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Luca Massaro

L’idea dietro a Gluqbar è quella di porsi come spazio anfibio, “Casa & Bottega” su due livelli, tra eventi musicali, mostre d’arte, studio di fotografia e webdesign, “feste studiate come fossero installazioni e viceversa”

Scritto da Domitilla Argentieri Federzoni il 4 aprile 2018

Luogo di residenza

Milano

Giovane fotografo -e non solo- da Reggio Emilia con furore, ma trapiantato in passato a Parigi e New York, Luca Massaro vive ora a Milano dove da novembre ha letteralmente aperto le porte di Gluqbar, la sua casa/studio/galleria, al pubblico.
L’idea dietro a Gluqbar è quella di porsi come spazio anfibio, “Casa & Bottega” su due livelli, tra eventi musicali, mostre d’arte, studio di fotografia e webdesign, “feste studiate come fossero installazioni e viceversa”. La prima mostra inaugurata è stata Retina, una collettiva che ruota attorno al doppio significato di questo termine che può intendersi sia nella sua accezione tecnologica, riferita alla risoluzione di ultima generazione degli schermi di pc e dispositivi digitali, che nella definizione biologica, riferita alla membrana oculare.

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Zero: Com’è nata l’idea di Gluqbar e da dove vieni tu? Qual è stato il tuo percorso?
Luca Massaro:
Gluqbar è la mia casa e il mio studio (al piano di sotto con ingresso indipendente su strada), anche per lavori commissionati di fotografia e web design. Non ho mai voluto uno spazio che fosse solamente un mio studio fotografico, e ho tanti amici di talento in varie discipline con cui mi interessa collaborare. Fin dalle installazioni pubbliche su billboard pubblicitari che ho curato a Reggio Emilia (Sofia Borges, Eva O’Leary, Miti Ruangkritya, Esther Hovers, oltre agli italiani) mi sono interessato a modalità alternative di fruizione, condivisione ed esposizione dell’immagine fotografica. Lo studio è un corollario al mio lavoro personale, uno spazio fisico di incontro con persone con cui condivido un’idea (o un cocktail/caffè come in un bar), andando oltre i confini disciplinari tra fotografia e arte, curatela e direzione artistica, musica e clubbing, architettura di uno spazio da ristrutturare, come di un sito da costruire.

sx: Installazione Pubblica di Sofia Borges a cura di Gluqbar a Reggio Emilia. dx: Retina @ Gluqbar, Milano
sx: Installazione Pubblica di Sofia Borges a cura di Gluqbar a Reggio Emilia. dx: Retina @ Gluqbar, Milano

Da dove viene l’idea della casa-studio? Ho visto che hai vissuto un periodo anche in Francia e in America, sei stato ispirato in queste città da situazioni simili?
A Parigi nel 2013 vivevo in uno “Studiò” – come lo pronunciano i francesi – di 17 metri quadrati con mini soppalco: anche in una situazione del genere, durante Paris Photo, l’avevo completamente svuotata e l’avevo fatta diventare un misto fra una festa e una mostra. All’ultimo anno di università alla Sorbonne avevo fatto l’esame su “Le Musée Imaginaire” di Malraux e da lì ho in testa il refrain ricorrente di una “galleria senza pareti”, “un’architettura immaginaria costruita sulle possibilità e proliferazione della riproducibilità fotografica”. La stessa cosa è successa a Reggio Emilia, con la vetrina della libreria di mio padre trasformata da Piotr Niepsuj, la festa di Padania Classic con Filippo Minelli, e a New York Bushwick nel 2015 con l’open studio&kitchen dove vivevo e lavoravo.

Gluqbar

inviti per open studio, feste/mostre a New York, Parigi, Reggio Emilia pre-Gluqbar
inviti per open studio, feste/mostre a New York, Parigi, Reggio Emilia pre-Gluqbar

Lo spazio a Milano è indipendente no-profit?
Sì, assolutamente. Non ho neanche mai voluto fare il gallerista o il curatore. A Gluqbar tutto è “fatto in casa” con la collaborazione di amici che in caso di vendite o commissioni si tengono il 100% del ricavato. Alle feste facciamo i djset con Dumbo Gets Mad, Luca Delrio, Jean, e altri amici di passaggio da Milano. Alla prima festa qualcuno pensava di essere in un vero bar e di doverci pagare i cocktail, ma qui si beve sempre gratis. Per l’organizzazione di Retina sono stati fondamentali Martina Corrà e Ben Janowitz e la collaborazione delle gallerie. I miei guadagni arrivano dai lavori commissionati (fotografia e webdesign), dall’affitto dello studio a giornata e della casa al piano di sopra su Airbnb. Per ora le prime iniziative sono state trattate con la cura che dedicherei a un mio libro o installazione: pensa che “Retina” doveva essere il nome di una mia serie di lightbox, e poi è diventata la prima mostra collettiva di Gluqbar.

