine ‘800 in pieno centro a Catanzaro. L’idea ha funzionato molto e in 12 giorni di esposizione abbiamo registrato più di 4.000 presenze, un successo pazzesco per la nostra città.
Il secondo è Abstractism, in collaborazione con la galleria Varsi.
Il progetto Abstractism invece è stato la prima occasione per esportare il lavoro enorme venuto fuori dalle prime tre edizioni del festival, attraverso l’organizzazione di una collettiva di 21 artisti. La scelta della Galleria Varsi è stata semplice, visto il rapporto umano e lavorativo già in essere con Massimo e Chiara, che ne gestiscono gli aspetti logistici e curatoriali.
Tra l’altro, proprio in collaborazione con Varsi proporrete una personale di Borondo in occasione dell’edizione 2017 di Altrove. Che lavori saranno esposti?
La mostra di Borondo racconta il processo di un’impresa: la realizzazione di Aria, un’opera d’arte monumentale che ha visto la luce in soli quattro giorni (e notti) di lavoro. In mostra ci saranno due opere inedite dell’artista spagnolo e i telai per la stampa in serigrafia, ancora sporchi della vernice utilizzata per Aria.
Ci sono stati altri progetti che avete realizzato qui a Roma?
Oltre ad Eterotopia e Abstractism no, ma abbiamo già qualcos’altro in mente.
Che ne pensate del panorama romano rispetto all’urban art?
Abbastanza oltre il livello di saturazione.
Quali sono gli artisti attivi su Roma che vi piacciono? Quali avete già invitato e quali vorreste invitare?
Come già detto prima, ce ne sono tanti con i quali abbiamo già lavorato. Penso subito a Sbagliato, Sten & Lex e Andreco, ma anche a Tellas e Borondo che a Roma si sono formati artisticamente o l’hanno scelta come città in cui vivere.
Ci sono rassegne “sorelle” di Altrove con cui collaborate e cercate di fare rete?
Abbiamo tanti amici che fanno cose che ci piacciono. In ambito artistico penso subito a Viavai in Salento, Incipit a Sapri, lo spazio Ritmo di Catania, Festiwall di Ragusa, per citare alcuni supereroi del Sud Italia. Quest’anno partiamo con una comunicazione intrecciata con Frac Festival, Color Festival e Guarimba, altre tre organizzazioni calabresi che insieme a noi, nel giro di un mese, propongono una Calabria contemporanea e sperimentale a cavallo tra luglio e agosto. Poi ci sono altre organizzazioni che per noi sono punti di riferimento, come il già citato Farm Cultural Park e Periferica in Sicilia. Ma ne dimentichiamo tante altre: in Italia e soprattutto al Sud stanno succedendo belle cose continuamente.
Tornando ad Altrove, una delle sezioni che più incuriosisce è quella dell’arredo urbano, ce ne potete parlare?
A Catanzaro sono passati diversi studi di architetti/falegnami/designer. Prima Rudere dalla Sicilia, poi una loro fetta, poi ancora Orizzontale di Roma e per la quarta edizione tornerà GRRIZ, collettivo che in pratica si è formato proprio qui a Catanzaro. Ci piace trasformare completamente i luoghi che tocchiamo, per ridefinire nuovi usi e suggerire una visione possibile. Dobbiamo dire che finora ha funzionato.
Cerco di scucirvi qualcosa: qual è l’opera più bella tra quelle fatte finora? E quella a cui siete più legati?
È una domanda difficile. Sono state fatte più di 40 opere e tutte sono un pezzo della nostra vita, non saremo mai abbastanza lucidi per poterne scegliere una.