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Simona Larghetti

«Sogno una città in cui essere distratti non sia un lusso che costa la vita»

Scritto da Salvatore Papa il 8 settembre 2015
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Foto di Francesca Cervellati

Dell’inaugurazione di Dynamo, la prima velostazione di Bologna, ne abbiamo già parlato, ma vi abbiamo detto poco su chi c’è dietro e ha reso possibile questa grande svolta per il futuro ciclabile della città. Chi gestisce tutto è Simona Larghetti (foto in alto), presidente di Salvaiciclisti-Bologna, l’associazione che grazie al bando Incredibol realizzerà il progetto. Simona ci ha raccontato cos’è successo e cosa succederà. Voi, se la incontrate per strada, stringetele la mano o, meglio, scampanellatele.

(le foto sotto sono di Stefano Scheda, il ritratto sopra di Francesca Cervellati)

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ZERO – Cos’è Salvaiciclisti-Bologna?

Simona Larghetti – È un’associazione di promozione sociale. Siamo nati nel 2012 sulla spinta della campagna nazionale #salvaiciclisti, per un anno ci siamo incontrati tutti i sabati per discutere di come promuovere l’uso della bici a Bologna per un nuovo modello di mobilità. Nel 2013 ci siamo costituiti come associazione perché le nostre attività sono aumentate e avevamo bisogno di una struttura.

Come sei diventata Presidente di Salvaiciclisti-Bologna e da dove viene la tua passione per la bicicletta?

Ho iniziato ad andare in bici nel 2005 a Milano, un’amica che lasciava la città mi ha regalato la sua. Mi sono innamorata da subito di quel grande senso di libertà e dell’autonomia di spostamento che la bici può darti, specialmente in città. Nel 2006 mi sono trasferita a Bologna e dopo un paio d’anni ho iniziato a fare volontariato in un gruppo universitario che esiste tuttora (L’Altra Babele) e lotta contro il mercato delle bici rubate. Dopo essere stata investita tre volte, ho iniziato a maturare un senso di ingiustizia per l’aggressività del traffico motorizzato. Nel 2012, insieme ad altri abbiamo dato vita al gruppo d’azione di Salvaiciclisti. Ho scelto di lasciare il lavoro da dipendente e ho iniziato come freelance per potermi ricavare più tempo libero da dedicare alla causa. Mi sono offerta di rappresentare Salvaiciclisti nella Consulta Comunale della Bicicletta, che riunisce circa 40 associazioni in tutta Bologna e sorprendentemente sono stata eletta Presidente della Consulta, maturando, in due anni di attività, una certa esperienza di processi istituzionali, dinamiche politiche e mediatiche. Penso di aver trovato, attraverso la bici e ciò che rappresenta, la mia idea di città e di convivenza civile.

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Come nasce la Velostazione? Ci sono altre città a cui vi ispirate?

È la risposta a una necessità. Negli ultimi anni in ogni indagine, dibattito, discorso sulle azioni per incrementare l’uso della bicicletta è emersa l’esigenza di avere una velostazione nei pressi della Stazione Centrale, un luogo di servizi ma anche di incontro. Dato che nessuno prendeva l’iniziativa, l’abbiamo fatto noi, partecipando al bando Incredibol del Comune di Bologna per avere lo spazio giusto a disposizione. Le città a cui ci ispiriamo sono tante, da Groninghen a Chicago, anche se quello che abbiamo finito per concepire è in qualche modo un modello unico, perché c’è l’aspetto della socialità e dell’offerta culturale che è tipico di Bologna e non poteva mancare.

Cosa c’era nel Pincio prima di voi?

È una struttura sorta sulle macerie della Rocca di Porta Galliera, alla fine dell’800, per sostenere la scalinata monumentale del Parco della Montagnola. È stato utilizzato prima come deposito della legna, poi nel ’43 sono stati scavati i tunnel antiaerei i quali ospitavano fino a 2000 persone al riparo dalle bombe. Nel dopo-guerra invece, i tunnel sono rimasti, le persone sono uscite e sono entrate le auto. Per 60 anni è stato un parcheggio. Le auto hanno impregnato le mura di smog, e gli spigoli dei tunnel sono stati picconati per permettere le manovre. È bellissimo per noi permettere che ci tornino dentro le persone e le loro bici.

Parcheggio custodito significa che nessuna bici verrà più rubata? Scusami, ma mi pare un sogno…

Beh, certo. La velostazione non sostituisce la sosta gratuita in strada, naturalmente, nasce per rispondere all’esigenza di quelli che prendono il treno e hanno bisogno di lasciare la bici per l’intera giornata o più giorni. Nel sistema che abbiamo ideato, solo lo staff ritira e restituisce le bici agli utenti, che rimangono chiuse nei tunnel, fuori dalla portata del pubblico. Oltre a questo, installeremo anche un sistema di videosorveglianza.

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Quanto costerà parcheggiare la bici? Il parcheggio è aperto anche di notte?

