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Emiliano Maggi

Intervista a Emiliano Maggi, in occasione della sua mostra alla galleria Operativa Arte Contemporanea di Roma

Scritto da Nicola Gerundino il 20 giugno 2015
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Lo scorso aprile a Roma, alla galleria Operativa Arte Contemporanea, ha preso il via un ciclo di mostre un po’ atipico: tre giovani artisti italiani per altrettanti momenti espositivi di neanche un mese l’uno. Il ciclo si chiama “Due o tre cose che piacciono a me” e Zero ne è stato media partner, raccontando ogni singola esposizione e intervistando i tre artisti protagonisti. La prima chiacchierata l’abbiamo fatta con Emiliano Maggi.

Zero: Iniziamo dalle presentazioni anagrafiche
Emiliano Maggi: Emiliano Maggi, Roma, 1977.

Ti ricordi il primo lavoro che hai esposto e il primo brano che hai composto?
“Freddy”, maschera in ceramica, “Il laboratorio dello Stregone”, composizione per flauto.

Gli ultimi che hai portato a termine?
“The Nymph Song”, un’installazione: una chitarra elettrica montata su un albero al Mona Museum in Tasmania.

A cosa stai lavorando o lavorerai nel futuro più immediato?
La coreografia, i costumi e la musica per un’opera teatrale.

Emiliano-Maggi-Danse-Royale-2015-operativa-arte-contemporanea-roma
 
Con il tuo lavoro “Danse Royale” si è aperto il ciclo “Due o tre cose che piacciono a me” alla galleria Operativa, puoi raccontarcelo? Chi o cosa ti ha dato l’ispirazione?
La grande casa in campagna, un ballo notturno nato da un lungo banchetto con mia madre, mio padre e zio. Costumi di altri tempi, io e un organo. Ricordi legati a passi di danza, maschere e buio. Tutto è legato al semplice bisogno di documentare condividere e fermare nel tempo le tradizioni, abitudini, spiriti e demoni.

Hai curato anche la regia del video? Che camera hai usato?
La regia nasce spontanea e in modo totalmente naturale. Dal momento in cui la camera registra, inizia la regia.
L’opera nasce dal momento, da quella particolare situazione dove i personaggi casualmente mettono in scena la loro storia. Ho usato una Canon G11 e una strobo light.

Immagino che hai realizzato anche i costumi e le maschere che indossano i personaggi nel video, si ispirano a qualcosa in particolare?
La possessione è sempre presente. I costumi e le maschere sono lo strumento per la possessione. Escono dalla collezione dei miei genitori: un infinito archivio raccolto negli anni, fin dagli anni 60. Una famiglia di truccatori, parrucchieri e costumisti nella tv, nel teatro e nella vita di tutti giorni. Sono cresciuto nel travestimento, quello che ti porta oltre, che ti fa vedere e che mai ti nasconde. C’è l’uomo selvaggio vestito da Pierrot, la strega Inuit che veste “Via col vento” e il goblin nero che indossa Liz Taylor.

Dove prendi di solito i materiali per i tuoi lavori?
Il materiale è il lavoro. Nasce da un tronco o un pugno di creta e rimane lì. Se ha bisogno di un percorso più lungo il materiale può arrivare da qualsiasi fonte, ma la più importante.

Ti ricordi quando e come è iniziata la tua fascinazione per maschere e costumi?
C’e’ una lista infinita legata a volti, film e situazioni. E la lascio aperta proprio perché infinita.

Nelle volte che ti ho visto suonare, come Estasy o con altri progetti, non hai mai indossato due volte lo stesso abito e la stessa maschera: li conservi tutti? Prima o poi li trasformerai in una mostra?
I costumi di Estasy sono legati a momenti e cambiano in continuazione. Vengono tenuti in vita, ma molte volte assumono modifiche e cambiamenti per poi essere deposti in studio. Non muoiono mai. Sempre pronti per tornare vivi in concerti, performance o mostre.

Allargando la conversazione alla città: com’è lavorare con l’arte contemporanea a Roma?
Ci sono delle vere realtà, l’arte c’è ma non è facile. Roma è unica e per questo difficile. Piena di fantasmi.

Cosa le manca per fare il salto di qualità?
Open mind and fun

Cosa ha in più, invece?
Anima e fantasmi

Come immagini l’arte contemporanea a Roma tra 5 anni?
Spectaculare

C’è qualcosa in particolare che ti lega a Roma e che influenza le tue opere?
Tutto, ma ultimamente molto la famiglia.

Se dovessi spiegare tu e i tuoi lavori scegliendo qualcosa di Roma, cosa sceglieresti?
Cinecittà, sempre.
 
Gli studi di Cinecittà
 

Qual’è il tuo scorcio preferito della città?
Tutto quello che rimane incastrato tra i sampietrini.
 
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Il luogo di Roma dove ti piacerebbe suonare o esporre?
La loggia con ninfeo nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.
 
Il ninfeo
 

Un’artista romano?
Damis Vizioli, per tutte le tecniche che mi ha insegnato.

Che dischi stai ascoltando ultimamente?
Morricone tutto. Gospel tutto. Ozzy tutto.
 
Ozzy