Saremo pure un popolo di navigatori pronto a salpare in qualsiasi punto dei cinque continenti alla ricerca di un impiego retribuito il giusto; saremo anche un popolo che non riesce a valorizzare quello che ha e punta costantemente l’indice verso l’erba più verde del vicino, ma di gente che in Italia vive la contemporaneità e lavora (bene) con la contemporaneità ce n’è, e anche parecchia. Ma come si fa a non farsi sopraffare dalle due dinamiche sopra elencate? Contandosi, incontrandosi e facendo rete. Questo è l’alveo in cui si muove ITALIANISM: una conferenza, un’assemblea, degli stati generale – decidete voi che termine usare – dove i protagonisti della scena e cultura visiva italiana si incontrano. L’ideatore e direttore di ITALIANISM è Renato Fontana e abbiamo deciso di intervistarlo in vista della terza edizione della rassegna, in programma all’interno di Outdoor il prossimo 22 ottobre.
ZERO- Immaginiamo di essere alla prima lezione di un nuova materia scolastica e partiamo dalla domanda basilare, che forse potrebbe essere la più complicata a cui rispondere: che cos’è la cultura visiva?
Renato Fontana: Do a questo termine un’accezione molto ampia, sia rispetto alle aree che lo compongono – fotografia, grafica, illustrazione, street art, digital, e potrei continuare con un elenco molto ricco e articolato – che al loro profilo – fine art, pop, commerciale. Per me è principalmente una cartina al tornasole della contemporaneità. Analizzare il visivo significa capire meglio il presente. Ancora di più se lo si collega al tema dei media.
In un’epoca in cui le immagini circolano più dei soldi, è ancora possibile parlare di specificità nazionali?
È certamente più difficile trovare delle particolarità locali, ma comunque esistono ed è importante averne coscienza e approcciarle con curiosità e rigore. Il gioco si sposta, semmai, sul piano della contaminazione degli stili e dei linguaggi, che porta a risultati pressoché infiniti.
Se dovessi identificare le specificità della cultura visiva italiana, quali sarebbero?
I riferimenti alla tradizione e alla storia, che sono il nostro humus culturale. Abbiamo però quasi sempre il piede sul freno: il paese è un po’ immobile e in loop anche dal punto di vista creativo. Pochi graffi, buona esecuzione ma meno originalità di pensiero e visionarietà in grado di stupire.
In generale, una volta il Made in Italy era un qualcosa di ben identificabile, i suoi confini sono ancora così netti? Esiste un Made in Italy 2.0 e che specificità ha?
Noi dall’inizio abbiamo voluto utilizzare la formula “Made by Italians” per indicare che il luogo geografico di provenienza è ancora più importante del luogo in cui si opera. Siamo convinti esista un DNA italiano, che si possa propagare anche all’estero. E si traduce, tra l’altro, con passione, flessibilità, velocità di risposta, stile e capacità manuale.
Come e perché nasce ITALIANISM? Con quali premesse e con quali obiettivi?
ITALIANISM è una conferenza creativa e un luogo di incontro della nuova scena visiva italiana, giunta alla sua terza edizione. L’obiettivo è quello di tracciare un quadro della produzione contemporanea: giovane, originale e di qualità. Di fare network e sistema attorno ad essa, sia che si sviluppi nel nostro territorio che all’estero. I valori di riferimento sono quelli dell’eccellenza ideativa ed esecutiva, della reputazione e della capacità di competere con il panorama internazionale.
Come nasce la collaborazione con Outdoor e su che punto vi siete incontrati?
Abbiamo la stessa visione sulla creatività, sulla gestione etica del lavoro e una forte passione verso ciò che facciamo.
Qual è stato il lascito personale di queste prime due edizioni?
La creazione ex novo di un network e di una piattaforma di qualità.
L’edizione 2016 avrà come tema “Il design della parola”. Ritorniamo alla un po’ prima domanda allora: che cosa è il design della parola?
Il programma prevede una riflessione sul tema del rapporto tra testo e immagine nella società contemporanea. Un esperimento verbale e visuale, in cui parola e design si ispirano reciprocamente. Avremo il patrocinio dell’Accademia della Crusca.
Cosa succederà in questa edizione 2016? Puoi presentarcela brevemente?
In sintesi: 9 relatori sul palco, una mostra con 100 poster di altrettanti artisti/professionisti del visivo, 4 concerti e una sorprendente interazione tra cibo e lettering.
Come hai scelto i partecipanti, cosa hai cercato in ognuno di essi?
Amo intrecciare esperienze, linguaggi e dati anagrafici differenti. Alla base, però, ricerco la competenza e la reputazione nei rispettivi campi di azione. Vedremo quindi dibattere dal vivo Cosmo, Monica Fabris, Alex Giordano, Amir Issaa, Nicola Lagioia, Valentina Parasecolo, Giuseppe Patota, Patrizia Ravaioli e Annamaria Testa. Ognuno di loro proporrà le proprie dieci parole, coadiuvato dai commenti visivi di decine di professionisti e artisti italiani.
Dieci Parole è anche un progetto speciale di ITALIANISM, ce lo puoi raccontare?
Abbiamo lanciato il contest il 20 settembre e abbiamo ricevuto oltre 500 artwork in poco più di 20 giorni. Un successo al di là delle aspettative. L’invito era rivolto a chiunque volesse interpretare con un contributo originale dieci parole selezionate dall’Accademia della Crusca fra quelle che possono identificare l’Italia, l’italiano e gli italiani in tutto il mondo. Hanno partecipato persone diverse per età, esperienza, professione, interessi culturali e provenienza geografica. Esporremo i venti lavori ritenuti di eccellenza in occasione della conferenza. La gallery di tutti i lavori è presente su Facebook e Instagram.
Hai già in cantiere la quarta edizione di ITALIANISM?
In fase di organizzazione di questa edizione, ho avuto una folgorazione per un tema: è prematuro parlarne, ma il taglio che ho in mente per il futuro ha una dimensione internazionale.