Via Gola: basta pronunciarla e tutti hanno già un’idea bell’è pronta, tutti pensano di sapere già bene o male tutto, ma c’è chi certamente sa raccontarla come si deve, come la via che è – e non è quella che pensate. I GL27, i Golas Locos, sono un collettivo di trappers che non solo prende il nome dai propri luoghi e dai propri civici, ma li rappresenta al meglio: sono portavoce e salvagente di questo luogo che «se Milano fosse l’America via Gola sarebbe Atlanta di certo».
Come siete nati?
Guero27: Siamo dei ragazzi di quartiere, che come tutti cercano di trovare vie alternative a quello che poi è la realtà dei fatti. Chi fa fatica a trovare lavoro, chi non lo trova proprio, chi si trova costretto a fare determinate cose per sopravvivere. Qua in mezzo noi abbiamo trovato la musica. Ci siamo uniti due anni fa. GL27 sta per Golas Locos 27, che è il numero civico del cortile dove uscivamo, in cui ci siamo conosciuti e siamo cresciuti insieme. In questi due anni abbiamo fatto un bel po’ di progetti che sono usciti su YouTube e su Spotify, due EP, c’è una bonus track di Rako che si intitola Oh mamma, e ognuno di noi ha fatto qualche singolo a parte. Non ci siamo voluti chiudere nell’idea di collettivo, anche perché in fondo abbiamo tre stili molto diversi tra loro. NegroGRT ha un bel flow americano, molto ondeggiante, Rako è il ritornellaro che fa le melodie che ti entrano in testa, le hit, mentre io preferisco la rappata vecchio stile, più metrica e cadenzata.
Via Gola è ovviamente lo snodo attorno e attraverso il quale si raccontano tutte le vostre storie, che cos’è questa zona per voi?
Rako: Beh, questa è casa nostra. Molto di quello che abbiamo imparato e che abbiamo visto viene da qua, da questo quartiere, e filtrato da cosa succede dentro e fuori. Qua abbiamo scelto di essere delle voci della speranza. Di dare a chi non vede un futuro qualche possibilità di credere in qualcosa, come la musica, una ragione tra tante di intravedere una via di fuga. E si tratta anche di sentirsi rappresentati da un quartiere per intero, e della possibilità di essere esempio per gli altri, cercando di far capire che non importa da che parte arrivi, non importa che arrivi dal basso.
Guero: E infatti una cosa che riteniamo molto importante è avere il supporto delle persone che abbiamo intorno, del nostro quartiere, di chi ci conosce anche fin da bambini. La questione è per certi versi essere un portavoce di una zona, ma anche un salvagente per gli altri.
Tra tutto quello che si dice, si è letto e si legge, ci hanno anche raccontato della realtà di quartiere, solidale, che sopravvive in via Gola.
Guero: Beh, io qua ho una seconda famiglia. Ho i miei fratelli, e dico così perché ci siamo sempre l’uno per l’altro, a priori di tutto. Si litiga, si scazza, ma come nelle famiglie normali si sistema tutto. Poi vivendo quelle dinamiche lì cresci abituato alla vita collettiva, solidale, quella dei pranzi in cortile, in strada, delle tavolate, che sono dinamiche non c’entrano un cazzo con l’immagine da ghetto che Milano ha di questo posto. Pensa che gli spaccini dell’angolo abitano pure da un’altra parte, vengono qua semplicemente per stare appresso al Naviglio. Molta della gente che ci abita non c’entra nulla con questa merda, sono persone che si fanno il culo in quattro per campare, altro ché.
Quanto è difficile raccontare una zona così senza essere fraintesi?
Guero: Bisogna anche stare attenti a non fare cazzate, proprio perché sei il primo che ci rimette, il primo a cui il dito puntualmente punta. Non è facile, però si fa, è casa nostra, la nostra famiglia. E dentro a Via Gola, essendo nati e cresciuti qua, siamo sempre stati supportati. Ci vogliono bene. Quando abbiamo girato i video nel cortile sono scesi tutti, comprese le famiglie, i bambini con le madri, come nel video di Khoya, che è il pezzo un po’ più significativo che abbiamo scritto. C’è anche un tentativo lì, di portare a galla una realtà di quartiere che avviene all’interno del cortile un po’ fatiscente, che è un modo come un altro per smontare i pregiudizi che spesso si hanno sulla realtà di via Gola.
