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Orizzontale

Teoria e pratica dello spazio pubblico: abbiamo intervistato Orizzontale.

Scritto da Nicola Gerundino il 18 settembre 2017
Aggiornato il 25 settembre 2017

Roma, Museo del Maxxi 25 06 2014 Preview dell mostra di Gaetano Pesce "Il tempo della diversità". Alla Presenza del Ministro della Cultura Dario Franceschini, di Giovanna Melandri, Hou Hanru, Anna Mattirolo e Margherita Guccione. Nella foto: gli architetti dello Studio Orizzontale vincitore del Premio Yap ©Musacchio & Ianniello ******************************************************* NB la presente foto puo' essere utilizzata esclusivamente per l'avvenimento in oggetto o per pubblicazioni riguardanti la Fondazione Maxxi *******************************************************

Foto di Musacchio & Ianniello

Luogo di residenza

Roma

Attività

Architetto

Spesso si tende a far coincidere l’architettura con la progettazione e la costruzione di edifici memorabili, da immortalare e consegnare a riviste di settore, cataloghi e social. C’è, invece, chi intende l’architettura come una pratica di inclusione quotidiana. Parliamo di Orizzontale, collettivo di architetti con base a Roma che ha fatto dello spazio pubblico il proprio principio di azione, assieme all’autocostruzione e all’impiego di materiali di riuso. In questo ultimo scorcio di 2017, a Roma presenteranno il terzo capitolo di un percorso pluriennale incentrato su una piazza della Marrannella, emblema di tutte le “disgrazie” che lo spazio pubblico subisce nella Capitale: Perestrello 3.0 – Iceberg (18-22 settembre), lavoro inserito anche all’interno del programma del festival New Generations – Architects vs The Rest Of The World (24-26 settembre, Casa dell’Architettura). Orizzontale è composto da Jacopo Ammendola, Juan Lopez Cano, Giuseppe Grant, Margherita Manfra, Nasrin Mohiti Asli, Roberto Pantaleoni, Stefano Ragazzo.

Space Cabins.
Space Cabins.

 

ZERO: Iniziamo facendo qualche passo indietro. Com’è nato Orizzontale? Come vi siete conosciuti?
Orizzontale: Orizzontale nasce con l’idea di ampliare la ricerca sullo spazio pubblico che ognuno di noi aveva avviato nel periodo universitario. Ci siamo conosciuti a Valle Giulia, la facoltà di architettura della Sapienza di Roma, poi le nostre singole esperienze ci hanno visto compiere periodi di studio anche in università estere come le TU di Berlino e Aachen, la ULPG di Las Palmas o la ETSA di San Sebastián, la FAUP di Porto, la KU Leuven, la ENSAP di Lille o la Facoltà di lettere dell’Università di Granada. Per la maggiore parte di noi il rapporto è stato diretto: eravamo compagni di corso o amici. L’idea di fondare orizzontale è di Jacopo e Juan e si concretizza a Marzo 2010 con un’azione pubblica realizzata sui marciapiede del Pigneto, sempre a Roma. Quel progetto fece da richiamo per tutti gli amici interessati al tema e nell’autunno di quello stesso anno venne indetta una prima riunione. Da quei primi incontri sono poi nati i primi progetti a Largo Perestrello, la cui terza fase partirà il 18 settembre con il progetto Iceberg (dopo 7 anni!). Il gruppo tra il 2010 e il 2011 si è dilatato e compresso, passando da 12/13 persone ai 7 membri attuali. Diciamo che ci siamo saldati definitivamente con la vittoria di un finanziamento europeo per il progetto KIUI a fine 2011.

"Le Orecchie di Giussano", primo lavoro a firma Orizzontale.
“Le Orecchie di Giussano”, primo lavoro a firma Orizzontale.

Orizzontale è nato per uno scopo particolare e pratico o piuttosto attorno a un’idea di architettura?
Orizzontale è nato attorno a un’idea di spazio pubblico inclusivo e multidisciplinare. Poi con il tempo abbiamo sviluppato degli strumenti progettuali che abbiamo applicato all’idea di abitare in generale.

