Domani esce in Italia Good Kill, il nuovo film del neozelandese Andrew Niccol, che i palati fini ricordano per la regia di quel capolavoro di Gattaca – La porta dell’Universo e per la sceneggiatura di The Truman Show, diretto da Peter Weir. Interpretato da Ethan Hawke e presentato come ultimo film in concorso a Venezia due anni fa, Good Kill racconta un pezzo della vita del maggiore Thomas Egan, ex Top Gun riconvertito a pilota di droni. E del delirio esistenzial-morale che la cosa comporta.
Ispirato al picco di “uccisioni mirate” registrato nel 2010, è stato accolto nel migliore dei casi con critica freddezza. Ottimo segno; suggerisce che il film va visto appena possibile. Se non altro per la puntualità con cui imposta una riflessione su un tema tutt’altro che lontano dagli spettatori. Italiani compresi.
Dietro l’arrivo del film nelle sale italiche c’è la distribuzione di Barter Entertainment, ramo cinematografico di Barter Multimedia, azienda sui generis i cui affari comprendono le produzioni televisive quanto le barche. Più importante, però, è che dietro a Barter Entertainment pulsi forte un cuore cinefilo, quello di Valentina Gardani.
Produttrice cinematografica, Valentina è stata adottata da Roma e lì è stata diversi anni. Ha 29 anni e lo scriviamo solo perché da 6 ha cominciato a curare programmi per Mediaset, a produrre documentari e film (la sua prima volta, in collaborazione con l’Irlanda, è stata per House of Shadow).
Oggi vive fra la Capitale e Los Angeles, e da un anno e mezzo si è buttata nella distribuzione di pellicole dall’appeal internazionale. Nel frattempo ha co-prodotto Pay the Ghost, diretto da Uli Edel (Christiane F), e Queen of Spades del regista premiato a Cannes, Pavel Lungin.
È anche produttrice esecutiva di I.T., con Pierce Brosnan, e Going Under con Bruce Willis, entrambi in post produzione. Una così come fai a non intervistarla?
Zero – Buongiorno Valentina. Presentati in poche righe a chi non ti conoscesse.
Valentina Gardani – Buongiorno a voi. Sono Valentina e sono nata nell’agosto del 1987. Al momento sono cinefila ancora prima di produttore e distributore; lavoro sia sul territorio nazionale che internazionale.
Che cos’è Barter Entertainment? Ce ne puoi spiegare anche la genesi?
Barter è nata una decina di anni fa – ha sede a Milano, ndr – proponendosi come una new agency che opera fra cinema, televisione e web. Mette in relazione settori diversi per un unico grande obiettivo, quello di farsi, in qualche modo, ricordare.
Sei giovanissima; come hai fatto a mettere in piedi un’impresa del genere?
L’azienda c’era già – fu fondata da Gianluigi Gardani, ndr. Io ho iniziato come producer sui programmi tv e mi sono poi ritrovata ad ampliare e a sviluppare il ramo cinema. Ho avuto l’occasione di incontrare diversi punti fermi internazionali… Diciamo che sono stata fortunata.
La vostra “linea editoriale” sembra esprimersi attraverso film non solo di media e alta qualità, ma anche di un certo impegno. Se vuoi, politico – da Sin Fronteras a Good Kill, appunto; chi sceglie le pellicole su cui lavorare?
La scelta dell’acquisizione o della produzione viene fatta da me in primis, poi mi confronto con il mio team. Mi hanno sempre affascinato i temi politici e di attualità, hanno il potere di portare la gente al cinema (o a guardare la tv) e avvicinano il grande pubblico al presente. In questo momento sto lavorando sulla biografia di Erik Prince, fondatore della Blackwater – la compagnia militare privata statunitense oggi nota come Academi, ndr.
A proposito, presenta al pubblico Good Kill
In sala da giovedì 25 febbraio, Good Kill non rappresenta altro che la guerra 2.0, osservata dal punto di vista di un uomo diviso tra due contraddizioni: il sentirsi un codardo che spara a caso sulla gente a migliaia di chilomentri di distanza, quindi pervaso da un senso di colpa via via più insistente, e il sogno di tornare a cielo aperto. È un sentimento molto comune tra i militari di oggi.
