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Obi Baby racconta i Pgoldini

In occasione di P:Gold 2019, tutto sulla generazione che ha fatto la storia della nightlife milanese

Scritto da Emanuele Zagor Treppiedi il 28 novembre 2019

Il P:Gold nasce nel 2000 da un’idea del Pervert, che già da diversi anni animava e rendeva più eccitanti le notti di Milano. È stata una di quelle serate che la città si ricorda ancora oggi e che, grazie a Dio, una volta all’anno ritorna per la gioia di vecchie glorie del clubbing, giovani clubber che provano a rivivere un party storico e, naturalmente, dei Pgoldini. A loro è dedicato il video che trovate qui sotto e l’intervista della regina Obi Baby, che ci racconta il suo pubblico. I ragazz* che si vestivano di total black o con l’abbinamento di colori (nero e bianco, nero e fucsia, nero e turchese e nero e giallo) che cambiava stagione dopo stagione erano uno degli elementi portanti della festa; ma sono stati anche la sfortuna del P:Gold, perché la loro presenza ha reso il party estremamente popolare, facendo perdere all’evento il fascino iniziale.
Oggi il P:Gold è l’unico party che mette in scena uno show e, con una community di fan o meno, è ancora una delle feste da vivere: ballando, travestendosi e scambiandosi liquidi.

 

P:Gold era la serata più maestosa del Pervert, ma prima di parlare dei Pgoldini raccontaci anche quali erano le altre serate che organizzavate in contemporanea e che differenza di pubblico c'era.

Siamo agli inizi del 2000, quando io e Ivan diamo vita a un party ambizioso. Ai tempi passavamo le estati a Ibiza ed eravamo contaminati dalla concezione della big room anglosassone. Eravamo ancheispirati da party come il Manumission che diedero nuova linfa vitale ad Ibiza, consegnandola di fatto agli inglesi. Noi volevamo fare una cosa simile al Manumission, peró a Milano. Dopo P:Gold, che ebbe successo rapidamente, nato prima al Le Quinte e poi spostato al De Sade, si accostò dopo qualche anno Sodoma, ogni mercoledì all’Hollywood, e poi il The Light alla Punta dell’est. Il mercoledì il pubblico era più grande, vizioso e legato a un’esperienza più musicale oltre che edonistica. Il sabato era molto più giovane e casuale. Il P:Gold invece era inizialmente un grosso meltin pot culturale. Vedevi dai commessi che il lunedì non lavoravano al figlio di avvocati, passando da l’ibizenco, molti gay e varia umanità.

Focalizziamoci sul P:Gold, quando si è iniziato a parlare di Pgoldini?

Inizio a vedere che stava nascendo qualcosa di strano da un gruppo di ragazzi giovani che stazionavano nel privé del De Sade. Erano molto colorati ma curati, ed erano in parte gay e in parte etero. Capelli sparati e altri con cilindri. Ovviamente ci fu subito un clash con alcuni tavolari presenti nel privè e io dovetti prendere subito le loro parti, proteggendoli e tutelando la loro presenza. Erano i primi Pgoldini!
Più tardi questo gruppo si allargò e si propagò quando traslocammo al Rolling Stone. Fu nella stagione del nero e fucsia che esplose questo fenomeno. Creste, rasature, pantaloni a pinocchietto, calze a rete sulle braccia, stelle, piercing sulla lingua. Be’, io certo non disdegnavo! Anzi in realtà credo di essere spesso molto complice di queste escursioni del gusto. Ricordo che cambiavo colore di capelli in base al colore dell’anno, ma non solo quello. Il nostro movimento era un mix fra moda punk, electro e haute couture. I giovani sguazzavano a modo loro fra tutti questi riferimenti.

Spesso si paragona il pubblico del P:Gold con quello del Diabolika di Roma, è vero? Che similitudini ci sono nel party e nel pubblico?

Credo che al pubblico romano si debba riconoscere i primi look con le calze a righe e il pantalone dentro le calze. Da lì però i Pgoldini hanno decisamente preso in mano la situazione, fino al degenero più totale. Similitudini non saprei dirtele. Non ho mai partecipato a un loro party, nemmeno quando tentarono di sbarcare a Milano, che restò saldamente in mano al mio gruppo. Credo onestamente che Diabolika fosse un format un po’ più grezzo nella forma artistica. Certo anche noi avevamo dei vocalist, ma avevamo uno stile un po’ meno invasivo. Loro avevano una radio alle spalle mentre noi ci autoproducevamo tutto. Noi facevamo show sul palco, loro credo solo animazione un po’ infernale. Credo che le differenze fossero essenzialmente le stesse che caratterizzano le nostre due città.

Un look fatto di abbinamenti di colori con il nero che cambiavano ogni stagione: con che idea veniva fatta questa combo? Volevate fare una sorta di selezione attraverso il look oppure era un modo per far sentire il pubblico ancora più parte di una comunità?

