Dentro la Stazione Termini c’è stato anche un rettilario. E per parecchio tempo. Da piccolo, quando non c’era fretta di percorrere le scale verso l’accesso alla Metro B (direzione Laurentina), mi fermavo sempre qualche minuto a guardare (terrorizzato) boa e pitoni. Gli animali dentro questo rettilario, oltretutto, appartenevano ad Angelo Lombardi, conduttore del programma televisivo “L’amico degli animali” tra i Cinquanta e i Sessanta, ovviamente di casa Rai. Termini è una fucina continua di storie incredibili come quella del rettilario Lombardi, di racconti ai confini della realtà, di miti e di vissuti dall’umanità tanto splendente quanto straziante. E non potrebbe essere altrimenti con circa 500.000 passeggeri al giorno, 170.000.000 all’anno (cifre pre Covid, ovviamente) e tre quartieri confinanti che sembrano tre mondi diversi tra loro, a cominciare dall’Esquilino, il vero quartiere-stazione della città. Alcune di queste persone sono finite tra gli scatti che Niccolò Berretta ha realizzato in dodici anni, dal 2009 al 2021, a cominciare da chi a Termini ci vive, in tutto e per tutto. Un opera gigantesca di 512 pagine, edita da Drago, che racchiude l’abc di Roma e dovrebbe essere distribuita e conservata in ogni casa all’interno del Gra come i vecchi elenchi telefonici.
Domanda che probabilmente ti avranno fatto in tanti, ma penso sia inevitabile partire da qui. Qual è la storia del primo scatto che hai fatto per il progetto Termini?
La storia del primo scatto è un po’ la storia di tutti gli scatti: non c’è storia. Il progetto è nato nell’Ottobre del 2009, cercavo un luogo dove trascorrere del tempo e concentrarmi su dei ritratti fotografici. L’intenzione era quella di creare un archivio composto da soggetti che rappresentassero in maniera un po’ assurda la Roma dei nostri tempi.
Per un romano, Termini è uno di quei luoghi della città che quasi per forza di cose diventa mitologico, fin dall'infanzia: la struttura è enorme, ci sono i treni ed è il crocevia per le due linee della metropolitana. È stato così anche per te?
Stazione Termini ha sempre rappresentato un luogo di grande fascino per me, soprattutto per le possibilità che offre in termini di osservazione. Se ti siedi a uno dei suoi tanti baretti puoi rimanere per ore a vedere quello che succede, ha infinite possibilità, è un luogo molto divertente. Quando ero ragazzino non avevo lo scooter e alle volte per tornare a casa mi toccava passare per Termini per prendere il 310 o il 92. Osservavo la gente anche quando mi capitava di dover prendere qualche treno, ma sicuramente il progetto che poi si è sviluppato per oltre dieci anni è nato in maniera spontanea, non c’è stata nessuna premeditazione.
Come scegli le persone per i tuoi scatti, cosa ti colpisce nella folla di persone che normalmente transita da un binario all'altro?
Capitano giornate che butto la rete e porto a casa decine di ritratti. Giornate di magra in cui passo ore a girare a vuoto. Fermare degli sconosciuti richiede anche una buona dose di entusiasmo, cosa che su un progetto a lungo termine non mi è sempre concessa. Fermo le persone che mi saltano all’occhio, per lo più gente vestita in maniera eccentrica.
Come ti avvicini a loro? Cerchi di spiegare il tuo progetto?
Alcune persone a Termini ci vivono proprio e sono la categoria con cui riesco a fare due chiacchiere spiegando le mie motivazioni. I pendolari sono più complicati perché vanno di fretta: se accettano, le mie spiegazioni si riducono al minimo. I miei preferiti sono quelli che pensano che gli sto chiedendo dei soldi, una volta smentita questa cosa accettano di farsi fare una foto senza obiettare. Una volta ho fermato Gigi Marzullo, andava di corsa ma è stato un grande, si è fermato e mi ha chiesto: «Perché fai questo progetto?». Una domanda di Gigi era il sogno di tutta la mia vita!
Che reazione hanno le persone a cui chiedi di essere fotografate? Immagino che molte di loro non abbiano neanche chiaro il concetto di "mettersi in posa" o comunque sono sorprese dal fatto che qualcuno possa volergli fare una foto.