Cos’è per voi lo spazio pubblico?
Lo spazio pubblico è la dimensione nella quale viviamo quotidianamente come abitanti e dove abbiamo deciso di agire professionalmente come architetti. Il progressivo allontanamento delle comunità dagli spazi collettivi della città, unito a una società contemporanea sempre mutevole, sia nella forma che nei bisogni, ci ha spinto a iniziare una ricerca progettuale che avesse come tema centrale lo spazio pubblico attuale. Il nostro obiettivo è dare una risposta ai nuovi bisogni sociali attraverso la sperimentazione nello spazio pubblico, ottimizzando le risorse disponibili e creando una sinergia tra diverse tipologie di “rifiuti urbani”: scarti materiali, spazi residuali e usi dimenticati o inediti. Azioni pubbliche, predisposizione di infrastrutture minime, laboratori di costruzione condivisi sono gli strumenti che utilizziamo per intervenire nella riattivazione degli spazi comuni.

Ci sono stati architetti, studi o gruppi vi hanno influenzato?
Assolutamente sì, architetti e non. Siamo professionalmente cresciuti guardando le esperienze (estere) dei pionieri di questo movimento: raumlaborberlin, EXYZT, Fattinger, 2012architecten (ora Superuse studio), Lacaton&Vassal, gli esperimenti spagnoli di Arquitecturas Colectivas, Bruit du Frigo, fino a raggiungere le avanguardie inglesi degli anni 60/70 e i Situazionisti. Ci influenzano molto anche architetti e gruppi coetanei che sono nati contemporaneamente a Orizzontale: Collectif ETC, Assemble etc. Ovviamente a Roma sono stati fondamentali i lavori di Stalker, Romalab e l’estate romana di Nicolini.

Bruit du Frigo.
Bruit du Frigo.

Quanto ha influito Roma nella vostra idea di architettura, sia come panorama visivo quotidiano, sia come città che genera costantemente necessità?
Molto, nel bene e nel male: le strade e le piazze che brulicano sempre di vita, la naturale adattabilità del romano e dell’architettura romana, le case addossate all’acquedotto, gli enormi vuoti all’interno della città, i microspazi pubblici autogestiti dai cittadini, le occupazioni come il Forte Prenestino, le scalinate romane piene di persone.

Quali sono gli spazi pubblici di Roma che avete più vissuto e che in un certo qual modo vi hanno formato?
Abbiamo un rapporto emotivamente forte con Largo Bartolomeo Perestrello, anche perché il nostro studio non è lontano da lì. Nel 2010 è stato il nostro primo banco di prova, non avevamo né esperienza né strumenti per lavorare la sua complessità. Negli anni ci è rimasta sempre la voglia di tornare in quella piazza ed eccoci finalmente tornati. Questa volta però siamo consapevoli della situazione e abbiamo acquisito strumenti che ci permettono di lavorare la complessità di quell’area.

Che ne pensate della gestione dello spazio pubblico di Roma? Divido la domanda in due e vi chiedo prima un giudizio sulla gestione negli ultimi decenni.
Alcune dinamiche, già evidenziate alla fine degli anni 70, hanno visto cambiare profondamente Roma: l’inaccessibilità del centro storico da parte di buona parte della popolazione – sia in termini di offerta, sia in senso spaziale – e, contemporaneamente, la rinuncia a combattere la forza centrifuga che allontanava le altre zone e i suoi cittadini dal nucleo centrale. Renato Nicolini, architetto e assessore alla cultura della giunta Argan a cavallo tra gli anni 70 e gli 80, aveva usato lo strumento dell’architettura temporanea dell’Estate Romana e la sua programmazione come antidoto a queste dinamiche. Erano gli anni di chiusura di molti P.E.E.P. (Piani di Edilizia Economica e Popolare), la maggior parte dei quali atterrati come astronavi nella periferia romana (Vigne Nuove, Corviale, Laurentino 38 etc.) e mai seriamente gestiti nella loro complessità sociale ed economica.

Laurentino 38 visto dall'alto.
Laurentino 38 visto dall’alto.
La Roma contemporanea si stava formando proprio in quegli anni. Nel decennio successivo sono nati anche progetti che lavoravano sulla criticità dell’urbanistica dei decenni precedenti, ma purtroppo sono rimasti invischiati nel pantano romano, oppure sono stati cannibalizzati dalla speculazione (Centopiazze, i Piani di Recupero Urbano (P.R.U.), i Contratti di Quartiere, i Piani Urbani Parcheggio (P.U.P.) i Piani di Zona, X).

