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TikTokTekno

Bpm elevatissimi, social media, ageing, vecchia e nuova scuola. Il clubbing contemporaneo raccontato da una colonna dell'underground romano: Lady Maru

Scritto da Nicola Gerundino il 16 gennaio 2025
Aggiornato il 17 gennaio 2025

Come in un effetto fionda, il Covid ha prima tirato indietro il mondo della musica live e del clubbing, fino a farlo fermare per circa due anni in uno stato di apnea ai limiti del drammatico, poi ha lanciato tutto in avanti, con una velocità estrema, dove la foga di recuperare si è unita a un’ulteriore accelerazione dei social media e a vecchi immaginari underground che si sono innestati su nuove forme di consumo culturale. Tra le tante conseguenze, la parola rave è diventata di nuovo di massa, l’estetica tra i Novanta e i Duemila è quella dominante a tutti i livelli – dai suoni alla moda – e i bpm sui dancefloor si sono alzati a dismisura, con trance, tekno, hard techno, gabber e altri generi “massimalisti” di nuovo in cartellone. Tutto vero o tutto falso? Tutti dj o tutti influencer? Sono generi ed estetiche che funzionano “artificialmente” solo grazie a social media o le radici della vecchia scuola sono rimaste vive sotto sotto il terreno e ora sono nelle condizioni di rifiorire? Ne abbiamo parlato con Lady Maru, colonna dell’underground romano protagonista di mille progetti musicali – Brutal Casual, Trouble vs Glue, Dada Swing, Ned 3000, solo per citarne alcuni – nonché dj, che nell’hard techno ha trovato il (suo) nuovo punk.

 

Questa intervista parte da alcuni commenti su un tuo video TikTok diventato virale e per buona parte mi piacerebbe centrarla sulla relazione tra social e clubbing. Inizio con il chiederti che rapporto hai con i social: personalmente, da sempre mi appassiona una tua "rubrica" Facebook sulle soluzioni immobiliari e di interior design offerte dai cassonetti di Roma Est.

Beh, essendo nata e cresciuta a Roma, tocca prenderla così, per forza. A dirla tutta, ci sono soluzioni di design da fuoriclasse! C’è tanta fantasia e creatività, soprattutto nella zona tra Torpigna e Maranella, poi l’angolo veranda/frigobar dove faccio jogging, vicino all’imbocco del Mandrione da Porta Furba, è sempre al top. Continuo con le foto “airbnb”, solo ne pubblico un po’ meno per non ripetere i contenuti: devo averne postate credo minimo duecento. E pure perché il mio telefonino fa cagare, l’iPhone con l’altra scheda spesso lo lascio a casa. Comunque per il nuovo anno qualcosa che ispiri novità e “vogue” sicuramente lo trovo.

Passando alla musica, poco tempo fa raccontavi di come ti chiedessero da più parti di aumentare i follower Instagram per avere più date. È così che funziona ormai? 

Purtroppo sì, ma non sempre, dipende anche dal promoter. Diciamo che sotto i 10.000 non conti proprio nulla, se non da local dj, almeno nei giri di musica un po’ più spinta, invece nella musica ricercata non è un must: in quel caso conta le label per cui esci e se qualcuno di forte ti spinge. Tempo fa mi ha scritto un presunto promoter dell’India, dicendo che lì se non compri i follower non funziona nulla e che, se li avessi comprati, lui mi avrebbe piazzato a 1.500 a data. Gli ho detto ovviamente che non mi interessava perché vengo da un altro mondo, quello old school. Dopo questo episodio, che un po’ mi ha sconvolto, ho scritto ad amiche dj indiane e mi hanno detto che non è proprio così, anche se secondo me mezzo vero lo è. Insomma, ci sono dei trick diabolici sulle pagine, tra sponsor di post e altre promo. Poi c’è tutto il lavoro che fanno i manager e i social media manager di dj e producer, soprattutto giovani. Anche se alla fine ogni sei mesi cambia tutto, quindi è un casino. Immagina chi ha investito milioni su Facebook, mentre ora l’attenzione si è spostata tutta su Instagram e TikTok…

Se i social determinano l'ingaggio, che ruolo hanno nel circuito figure come quelle del promoter e del booking agent?