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Come sei entrato in contatto con gli artisti di “Retina”? Come sono stati selezionati?
Anche “Retina” è un titolo che mi risuona in testa da molto tempo, anche in questo caso come un ritornello che non stanca dopo un paio di ascolti. Nel 2013 ho conosciuto Enrico Boccioletti per dei ritratti che gli avevo fatto legati al suo progetto musicale. Ho scoperto che aveva usato, anche se con premesse ed esiti diversi, il titolo “Retina” per una mostra a Roma a 100 metri da Matèria Gallery – dove avevo fatto la mia prima mini-mostra “quasi-quasi”. Questa serie di felici coincidenze si è tradotta (invece che in un titolo di un mio lavoro) in un’attenzione a questo aspetto nella ricerca degli artisti della mia generazione, riuniti in una collettiva nel 2018 a Gluqbar. Per “Retina” conoscevo quasi tutti gli artisti personalmente, tra collettive, articoli, amici in comune, saluti agli opening o anche solo online.

– RETINA Installation Views @ Gluqbar: da sinistra a destra Enrico Boccioletti, Alessandro Calabrese, Irene Fenara, Martina Corà
– RETINA Installation Views @ Gluqbar: da sinistra a destra Enrico Boccioletti, Alessandro Calabrese, Irene Fenara, Martina Corà

I 10 artisti coinvolti sono giovani italiani che lavorano su questa ambiguità tra arte e fotografia, immagine virtuale e stampa cartacea, con, a mio parere, esiti ambigui ed interessanti. Con Janowitz e Corà abbiamo pensato un’installazione varia. Altri giovani artisti italiani che stimo non rientravano al 300% nell’anfibologia della parola “Retina” perchè più indirizzati alla stampa tradizionale o all’installazione. I fotografi delle generazioni precedenti invece non hanno questo tipo di sensibilità doppia, non sono cresciuti guardando immagini quasi esclusivamente su uno schermo retroilluminato.

– RETINA Installation Views @ Gluqbar: da sinistra a destra Rachele Maistrello, Luca Massaro, Filippo Minelli, Martina Corà
– RETINA Installation Views @ Gluqbar: da sinistra a destra Rachele Maistrello, Luca Massaro, Filippo Minelli, Martina Corà

Avendo vissuto diverse realtà, altri tessuti urbani, dal punto di vista culturale, dell’arte, della fotografia, quali credi che siano le differenze fra Reggio Emilia, Parigi, New York e Milano?
Cosa pensi del panorama degli spazi indipendenti di Milano?

La mia città preferita, come capitale culturale, resta New York, ma, banalmente, non me la posso permettere; e Parigi è a un’ora di distanza in aereo e ci vado spesso. Dopo aver girato tante parti dell’America in macchina, sono contento di vivere ora in Europa e credo che la nostra sia una generazione europea.
In Italia al momento sto bene, malgrado i tanti difetti e problemi politici, mangio bene, prendo il sole, giro in Vespa (ho anche i baffi come lo stereotipo italiano): la varietà e ricchezza culturale del panorama storico italiano non ha rivali, e spero possa essere un esempio per una rinascita che già da un po’ si sente. Ci sono spazi e progetti indipendenti interessanti da Milano a Palermo: secondo me rispetto agli altri paesi mancano di più gli spazi pubblici, dedicati al contemporaneo e ai giovani, e al loro contatto con le istituzioni.

– RETINA Installation Views @ Gluqbar (toilet): Giorgio Di Noto
– RETINA Installation Views @ Gluqbar (toilet): Giorgio Di Noto