NegroGRT: Perché qua pensano che tutti siano spacciatori o criminali, ma in verità stiamo parlando di famiglie.
Guero: E comunque bisogna dire che è anche un problema di controllo e di densità. Non c’è posto a Milano e nei dintorni, nella periferia, che abbia tassi di occupazione come quelli di via Gola. Scale intere occupate, capito? Si tratta di una zona da sempre lasciata a sé stessa, e solo ora che si sono svegliati stampano articoli su articoli, come se non ci fosse un domani. Bisogna metterla a posto, riqualificare la zona, e la si mette sulla bocca di tutti. Quando ero piccolino io era ancora peggio di adesso, pensa. Ci hanno messo pure il Sert, una beffa a rincarare la dose.
Parliamo infatti di una zona anomala, nel senso che è una periferia nel bel mezzo della città.
Rako: È una zona talmente bella da apparire brutta, spezzata in due. Un quartiere con due volti ben distinti: da una parte la patina dei locali, la folla, la cartolina, e subito il retrobottega, via Gola, da cui comunque il frequentatore della folla dei Navigli passa piuttosto spesso. E ci scherziamo spesso su questa faccenda, perché è come se il ponte dividesse due zone ben distinte, il fronte e il retro della cartolina.
Guero: Qua non siamo a Barona, Baggio o Quarto Oggiaro, non siamo LA periferia, ma una zona che ha subito disattenzioni, poche cure, e non in un quartiere qualunque. Siamo tra i Navigli, uno dei luoghi più riconosciuti e fighi della città.
Questa doppia faccia torna in continuazione, in fondo nel corso degli anni l’immagine di via Gola è sempre rimasta in una cornice criminosa, per una ragione o per l’altra.
Guero: La zona è quello che è, ma di certo subisce un po’ di ingiurie mediatiche, che è un eufemismo negli ultimi periodi. È una via decisamente criminalizzata, molto spesso a sproposito e in malafede. Pensa che secondo un recente articolo saremmo in galera. Al gabbio, per una rapina. Raccontava di “giovani trapper di 17 anni componenti dei Golas Locos”, e se vogliamo lasciare da parte il fatto che non abbiamo quell’età, dovremmo quantomeno considerare il fatto che non siamo noi e chiunque fossero non avevano niente a che fare con Golas Locos. Sono chiacchiere, che non si capisce bene fino a che punto siano fraintendimenti e quando sfocino invece nell’intenzione, nella malafede. Abbiamo pure pensato di far partire una querela. Pensa che a Rako l’hanno definito “trapper abusivo”. Ma di che stiamo parlando? Sarà anche per la nomea che via Gola s’è fatta negli anni, ma c’è un accanimento gratuito su tutto ciò che la riguarda. Un capro espiatorio su cui, guarda un po’, ci si accanisce proprio nei mesi precedenti ai progetti di riqualificazione della zona.
Rako: C’è la sensazione che si stiano accanendo genericamente su Via Gola, e in secondo luogo su tutto ciò che la rappresenta, compresi noi. Pensa che hanno scritto che rappresentiamo la criminalità della zona. Questo pensano. Secondo me se uno abitasse in San Babila o in Moscova non si sarebbero accaniti così tanto. E questa è la discriminazione che trovi su alcuni quartieri, dove ti guardano con occhi diversi, ti considerano con sospetto dal principio. Non è uguale per tutti.
Un pezzo che affronta questi temi e che consigliate a chi non conosce bene queste realtà?
Rako: Oh mamma racconta proprio questo. Di quello che mi è successo, dello sfratto, di cosa hanno raccontato i giornali, di come hanno strumentalizzato quel momento.