La tariffa giornaliera è di 1,5 euro, quella mensile solo 20 euro. È un prezzo sociale che non copre i costi di gestione, ma vogliamo mantenere il servizio più accessibile possibile, anche per questo ci sono le altre attività (il bar, il noleggio, l’officina). La notte il parcheggio chiude, ma alle 6 siamo già aperti, pronti ad accogliere i primi pendolari.

Il Comune di Bologna offre già un servizio di noleggio di biciclette, voi che cosa offrite di diverso? 

Le bici che noleggeremo insieme al nostro partner Bikeinbo sono delle city-bike con ruote larghe, marce e adattissime per il centro storico. È un servizio ad accesso immediato, pensato principalmente per i turisti, mentre le bici del Comune, che sono gratuite, necessitano di un’iscrizione in Quartiere e sono destinate ai soli domiciliati a Bologna.

Mi piace il vostro concetto di “utenza debole della strada”. Credi che le bici debbano avere gli stessi diritti (e doveri) dei pedoni? 

Chi si muove ha diritti e responsabilità, ma credo che siano proporzionali alla pericolosità del mezzo che si guida: una bici pesa 15 chili, un’auto 14 quintali, e i danni che si possono fare sono molto diversi. Ciclisti e pedoni non sono deboli, sono i comportamenti di chi guida un’auto con la convinzione di avere diritto di precedenza perché si è più grandi e veloci a renderli tali. Se un bambino attraversa la strada senza guardare, la colpa di chi è? Del genitore che dovrebbe controllarlo h24 o di chi va troppo veloce per frenare in tempo di fronte a un ostacolo? Sogno città in cui essere distratti o semplicemente bambini non sia un lusso che costa la vita.

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Cosa manca a Bologna per diventare una città ciclabile?

Il rispetto dei limiti di velocità (che è dei 30 in centro storico) e un trasporto pubblico metropolitano più efficiente. Con queste due condizioni il traffico sarebbe meno e meno aggressivo, molte piste ciclabili non servirebbero neppure. Poi c’è il problema dei furti, ma penso che l’aumento di cultura e di uso della bici potrebbero in parte risolverlo, scoraggiando le persone ad acquistare bici rubate.

Quali sono le zone/strade più ciclabili e sicure? Quali quelle da evitare assolutamente?

Grazie alla presenza delle bici, quasi tutto il centro storico è piacevole e sicuro, fatto salvo per le direttrici più larghe come via Marconi. Fuori dalle mura, all’interno di alcuni quartieri ci sono zone 30 o comunque aree con strade strette e qualche buon collegamento ciclabile che le rende sicure e tranquille. Da evitare assolutamente sono i grandi bracci e le grandi rotonde verso le periferie: la pericolosità è direttamente proporzionale all’ampiezza della carreggiata che induce sorpassi continui e alta velocità. Andando molto veloce l’automobilista non può vedere il ciclista o il pedone, nemmeno se cosparso di luminarie come un albero di natale.

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Tempo fa sentii parlare di via Petroni come la prima via nella quale andare contromano sarebbe stato “legale”, poi più niente. Cosa pensi di questo tipo di “deroghe”?

Credo che progetti come quello di via Petroni siano molto importanti ma incontrano le resistenze di una concezione di città molto conservatrice e miope. Ad ogni modo non sarebbe certo la prima, anche a Bologna c’è già da anni via del Pratello e l’intero centro di Reggio Emilia è interamente a doppio senso per le bici dal 2008. Sono esempi che dimostrano quanto il provvedimento sia semplice e sensato. Il Codice della Strada è stato scritto ad uso e consumo delle auto, su tanti principi di sicurezza e design delle zone urbane è molto vago ed equivocabile, le deroghe sono l’unica forma per andare oltre. Il senso unico eccetto bici è un caso molto evidente: laddove non c’è spazio per far passare due auto in direzioni opposte, c’è tutto lo spazio per far passare una bici. Non si tratta di contromano ma di ridistruibuire lo spazio a uso di tutti.

Ammetto di aver comprato la mia prima bici bolognese da un tossico in via Zamboni, ma sono sinceramente pentito. Puoi consigliarmi qualche buon posto dove comprarne di usate a prezzi onesti?

Purtroppo è un errore di quasi tutti gli studenti che arrivano a Bologna. Ho scoperto che spesso vengono consigliati dai padroni di casa autoctoni. Come associazione abbiamo una rete di negozi consigliati, ma il problema è il concetto di prezzo onesto: bisogna partire dal valore reale e dal valore d’uso e non dal valore di mercato che viene abbassato dalla disponibilità delle bici rubate. Per molti un “prezzo onesto” è troppo vicino a quello di una bici rubata (che ovviamente è gratis per chi la vende). Considerando che una buona bici ti porta dappertutto, che è spesso il risultato di molte ore di lavoro di artigiani specializzati che devono anche pagarci su le tasse, 100-200 euro per una bici usata a me non sembrano molti. Investendo in un buon lucchetto e con poca manutenzione, può servirti fedelmente per anni e anni. Spendiamo molto di più per cose che ci servono di meno e che durano poco.