Meglio lasciare altre considerazioni al pubblico. Piuttosto raccontaci come si gestisce una contrattazione con gente come Andrew Niccol
Sarei felice di poterlo raccontare, ma in questo caso con Andrew ho solo condiviso una cena e un after party a Toronto. E il resto, devo dirlo, sono informazioni riservate.
È un buon momento per il cinema in generale e quello italiano in particolare. Penso a film come Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti o a Mine, la prima produzione internazionale, e per certi versi anche il vero debutto, di Fabio Resinaro e Fabio Guaglione. Che cosa ne pensi?
Mi limito a dire che sono molto, e sottolineo, molto felice di poter vedere come la produzione nazionale si stia risollevando. E come? Con prodotti di qualità in grado di lasciare qualcosa allo spettatore.
Ci risulta tu sia anche attrice.
No, non lo sono; mi hanno proposto diversi ruoli (pur non avendo alcuna competenza), ma ho sempre rifiutato. Sono molto timida, anche se la maggior parte delle volte mi si dipinge come egocentrica. In realtà è solo un modo, giusto aggiungo, per mascherare la riservatezza.
Per anni si è detto che a mancare, in Italia, prima che gli attori o i registi siano i produttori. Sei d’accordo?
No, abbiamo tantissimi produttori molto bravi e solo per citarne un paio indicherei Nicola Giuliano e Arturo Paglia. Accanto a loro non si possono dimenticare colossi e maestri eterni, persone come Aurelio De Laurentiis.
Per lavoro vivi tra Los Angeles e Roma. In passato sei stata anche a Milano. Che cosa ami della Capitale e di Milano?
Roma è la “Grande bellezza”; respiri molte cose e molto diverse fra loro. Ma in fondo ti lascia sempre qualcosa di intramontabile. Mi definisco al cento percento romana d’adozione. Milano, a dire il vero, la amo un po’ meno.
Che cosa pensi di fenomeni nati in rete come The Pills o Jackals? Credi che portarli al cinema abbia senso?
Penso che nella vita sia sempre giusto tentare… se va bene, hai vinto.
Sensata diplomazia. E i tuoi amici chi sono?
Ne ho molti, molto diversi fra loro e di ogni ambito professionale, anche non collegato al mio. Tutti però hanno un minimo comune denominatore: la passione per il cinema. Con il mio compagno, o i miei ex, il massimo che si fa è guardare film per tutta la notte, dormendo pochissimo perché al mattino si deve lavorare. Il cinema è uno status mentale e la passione è il motore del mondo.
E a proposito di passioni: dove e cosa mangi o bevi a Roma? E a Milano?
A Milano manco da troppo tempo per dare una risposta sensata. E circa Roma, i ristoranti che frequento sono troppi per menzionarne solo alcuni. Mentre per bere… facciamo così, diciamo che quando voglio rilassarmi e premesso che sono astemia, sono un’habitué del Salotto.
Un grande classico: progetti futuri?
Abbiamo appena acquisito Yellow Birds, drama con Jennifer Aniston, Jack Huston, Alden Ehrenreich e Toni Colette, tratto dal romanzo di Kevin Powers, che racconta la storia di una straziante amicizia vissuta durante la guerra in Iraq. È un altro punto di vista su come un conflitto venga vissuto, fra traumi e, soprattutto, perdita dell’innocenza. Sono inoltre produttore esecutivo di I.T., interpretato da Pierce Brosnan, un thriller psicologico che ricorda vagamente il famosissimo The Game, e di una commedia con Bruce Willis. Barter curerà la distribuzione di entrambi i titoli.
Sono poi molto orgogliosa di un altro film, La sposa bambina, chiamiamola attualità d’essai. È ispirato a una triste realtà; racconta di come le bambine possano essere costrette a sposarsi secondo la cultura medio orientale e di come l’amore incondizionato di una madre possa essere in bilico fra tradizione e modernità. Il film ha ricevuto l’appoggio di Amnesty International. Stiamo inoltre buttandoci sull’animazione con Sheep and Wolves, il nostro debutto in quell’ambito. Poi… l’attesissimo Colossal con Anne Hathaway e Dan Stevens. Ah, come produttrice sto anche lavorando a Women, di Bukowski.
Senza confini.