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La notte secondo Emily Clancy

Dal rapporto con la vita notturna agli intrecci tra politica e cultura fino all'amore per la zona universitaria. Ecco come la vicesindaca vuole governare la notte.

quartiere Zona Universitaria

Scritto da Salvatore Papa il 2 novembre 2021
Aggiornato il 4 novembre 2021

Foto di Margherita Caprilli

Luogo di nascita

Bologna

Luogo di residenza

Bologna

Attività

Attivista, Politica

Non sappiamo ancora se sarà lei oppure no la Sindaca della Notte, ma sono anni che Emily Clancy insieme al suo partito, Coalizione Civica, sostiene la necessità di dedicare alla notte una figura politica di riferimento sulla scia di altri esperimenti già attivi in alcune capitali europee. E, infatti, appena eletta oltre a diventare la nuova vicesindaca di Bologna è riuscita a ottenere anche la delega all’economia della notte, insieme a molte altre (Casa; Emergenza abitativa; Abitare collaborativo e cooperativo; Assemblee per il Clima; progetto comunità solari e ufficio clima; Pari opportunità e differenze di genere, Diritti LGBTQIA+, Contrasto alle discriminazioni, Lotta alla violenza e alla tratta sulle donne e sui minori).

Questo pallino della vita notturna non è solo uno dei suoi argomenti elettorali, ma fa anche parte della sua vita e dei suoi interessi da sempre, essendo lei stessa selecter e grande appassionata di musica.

Ci siamo, quindi, fatti raccontare cosa succede ora e perché sia così necessario governare la notte, oltre ad alcuni aspetti personali che intrecciano il suo impegno politico.

 

Partiamo dall’inizio: cos’è una sindaca della notte e cosa si intende per notte?

La Sindaca o il Sindaco della notte, a Londra è stata chiamata anche la Night Czar, è una figura dedicata alla vita notturna cittadina per creare politiche virtuose di gestione dello spazio pubblico di notte, in un’ottica di mediazione e di reciproco ricoscimento di esigenze diverse.

Cos’ha la notte di Bologna che non va e che va?

Un tempo Bologna veniva scelta anche per la qualità della sua offerta culturale notturna, per la sua immaginazione, per le sue controculture. C’erano molti spazi da vivere e da condividere, dove incontrarsi e produrre pensiero.
Oggi siamo più poveri di luoghi e non sempre quelli che abbiamo vengono condivisi in armonia. Il dibattito legato alle piazze è ciclico, si sono stratificate una serie ordinanze restrittive e sono mancati però i risultati.
La notte ha delle sue specificità che vanno prese in gestione, non nascoste sotto al tappeto per poi lamentarsene quando la situazione è esacerbata.

Perché è necessaria una delega all’economia della notte?

Per affrontarne i problemi e valorizzarne le potenzialità. Abbiamo bisogno di monitorare le condizioni di lavoro notturno, operare per la promozione di eventi e luoghi di cultura, implementare il trasporto pubblico notturno, mettere in campo politiche di riduzione del danno, prevenzione, informazione e uso consapevole delle sostanze stupefacenti, campagne per una sessualità sicura e consapevole.
Possiamo promuovere protocolli con esercenti e forze dell’ordine per prevenire molestie e aggressioni nei luoghi della vita notturna, come ha fatto Barcellona lavorando sui safe space e sulla prevenzione delle molestie nei grandi festival.
La notte è un momento di grande creatività: pensiamo a quante competenze ci sono in un grande concerto. Dalla musica alla moda, dall’ingegneria del suono alle luci, dalla progettazione economica alla programmazione culturale. Un mondo di competenze di lavoratori e lavoratrici che si intrecciano mentre chi lavora di giorno è spettatore e fruitore di un momento che si è ritagliato, dopo le fatiche di una giornata.
C’è una potenzialità di scambio e arricchimento costante fra soggetti diversi.

Come imposterai il tuo lavoro in questo senso?

Vorrei sviluppare la declinazione bolognese di questa figura guardando sì alle altre città nel mondo che l’hanno istituita prima di noi ma allo stesso tempo trovando una soluzione che funzioni per la nostra città, per il suo centro e per le sue periferie. Per far questo voglio avvalermi di metodi orizzontali, incontrando tutti i portatori d’interesse della notte: dagli operatori e operatrici della cultura ad autist* e tassist*, dai residenti ai ristoratori, dai performer agli operatori ecologici alle varie fasce di età che vivono con modalità diverse quella stessa porzione di giornata.