In un’altra intervista avevo calcolato il numero dei vaffanculo che ho preso in questi dieci anni e diciamo che ci avremmo composto non solo un libro di 512 pagine, ma tutta la collana! Una bella Treccani di vaffanculo. La posa che chiedo nello scatto è abbastanza semplice: frontale, eretta, sguardo in macchina. Insomma, una posa che come requisito ha quello di stare in piedi. La gente si sorprende quando li fermo, una delle reazioni più divertenti è quella delle signore anziane: “A me devi fa la foto, ma va a cerca’ qualcuna dell’età tua!”.
Molte volte è facile vedere dietro un volto una storia di vita difficile o comunque complessa, che empatia sviluppi con le persone che ritrai?
Nei primi due anni che scattavo in Stazione avevo l’abitudine di registrare le conversazioni, in particolare delle persone che frequentavano la Caritas. È un’abitudine che con il tempo ho cercato di diminuire perché assorbire come un spugna migliaia di storie drammatiche non aveva degli effetti positivi su di me.
L'episodio più assurdo che ti è capitato?
Ogni volta che vai a Termini succede qualcosa. Mi hanno rapinato, tentato di dare un cazzotto, ho assistito a scippi e risse, gente disperata: se vuoi vedere un po’ di queste cose è il luogo giusto. Una volta con il mio amico Filippo Silli abbiamo passato il Capodanno a Termini e tutte quelle cose che ho elencato poco fa si sono andate a concentrare in una sorta di girone dantesco. Come ti giravi succedeva qualcosa: quella notte me la sono goduta senza fare neanche una foto.
I tuoi scatti per Termini sono stati pubblicati da poche settimane da Drago, com'è nata questa collaborazione editoriale?
Fare un libro è sempre stato il mio sogno dal giorno uno di “Stazione Temrini”. Quando l’ho presentato a Paulo Von Vacano da subito si è creata una grande intesa. Il progetto gli è piaciuto immediatamente e ne ha cominciato a parlare in un modo a cui non avevo mai pensato. È un mito, un visionario che realizza libri che spaccano e al giorno d’oggi non è una cosa scontata! Una volta superato il colloquio iniziale ci siamo messi a lavoro con Alice Ginolfi e Nicola Scavalli e per più di un anno abbiamo lavorato in maniera molto intensa e costruttiva. Un team fantastico!
Passi ancora molto tempo a Termini?
Da quando è uscito il libro ancora non ci sono andato. In generale non ci passo spesso, ho meno tempo libero rispetto a quando ho iniziato nel 2009.
Immagino che negli anni ti sia addentrato spesso anche in quello che è il quartiere della stazione, l'Esquilino. Hai realizzato molti scatti anche in questa zona?
Per “Stazione Termini” ho sempre considerato anche tutto l’Esquilino in generale. È un quartiere molto famigliare per me, è stato lo scenario di vari lavori o collaborazioni. Nel 2014 ho realizzato la fotografia per il film di Ra Di Martino “The Show Mas Go On”, ambientato nello storico Mas, purtroppo ormai chiuso da qualche anno; a settembre del 2020 ho realizzato sempre qui per REDValentino il lookbook della loro nuova collezione, una collaborazione che mi ha permesso di unire la mia ricerca sul territorio al mondo della moda.
Che ne pensi in generale dell'Esquilino?
Penso sia un posto fantastico. Ci vivrei senza dubbio.
Stazione Termini è molto curiosa, se non unica da questo punto di vista, perché tocca tre quartieri diversissimi tra loro: l'Esquilino, quartiere "etnico", San Lorenzo, quartiere studentesco, e la zona del Sallustiano, che praticamente apre le porte al centro storico più ricco e ministeriale/politico. Anche dal punto di visto fotografico, basta percorrere poche centinaia di metri e i volti cambiano totalmente. Hai mai provato ad allargare il tuo raggio d'azione a tutte queste altre zone?
Prima di iniziare Stazione Termini avevo provato a scattare in altri luoghi di Roma. Con il mio amico Gabriele Silli ero stato a Via del Corso, a Monti e in altre zone, ma alla fine il risultato migliore l’ho ottenuto sempre e solo a Termini, che non ha rivali.
C'è qualche altro luogo di Roma in cui ti piacerebbe fare un lavoro simile a quello fatto per Termini?
Porto avanti molti progetti fotografici e ne ho realizzati diversi che con Termini non hanno nulla a che vedere. Se dovessi fare un lavoro simile lo farei in altre stazioni in giro per il mondo.