Noi volevamo far interagire il pubblico con il party. Volevamo che si sentissero parte di un grande villaggio. Agli inizi del 2000 esisteva questa serata inglese che si chiamava Gatecrasher e il suo pubblico era una variante di Pgoldini versione rave. Gli inglesi li chiamavano Gatecrasher kids. Credo che inconsciamente volessimo esattamente quello che poi accadde. Un pubblico coloratissimo e fuori di testa!

Quanto questa connotazione così evidente ha giovato alla serata e quanto ne ha consacrato la sua eccessiva popolarità e forse crisi?

Mah! Senti, col senno di poi posso dirti che probabilmente ne consacrò la fine, ma non reputo importante questo aspetto. Voglio dire: le cose hanno un loro ciclo vitale, tutto quello che schizza in alto, poi inevitabilmente torna a terra. Milano ha visto molti altri party che sono durati una, due stagioni e poi si sono estinti. P:Gold è ancora qui! Sono passati 19 anni e ha visto molti cambiamenti, ma è ancora il party più controverso di Milano. Il fenomeno dei Pgoldini è stata una fase, ma il nucleo di quello che proponiamo da 27 anni è un’altra cosa. È amore per la diversità e distruzione della normalità!

Giornali, TV e altri media come raccontavano questi ragazzi? Tutto sommato erano giovanissimi che andavano a ballare la domenica sera, prima della scuola del lunedì.

I giornali e le TV erano più interessati al fenomeno delle drag queen che ai ragazzi. Erano loro che attiravano la loro attenzione. Così come i feticisti e i praticanti di bdsm. Cosa che accade ancora oggi. Nell’ultimo mese siamo passati su Rai 3, su “Live – Non è la D’urso” e su “Le Iene”. Tutti interessati a parlare di sesso!


Una cosa è certa: avete avvicinato una serie di ragazzi a una forma di libertà estetica e sessuale, eravate pronti a tutto ciò?

Sinceramente no. Ma è stato tutto talmente coinvolgente che abbiamo cavalcato l’onda. Se c’è una cosa che ci faceva molto piacere era il calore che si respirava alle nostre feste. Un calore e un’enfasi che purtroppo oggi non vedo nei grandi eventi attuali con i big dj. Sono tutti focalizzati su quel cazzo di cellulare e sulla consolle!

Quali erano le altre comunità di Milano in quel periodo e come si inserisce e differenzia quella del Pgoldino? Quali erano, oltre al P:Gold, i luoghi in cui si ritrovavano questi ragazzi?

C’erano i dark e gli emo, e poi ancora i metallari. Questi ultimi in particolare ce l’avevano con i Pgoldini. Leggevo messaggi di violenza rara nei nostri confronti e nei confronti dei più piccoli. Messaggi omofobi, pieni di odio e di bullismo. Noi abbiamo sperimentato per primi l’odio e gli hater sul web, forse perché eravamo parecchio smart e amanti di varie chat o forum on line. I ritrovi erano le classiche Colonne di San Lorenzo, il nostro negozio di Piazza Lima e a lato del Duomo, autentiche roccaforti dei Pgoldini.

Raccontaci qualche aneddoto bizzarro.

I Pgoldini mi facevano un sacco di regali. Uno di questi era sicuramente il seguirmi nelle mie trasferte con striscioni e bandiere. Ricordo di una nostra data al Cocoricò. Ebbene, quel giorno tutta Riccione e in particolare viale Ceccarini erano invase dai colori del Pgold. Fermate dei bus e ristoranti erano colmi di creste, calze a strisce, ali di fata e boa di struzzo!
Ricordo che mi regalavano collane, magliette fatte da loro, collage di foto. Ricordo quegli anni con molta tenerezza. I Pgoldini (la parte buona) era molto sensibile. Alcuni erano anche alle prime esperienze sessuali e ancora oggi in molti mi ringraziano per avergli dato uno spaccato di vita alternativo a quello della massa. Non posso scendere nei dettagli di quello che succedeva nel grande dancefloor del Rolling, ma puoi star pur certo che molti amori e forse qualche erede di Obi Baby è stato concepito lì!

Oggi, secondo te, ci sono ancora delle comunità che si contraddistinguono nell'estetica e nei valori?

Credo di sì. Forse un po’ meno manifeste, ma ci sono. In ambito gay ci sono mille sfaccettature basate sull’estetica e sui richiami sessuali. Gli etero anche. Diciamo che oggi ci sono molte più etichette, tutte sdoganate. Non fa più strano appartenere a una corrente e questo forse ha tolto quell’alone di elitarismo che ti conferiva farne parte.

Oggi P:Gold è ancora una comunità?

Pervert lo è. Pervert Gold è l’evento più bello che la comunità Pervert festeggia una volta all’anno. A proposito, non perdetevi quello di sabato 7 dicembre 2019, non ve lo perdonereste!