Una delle caratteristiche più belle della notte - credo - è che molto nasce e succede senza i vincoli del giorno ed è infatti proprio durante la notte - come spesso si dice - che vengono le idee migliori. Tentare di governarla non rischia di ridurne la carica immaginativa?

La sfida sarà governarla valorizzandone le sue specificità: incentiviamo la produzione culturale notturna, usiamola per dare una nuova accezione alla parola sicurezza. Come ci dicono i movimenti femministi: le strade sicure le fanno le donne che le attraversano.

Tu che rapporto hai con la notte?

Non sono quella che i miei concittadini definirebbero una biassanot, generalmente mi sveglio presto. Ma la notte la conosco bene, perché accanto ai miei studi giuridici e alla politica ho sempre nutrito una passione per la scena culturale. Ho fatto radio, teatro, la barista nei locali, metto ancora i dischi… meno di un tempo, per via del periodo storico e degli impegni ma sono contenta di continuare a farlo.

 

Vivi in zona universitaria, dove la notte è un tema importantissimo e parte dell’identità del quartiere. Cosa ne pensi dell’annosa questione?

Sono cresciuta vicino a via Mascarella che per me è la via più bella di Bologna. È una micro città: ci sono i negozi di vicinato, le botteghe, librerie, il cinema, club e ristoranti.
Ho scelto di tornare ad abitare in questa zona, il cuore pulsante dell’ex quartiere San Vitale, perché c’è tutto: dalla famiglia operaia agli studenti fuori sede, giovanissimi e anziani, professionisti e precari, nazionalità diverse che si incontrano nella scelta di essere Bolognesi.
Abbiamo un tema reale di spaccio e di convivenza ma anche un’opportunità storica di affrontare questi problemi in un’ottica nuova, rifiutando retoriche securitarie. Non voglio far parte di una società che chiama degrado il disagio in nome del decoro.
Dobbiamo affrontare la criminalità ma anche indagarne le cause, fare inchiesta sociale, tutelare le marginalità con una cultura della legalità democratica.

Quali sono invece i luoghi del tuo quartiere che ami di più?

Le piccole librerie indipendenti, i locali dove ti puoi sedere anche al banco e il barista conosce il tuo ordine, il parco della Montagnola. Ricordo con affetto la cucina palestinese del caffè della pace del Dott. Jamil, recentemente scomparso. Guardo con interesse alla nuova scuola di teatro del maestro Bianco in Majorana.

Come i tuoi interessi culturali hanno influenzato il tuo impegno politico? E quant’è importante la cultura per la politica?

Non saprei come altro rispondere a questa domanda se non dicendo che sono letteralmente cresciuta a Radio Città del Capo, un crocevia dove si incontravano meravigliosamente cultura, informazione indipendente e politica.
La cultura non solo è importante per la politica ma talvolta è politica.
Recentemente ho visto Lingua Madre di Lola Arias all’Arena del Sole: non saprei dirti qual era il confine fra cultura e politica, ma so che chi fa politica ha bisogno di nutrirsi di cultura per farla al meglio. Cerchiamo di rappresentare quello che si muove nella società, la cultura lo racconta e lo esprime.
I punti di contatto sono infiniti.
Con il mio compagno Federico abbiamo un programma su NeuRadio in cui ci piace passare la musica di chi afferma i diritti di tutte e tutti.
Cito ancora una volta un adagio femminista: se non posso ballare, non è la mia rivoluzione.

Quale consiglio ti ha portato l’ultima notte?

È stata la notte prima del primo consiglio comunale di questo nuovo mandato e mi ha portato serenità, dopo qualche giorno in cui mi ero sentita un po’ sopraffatta dalla quantità di bisogni a cui dovremo riuscire a dare risposta. Mi sono rasserenata perché ognuno deve fare il suo pezzetto, so di non essere sola e di far parte di una squadra che non vede l’ora di lavorare per il bene di Bologna. Questa città ha un grande potenziale inespresso, a noi l’onere e l’onore di provare a farne la città meno diseguale d’Europa.