La Ravioleria Sarpi è una certezza. L’istituzione di via Sarpi dove non c’è pienezza che tenga per lasciare spazio a due ravioli, Shuijiao per essere precisi, delle 18.30 ma anche delle 22 per i più energici. Psicanalisi culinaria e overdose gastronomica. La cura e la sveltezza con cui il team Ravioleria impasta, riempie e chiude quella delizia, grande quanto un’albicocca, incanta, ti fa venire voglia di cambiare casa e trasferirti in quel di Chinatown. E forse forse dire addio per sempre alle cene in scatoletta. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il giovane Agie per capire insieme come si diventa IL take away numero uno di Milano.
La cucina è il centro della vita: ci si prepara, ci si nutre, è un’occasione di condivisione. In cucina e in tavola si scambiano pensieri, esperienze
La Ravioleria è la regina incontrastata di Paolo Sarpi e non c’è un weekend che si rispetti senza un tris di ravioli e un vino all’enoteca di fronte. Siete un simbolo della cultura milanese di strada e ormai anche la mia mamma preferisce i vostri alla variante della nonna tradizionale ricotta e spinaci. È stato difficile entrare nel cuore delle generazioni italianissime? Quale è stata la sfida più grande da affrontare?
No, nessuna difficoltà, almeno non in questo senso. Milano è una città cosmopolita, aperta. Le persone amano provare cose nuove e molte danno un grande peso alla qualità degli ingredienti. La mia idea era di mettere tutto questo insieme, tradizione delle ricette e ingredienti italiani di altissima qualità, in un cibo semplice e per tutti. Ha funzionato. Parlando di ingredienti, in effetti, una difficoltà all’inizio è stata ordinare i giusti quantitativi di farina. Usiamo una farina buonissima dal Mulino Sobrino. Abbiamo iniziato con cautela e infatti due giorni dopo l’apertura, abbiamo dovuto chiudere perché avevamo già finito la farina!
Vogliamo sapere se in pentola oltre alla mitica Ravioleria ci sono altri progetti e se dobbiamo già preparare i nostri palati a qualcosa di nuovo.
Diciamo che di nuovo abbiamo un giardino. Una cucina con giardino a essere precisi, in zona Martesana, si chiama Yum Cha. Se invece parliamo di nuovo in termini di sapori direi che la novità è un ingrediente, il pepe di Sichuan. Agrumato, anestetizzante, focoso. È in alcuni dei piatti fondamentali del Sichuan che prepariamo alle Nove Scodelle, dove molti vengono addirittura per fare una prova di coraggio: ordinano la zuppa di manzo piccante! E in effetti è una bella sfida. La cosa di cui però sono più orgoglioso è che molti dei clienti, oltre al pepe di Sichuan, hanno iniziato ad amare il tofu. Che è un ingrediente fondamentale della cucina cinese e in Italia molti temono la consistenza o si lamentano per l’assenza di sapore. Noi prepariamo il nostro tofu a mano e il risultato si vede!
Chi ti ha trasmesso la passione per la cucina?
La mamma e in generale la famiglia. La cucina è il centro della vita: ci si prepara, ci si nutre, è un’occasione di condivisione. In cucina e in tavola si scambiano pensieri, esperienze. Si condividono le gioie e si trova sempre qualcosa di buono per consolarsi da quello che non fila liscio. In cucina si muove la vita di tutta la casa. Pensa che in Cina abbiamo addirittura una sorta di divinità che abita in cucina. Poi alla fine dell’anno sale in cielo per raccontare quello che è successo agli dei. Tutti cercano di tenerselo buono.
Ci vedremo poi nella casa Samsung, una Futurama, per il weekend nella smart house di Samsung dove si balla, si ride si scherza. Ti chiediamo subito: cosa si mangia?