Oggi invece che succede?
Anni di speculazione edilizia e di amministrazioni miopi ci hanno restituito una città costellata di spazi inutilizzati o abbandonati a se stessi. E non sono i grandi centri commerciali la soluzione. Abbiamo copiato l’urbanistica dei mall americani proprio quando negli Stati Uniti ne hanno evidenziato le criticità. L’idea dietro all’attuale Piano Regolatore di Roma è proprio questa: grandi centralità che coincidono con i centri commerciali. Siamo sicuri che non riusciamo a pensare a una centralità che non sia destinata e ossessionata dal consumo? Ovviamente questa scelta di città è quella che massimizza i profitti, serve una grande forza “civile” e un’ottima conoscenza di Roma per aprire spiragli e creare percorsi attuabili. Dall’altra parte assistiamo anche a grandi movimenti di autorganizzazione degli abitanti che salvaguardano il territorio con un’ottica inclusiva e sostenibile, come il lago della Prenestina e le Officine OZ. Paradossalmente, in altre capitali europee il livello di dibattito si trova proprio su un’altra dimensione, che non sempre è positiva: a Londra ci si interroga sull’effettiva appropriatezza degli pseudo-public space, negli Stati Uniti Richard Florida sconfessa la sua stessa tesi sulla classe creativa come motore di rigenerazione urbana, a Berlino si continua a mettere a punto una legge che controlla i meccanismi di speculazione sugli appartamenti dovuti alla gentrificazione. E noi invece?

Cosa c’è che non va nell’architettura a Roma e di Roma? Immagino che il problema sia innanzitutto di concetto e poi anche di forma.
Beh sì, il discorso è abbastanza complicato e va visto nella sua complessità, ogni grande opera a Roma equivale ad un compromesso tra tutte le realtà che hanno i più disparati interessi sull’area. Ovviamente (e purtroppo) la qualità e le effettive necessità degli abitanti non sono in cima alla lista.

Se aveste voi in mano l’urbanistica di Roma che cosa fareste?
Questa è una domanda da un milione di euro! Ma ci penseremo…

Torniamo a voi, qual è stato il vostro primo progetto?
Il primo progetto in assoluto è stato Le orecchie di Giussano, del gruppo attuale erano presenti solo Jacopo e Juan. Il primo progetto che ci ha visto tutti coinvolti è stato KIUI, un’ampia ricerca sullo spazio pubblico romano, conclusasi con il progetto nel Parco delle Palme di fronte al Forte Prenestino, in cui c’è tutto quello che caratterizza Orizzontale: costante ricerca e inclusività. Abbiamo messo allo stesso tavolo il Forte Prenestino, il MAXXI, la Sapienza e tutti gli attori attivi sullo spazio pubblico romano.

Qual è stata la difficoltà maggiore di quel primo progetto e quale, invece, l’aspetto positivo che vi ha fatto intuire che il percorso intrapreso era quello giusto?
La difficoltà maggiore è stata gestire tutti i vari aspetti senza averne piena esperienza. Il risultato dell’intero percorso però – il workshop SOS – Spazio Open Source – ci ha così soddisfatto che abbiamo capito che quella era la strada da percorrere.

Come nasce un vostro progetto?
Quando possibile cerchiamo sempre di avere un primo momento di condivisione generale. Lavoriamo comunque uno affianco all’altro, tutti i giorni: il confronto è costate. Di solito la gestione di ogni progetto è fatta da due persone che ne seguono le fila. Nei momenti di maggiore bisogno il gruppo si allarga, fino alla costruzione, in cui prediligiamo essere in formazione completa.

C’è un progetto a cui siete particolarmente legati?
Siamo molto legati ai progetti in cui riusciamo a mettere il maggior numero di energie possibili. Diciamo che la genesi di 8 1/2, il progetto per YAP MAXXI 2014, ci ha permesso di approfondire alcuni temi a noi molto cari.