I booking agent seri ti prendono solo se hai già molto hype, altrimenti possono provare per un po’, ma poi se non vai, non vai, non c’è niente da fare. Ci sono ancora persone oneste che lo fanno perché ci credono e se trovano i contatti giusti, vecchio stile, ce la possono pure fare a piazzarti, ma sono pochi, anche perché se non guadagni ti scoraggi. I promoter, per quello che vedo, tendono a copiare le line-up che funzionano dai festival importanti, difficile che osino con nomi nuovi. Anche qui è un casino. La mia amica Suit Kei di Witches Are Back mi ha fatto notare che locali come  il Tresor.West si vogliano staccare da tutto ciò – anche perché pare siano andati sotto a pagare tuttx questx influencer – per tornare a delle “non line-up” e favorire l’underground. Il Berghain già lo fa, ma comunque Berlino è un caso a parte. Nel resto vanno solo gli influencer.

Nei dancefloor l'uso del telefono per riprendere (e postare) è pervasivo come nella dimensione live? Ti dà fastidio essere ripresa mentre suoni o che l'attenzione non sia sulla musica al 100%?

Per me ormai è normale, tranne in Germania e Uk, dove è vietato. A discrezione lo vietano anche in altri club, dove conta più la musica appunto. In Colombia è stato assurdo: ho aperto il telefono dopo tre ore di sonno e avevo tipo cento messaggi di stories condivise – ovviamente così salgono i follower senza comprarli (ride, nda). È cominciato tutto pre-Covid, in posti come la Francia. Ora senza stories e video non sei nessuno, almeno nel genere hard o commerciale. Tuttx si vestono fighx quando suonano, si fanno i capelli, i maschi le maschere come SNTS. Io invece sono rimasta ai tempi degli illegali e dei gruppi tipo Pavement, non ce la posso proprio fare ad acchitarmi.

Arriviamo al famoso video virale da cui nasce l'intervista. Innanzitutto ti chiedo di raccontare che serata era e perché è diventato virale.

Era una serata al Cieloterra, con The Brvtalist ospite principale. Il video è diventato virale perché Diaen, dj di un altra crew che suona in giro per Roma, ha beccato il momento del drop figo, proprio mentre suonavo una traccia della mia amica Ingrid. È riuscito a riprendere l’effetto “presa bene” da Boiler Room e, anche se non è di alta qualità, perché l’ho preso mi pare da Instagram, il video ha fatto migliaia di condivisioni, tipo 250.0000 visualizzazioni. In più una collega dj giovanissima con tantissimi follower ha messo un commento che ha avuto solo quello 500 like: assurdo! E lo continuano ancora a condividere. Ieri il video per Rough Radio ha già raggiunto 45.000 visualizzazioni e 100 follower, sempre su TikTok. Vediamo che succede…

@ladymarudj

#teknoravers #cieloterraroma

♬ suono originale – ladymaru

Che effetto ti ha fatto leggere i vari commenti "Inps" degli utenti sulla tua età o essere assimilata ai loro genitori?

Genitori e mum è un complimento, visto che mi è toccato tre volte l’appellativo nonna sul video virale e nella chat live di uno streaming al Cieloterra lo scorso dicembre! Spero che siano stati dei pischellissimx a darmi della nonna! A una che me l’ha detto su TikTok ho pure mandato un selfie: mi ha scritto “grandma” su TikTok, poi mi ha cercata su Instagram, l‘ho riconosciuta dal nome e dalla foto e le ho mandato un mio selfie, scrivendo: “Come on, grandma it’s exaggerated, mum is fine !”. S’è messa a ridere e mi ha detto che non si vedeva bene il video, poi non so se lo ha fatto così, per “gentilezza”. Di base mi fa effetto leggere sempre commenti del tipo “She is for sure 24” oppure “Me in 30 years” o ancora “Guyys she still a teen, she just from Berlin”. Insomma, sempre riferimenti all’ageing: se già cominciamo ora, tra poco saranno guai!

Che ci sia un gap di età tra chi suona e chi balla non è una novità, forse però in un contesto come quello hard techno fa più effetto o no?

Può essere. Nell’hardcore vero ci sono un sacco di coetanei, forse quello hard techno è un po’ più nuovo come mondo e quindi fa strano trovarci una dj quarantenne. Pure nella techno più classica è abbastanza normale essere over quaranta. Effettivamente questo stile non è proprio per la mia generazione!