Sul sito di Gluqbar si parli di una dimensione di ‘clubbing’ ed è vero che qui si respira quest’aria -anche solo per la scelta della parola bar contenuta nel nome. Quando sono venuta per l’inaugurazione di Retina, la sensazione era proprio quella di trovarsi a casa di un amico per una festa.
Gluqbar dev’essere uno specchio dei miei interessi che si trasformano e crescono con me. Ho 26 anni, mi diverto alle feste e ascolto tanta musica: durante una festa qui c’è stato un momento magico che mi piacerebbe poter ricreare in un’installazione, un “rito” collettivo quasi tribale della nostra epoca, che non era possibile raggiungere con la musica che ascoltavano i miei genitori (e che continuo ad ascoltare anch’io): mi interessa quindi il linguaggio (quasi-)politico e (anti-?)culturale sottovalutato del club di oggi e la sua decostruzione (ad esempio, in Italia, nella musica di “build-up” di Lorenzo Senni). Gluqbar, a primo impatto, sembra il nome di un bar di periferia: Via Gluck (numero 48) + Uqbar (città immaginaria di un racconto di Borges) + Bar (tutti possono passare di qui per un cocktail o un caffè). Come ad una bella festa, bar o ad un festival musicale, qui ci può passare il curatore/gallerista/art director quanto il chitarrista/nerd/clubber.

– RETINA @ Gluqbar il giorno dopo l’inaugurazione
– RETINA @ Gluqbar il giorno dopo l’inaugurazione

Parlando di identità dei bar milanesi, penso all’iniziativa di Massimo Giorgetti che ha fatto sfilare durante la settimana della moda milanese le storiche insegne di Bar Basso, Jamaica, Pasticceria Cucchi e Pravda impresse su sciarpe, maglioni e accessori. Il che è la prova di come a Milano l’idea di ibrido, di scambio fra alto e basso registro, fra pubblico e privato, fra design e cultura pop sia molto sentita come dimensione. Da qui, forse, anche la tendenza milanese di riqualificare zone periferiche e vecchi locali con le luci al neon…
La moda come linguaggio di tutti i giorni mi interessa ma non conosco Giorgetti: le tendenze e “le mode” invece stancano troppo in fretta. Mi interessa proprio la parola italiana “la tendenza”, tanto che sarà il titolo di una mia installazione a maggio. Credo sia più stimolante oggi partire da linguaggi “fuori luogo”, non accettati nel mondo dell’arte: clubbing, moda, scansioni, pubblicità ad esempio, sono parole che su un critico fanno l’effetto che la fotografia faceva a Beaudelaire, o il colore “commerciale” di Eggleston ai fotografi.

Tshirt RETINA @ Gluqbar (1 di 1)
Tshirt RETINA @ Gluqbar (1 di 1)

Le magliette/ephemera che ho fatto dalla mia prima installazione nel 2013 sono copie uniche, oggetti simbolici come le “celebration tee” di altre culture, o la maglia che si prende a un concerto. È vero che a Milano lo studente e il grande designer potrebbero essere alla stessa festa e questa è una cosa super. Non mi piace invece quando la/una moda sfrutta un’energia dinamica senza averla “digerita”, o quando un quartiere periferico viene “gentrificato” senza attenzione per le differenze. Qui non siamo nè a “Nolo” nè a Sesto San Giovanni, ma c’è un neon della rana Bud preso su eBay e un’altro da Aumai.

Gluqbar Studio: Foto di Elena Vanivetti (Modus Operandi)
Gluqbar Studio: Foto di Elena Vanivetti (Modus Operandi)

A Milano nell’ultimo periodo, Zero ha organizzato una festa in Triennale, LeCannibale al PAC, Milano Digital Week all’Hangar Bicocca; viceversa un’artista come Carsten Holler ha curato una festa/installazione per la Fondazione Prada a Art Basel Miami: è una tendenza? In questo senso, per quanto riguarda il futuro di Gluqbar, cosa prevedi?
Vorrei che Gluqbar continuasse a fare iniziative “Fuori Luogo” (un altro ritornello di questa intervista). Ad esempio una white cube in Via Gluck, un sito internet segreto, una foto di Sofia Borges ora esposta al MoMA stampata su supporto pubblicitario nel centro di Reggio, il cocktail verde di “Padania Classic” di Minelli in una città e libreria “rossa”, il clubbing al museo – sono stato contattato da Fotografia Europea festival per curare la loro festa/after come fosse un’installazione Gluqbar. Con il musicista ospite da Parigi per questa festa, e anche per le prossime iniziative a Milano (di nuovo in coincidenza e dialogo con il mio lavoro personale “Vietnik”), mi piacerebbe approfondire il rapporto tra immagine e suono.

Gluqbar Webdesign: Caterina Barbieri nuovo sito interattivo
Gluqbar Webdesign: Caterina Barbieri nuovo sito interattivo
Luca Massaro – SEEING DOUBLE Installation Views @ Metronom
Luca Massaro – SEEING DOUBLE Installation Views @ Metronom