Prepareremo dal vivo i nostri ravioli, che come molti sanno, sono cotti in acqua bollente non salata e per questo vengono chiamati Shuijiao. Quindi la cucina sarà animata dalla preparazione dei ravioli e dalla cottura! Impastiamo, stendiamo e riempiamo i ravioli e il resto lo faranno i piani ad induzione su cui metteremo a bollire l’acqua nei nostri enormi pentoloni. Un connubio tra manualità e tecnologia. Proporremo anche un piccolo assaggio del nostro tofu con un condimento estivo, per il piacere di sfidare quelli che ancora pensano sia una cosa molliccia e senza sapore.
C’è da dire che nell’immaginario collettivo c’è l’idea che la potenza dell’innovazione tecnologica parta da oriente. Samsung infatti è il colosso made in Corea. Per te la domotica è un qualcosa di familiare? Raccontaci del primissimo smart device per la casa che hai acquistato e svelaci quello in wishlist.
Sinceramente sono un tradizionalista, l’unico smart device che uso per ora è il telefono.
Del resto ho scelto come missione di portare in Italia piatti cinesi tradizionali, per ora i ravioli del Dongbei, la crespella ripiena tipica di Pechino, così come alcuni piatti della ricchissima tradizione sichuanese che prepariamo nel nostro ristorante di viale Monza, Le Nove Scodelle.
Sono un tradizionalista, ma sono anche curioso e amo le sfide. Confesso quindi che pur essendo un assiduo frequentatore di mercati, entrando nella casa di Samsung, sono stato immediatamente attratto dal frigorifero. L’interno con la telecamera che ti fa controllare cosa c’è o cosa invece è finito – a casa nostra sarebbe utilissimo – la porta dotata di uno schermo con connessione su cui consultare ricette, scegliere la musica, comunicare con il forno!
Come sono andati i corsi di cucina per imparare a preparare i ravioli con te? Hai trovato qualche nonna maga del mattarello che però non riusciva a chiudere la poesia dei veri e unici ravioli di Agie? Spiegaci di più sul workshop.
I corsi stanno andando benissimo. Come ti dicevo prima, i corsi sono un’occasione di convivialità: le persone vengono per imparare, si incontrano davanti alla ciotola per preparare l’impasto e alla fine non importa se i ravioli sono perfetti, con un po’ di pratica lo diventeranno.
Ci sono momenti di concentrazione, ma anche momenti di allegria, perché I ravioli li prepariamo e li mangiamo insieme. C’è sempre un’atmosfera molto bella. In molti mi hanno già chiesto anche corsi per imparare a preparare i Baozi o gli spaghetti tirati a mano, e non escludo che il calendario dei corsi in autunno riserverà delle sorprese.
Quale è il piatto della cucina mediterranea che è diventato parte integrante della tua dieta e quale è invece l’ingrediente che più ti manca e che ti risulta irreperibile in quel di Milano?
Non ci sono dubbi: il gelato. Adoro il gelato. Una delle mie vite possibili, se fossi tornato in Cina, sarebbe stata aprire una gelateria. Poi sono rimasto a Milano e per fortuna qui di gelati buonissimi ce ne sono fin troppi. Per quanto riguarda l’’ingrediente introvabili ti dico per esperienza che faccio davvero fatica a trovare i germogli di bambù, freschi e di qualità. Perché alla fine è sempre la qualità che conta.
Ti congedo con una domanda simpatica. Raccontaci di quella volta in cui sei stato invitato a cena a casa di amici e la nonna lombarda ti ha preparato un piatto immangiabile.
Le nonne non mi hanno mai deluso! A volte mi sono anche offerto come volontario per aiutare. Mi piace guardare, assaggiare e seguire i movimenti, la sapienza di chi prepara il cibo da una vita. La tradizione si rispetta sempre e regala infinite emozioni. Mi piace ascoltare le storie che si raccontano in cucina e stare insieme, del resto la convivialità che è al centro della vita sia in Italia che in Cina, inizia proprio davanti ai fornelli! Ma poi: un piatto immangiabile? In una casa italiana? Mai! Forse quando mangiavo a mensa, quando ero studente. Le verdure stracotte. Così tragicamente sfatte. Ma un piatto immangiabile non l’ho ancora trovato – e mi sa che non lo troverò eh…