Tu suoni hard techno da sempre o hai alzato i bpm negli ultimi anni?

Li ho sempre voluti alzare, ma prima sembrava volessi essere una coatta, anche con idee diciamo un po’ diverse dalle mie… Insomma, c’era il pericolo che potessi attrarre pubblico “violento”. Adesso se lo fai per cultura è più tranquillo. A Berlino quando ho suonato per Gabber Industries – che sono più underground e alternativi loro della gente che normalmente va al Berghain o ad altre feste – erano tutti vestiti casual, qualcuno un po’ più gabber fluo, e con tantx queer soprattutto. Magari a Roma fare gabber e hardcore puro è ancora un po’ tosto, anche se piano piano spero passi quest’ansia dell’hooligan macho anni Novanta…

Ti sei chiesta il perché del ritorno di questi bpm elevatissimi tra i ventenni? Nostalgia di una epoca rave/hardcore mai vissuta e quindi mitizzata, ancor prima dal punto di vista estetico che musicale?

Forse dopo il Covid si vogliono sfogare. Poi quei suoni rave che, appunto, fino a qualche anno fa erano visti come poco colti e tamarri – rave stabs e screetches per intendeci – hanno frequenze medie che fanno flashare come una bella linea acid, attaccano bene quella parte del cervello, oltre ai sub che da soli metterebbero troppa ansia. Insomma, quei suoni, sommati al cassone, fanno naturalmente sfogare e divertire, un po’ come a un concerto hardcore anni Novanta. Poi secondo me è musica “sempliciotta”, diretta: è come il punk, ovviamente se è fatta bene e non con suoni coatti e drop commerciali. L’importante per me è ricercare le tracce giuste. A volte mi capita di suonarle senza averle ascoltate troppo bene e mi ritrovo magari un break troppo epico, che mi diventa commerciale. In quel caso lo cambio, lo sfumo e basta, finisce là. L’ultima compilation acid della Mokum è tutta bella, per esempio. E comunque gli hardcorer si vestono simili a quelli dell’hardcore punk, alcuni gabber con le tute fluo. La moda dei dj hard techno invece può essere più varia, soprattutto per le donne, gli uomini o hanno la maschera o sono a torso nudo con i tatuaggioni.

Lo vedi come un revival di breve corso o come un fenomeno destinato a rimanere?

Interessante… C’è chi dice che ora andrà solo hard groove e psy trance, ma secondo me resta, perché fa sfogare. Può essere però che avrà meno spazio nei grandi festival. Vedremo…

Avresti mai pensato che saremmo ritornati a parlare di rave e a utilizzare la k in techno?

Attenzione che qui rischiamo parecchi casini! La tekno con k è legata al movimento di free party e tendenzialmente ha un sound più happy, la cassa più tonda, non industriale, i suonetti più bouncy. La trovo più vicina alla psy col basso in tripletta di ora, che all’industrial o alla gabber . E poi mentre prima la techno era nei club e la tekno negli illegali, oggi non è più cosi: molta tekno è nei locali, appunto. Sappiamo in che situazione politica ci troviamo. I Tekno Mobil Squad e i Kernel Panik lo fanno ormai da decenni, sicuramente la sanno più lunga loro di me che ho attraversato tutto, ma non come dj.

@ladymarudj

#roughradio #ladymaru #acidtechno

♬ suono originale – ladymaru

Com'è la scena qui a Roma e quanto è vasta? Storicamente qui più la cassa spinge ed è quadrata più la gente si fomenta.

Roma è sempre stata bella per la techno e secondo me la gente si sa divertire. Come dicevamo, orai i più giovani vogliono bpm alti, ma chi cresce vuole man mano ascoltare roba più seria: quindi si va sull’industrial, sulla acid techno colta e sulla classic techno. Personalmente ora faccio fatica a immaginare di suonare a 145 bpm come facevo nel 2017 all’Ex Dogana e a Berlino: mi sentirei noiosa e superata, non perché lo sia il sound, ma perché non mi divertirei tanto, mi mancherebbe quella sensazione rough punk! Comunque sto valutando di riprendermi un Electribe Sampler e un altra macchinetta e di mettere su un live acid industrial, ma non scenderei troppo di bpm.

Molte cose stanno succedendo a Berlino, che è un po' la tua seconda casa. Ce ne puoi parlare?

A Berlino ora è tutto trance e hard groove. Molti collettivi giovani tra i venti e i trent’anni fanno solo trance. Alcuni ragazzi che fanno parte di Sachsentrance, un gruppo originario della Sassonia che sta girando davvero parecchio nel mondo ormai, mi stanno anche dando una mano nel booking, ma è molto difficile per loro perché i promoter o i club stessi di quel giro vogliono un suono più bouncy e happy, appunto: se gli imbocco col cassone gabber non va bene. Tresor, Berghain e molti altri promoter importanti vogliono la classic techno, la mental, l‘hypnotic, anche perché è un genere colto, che comunque non satura la gente, la invita a stare più a lungo. Se fai un set troppo spinto la gente suda, butta via tutto e se ne va prima, mentre con un sound journey di quattro/cinque ore c’è un attenzione diversa e si resta più a lungo. Secondo me è pure giusto preservare questi spazi. Se continuo così non andrò mai a suonarci, ma non fa niente.

Di questa "nuova scena" mi colpiscono molto alcune cose: la prima è che c'è una presenza femminile molto più elevata di vent'anni fa, sia tra chi suona che nel pubblico. La seconda, e ritorniamo al discorso social, è l'appetibilità di chi suona hard techno: insomma, vedo profili che potrebbero anche funzionare da portfolio per qualche agenzia di moda. C'è molto più fitness che marciume, ovviamente rispetto a quello a cui eravamo abituati. Parlo ovviamente dei nomi più in vista.

Mi fa piacere che ora si sia creata questa “moda” delle donne, ma non mi fa piacere che si facciano pagare esattamente il doppio le agenzie dietro di loro. Nel genere hard siamo poche a essere over quaranta, a parte quelle grosse già avviate, mi sembra che le più grandi fatichino a trovare booking buoni. Porto l’esempio, senza fare il nome, di una mia amica che è molto più brava di me a produrre, ha classifiche, follower e pure bella presenza, ma comunque ha difficoltà a trovare un’agenzia seria. Il post sul ritiro di Paula Temple è uno spunto molto interessante, anche se lo indirizzerei più ai club stessi e alle agenzie che tendono a badare solo all’immagine, che al pubblico hard techno. Diciamo che se cominciamo pure a demonizzare un genere a causa del Capitalismo e del mercato, la situazione diventa ancora più compromessa. Insomma, gente che non ha mai sentito un disco di Throbbing Gristle o dei Residents e forse neanche della roba elettronica anni Ottanta, ora pensa di fare “musica colta” e andare contro l’hard techno perché magari ha letto l’intervista di Paula o pensa che il male stia solo lì.

Che altri progetti stai portando avanti al momento?

Sono anni che vorrei fare un live un po’ più industrial, “alto”, ma non ho mai neanche iniziato a lavorarci, perché comunque produco costantemente tracce per poter andare avanti.  Mi diverto a produrre su Ableton con campioni e VST,  e voglio migliorare anche qui, per mettere sempre più roba mia nei dj set ed essere più originale. Il live è davvero tosto e credo che dovrò investire su delle lezioni, al momento non sto messa benissimo, quindi vediamo. Poi ho il progetto Brutal Casual con Jacopo Benassi: abbiamo dovuto rinunciare a una prossima data a Zurigo perché devo andare in Colombia a fine febbraio. Spero presto di poterci suonare e anche di tornare con questo progetto qui a Roma, visto che abbiamo finito giusto ora di mixare il secondo disco. Poi spero di poter continuare con i Nebel 3000, la band post-punk freak che ho con Noisy Pig, fondatore dei Dada Swing, e Brezel degli ex Stereototal. Il primo disco l’abbiamo fatto, ma chiaramente oggi non è facilissimo girare con il post-punk . L’ultimo concerto a luglio a Berlino è stato una bomba e pure in Italia a gennaio scorso è andata bene: abbiamo suonato al Fanfulla, a Bologna al Circolo Dev e a Torino all’Asile, dove ci ha dato una mano ad organizzare Alexandra Won Eva.