Parliamone allora.
8 1/2 è stato uno dei più importanti traguardi della nostra vita professionale. Il salto di scala rispetto ai progetti antecedenti è stato notevole; questo ci ha permesso di osare di più e di immaginare un’infrastruttura relazionale completa, una grande macchina che abitasse lo spazio pubblico. Nella progettazione di 8 1/2 abbiamo cercato di condensare tutto quello che avevamo appreso durante la nostra ricerca progettuale. Certo, passare dalla sperimentazione nello spazio pubblico all’installazione in uno spazio museale ci ha portato molti più vincoli. Allo stesso tempo, però, ci ha permesso di testare le nostre idee in un contesto normativo-burocratico più complesso, dal quale abbiamo imparato molto. 8 1/2 è una grande macchina scenica sulla quale possono avvenire diversissimi eventi, dai concerti ai talk. È costituita da una parete di fusti di birra riciclata trasformati in luci, e da un’arena più raccolta. Oltre alla dimensione dell’evento, accoglie e avvolge anche gli incontri informali quotidiani dei visitatori del Museo. È quindi scenografia sia della vita quotidiana, sia dell’evento. YAP è stato soprattutto un nuovo punto di partenza perché la risonanza internazionale ci ha fatto raggiungere nuovi contesti europei sui quali stiamo lavorando tuttora. I progetti sono diventati più complessi e allo stesso tempo più stimolanti. Alcuni ci vedono coinvolti come progettisti, su altri il nostro ruolo mantiene un respiro più ampio: autocostruzione, riciclo e intervento temporaneo processuale sono il nocciolo della nostra ricerca e si inseriscono in un filone progettuale che negli ultimi venti anni è cresciuto parecchio in Europa.

Il progetto che ritenete sia maggiormente esemplificativo della vostra idea di architettura?
Largo Perestrello, immaginandone anche un futuro sviluppo, ha tutte le carte per racchiudere la nostra idea di spazio pubblico. Anche il progetto di Aprilia, Prossima Apertura, in cui ci confrontiamo con un’amministrazione per un progetto a lungo termine, potrebbe permetterci di mettere in pratica tutto quello che abbiamo imparato in questi anni.

Voi lavorate sia su spazi interni che esterni: li considerate alla stessa maniera?
Le necessità sono ovviamente diverse, ma la nostra predisposizione ad andare il più possibile site specific, unita all’autocostruzione, ci permette di rispondere nel modo che reputiamo più adatto allo spazio.

Chiamate “macchine” le installazioni che realizzate in spazi esterni: è un termine che mi ha incuriosito, cosa vuol dire?
Usiamo il termine “macchine” perché trasmette un senso di trasformabilità e dinamicità. Richiama le macchine sceniche dei teatri, che spostano le scenografie per accompagnare il lavoro degli attori. Ecco, noi ci aspettiamo dalle nostre installazioni la stessa leggerezza delle scenografie, ovvero uno sfondo davanti al quale si compie il “meraviglioso urbano”.

A Roma avete realizzato molti interventi, ci potete raccontare i principali? Personalmente credo di avervi conosciuto per l’installazione realizzata all’ingresso del Forte Prenestino.
L’installazione al Forte è l’unica che ancora rimane visibile, anche se terribilmente malconcia e mutilata dal tempo – doveva rimanere lì solo l’estate del 2012, in teoria. Gli altri sono stati progetti temporanei o con una matrice più commerciale.

S.O.S. Spazio Open Source, nel piazzale antistante al Forte Prenestino.
S.O.S. Spazio Open Source, nel piazzale antistante al Forte Prenestino.

Che approccio avete quando incontrate mondi più “commerciali”, come bar, club o shop?
Il filo conduttore di tutti i progetti rimane l’autocostruzione. Progettiamo e produciamo quasi tutto noi, riusciamo in questo modo a controllare il progetto in tutte le sue fasi e a calibrare le risorse a disposizione.

Immagino che il materiale che preferite usare sia il legno. C’è un motivo particolare?
Usiamo il legno perché è un materiale molto duttile e che abbiamo imparato a lavorare. Quando il progetto non ha come tema principale il riciclo, compriamo il legno dai grossi rivenditori di Roma e dintorni. Ce ne sono parecchi.

Con quali altri materiali vi piace lavorare?
Ultimamente stiamo lavorando molto con i profili in ferro. La loro leggerezza di questo ci affascina parecchio e si presta molto per gli interni o per gli elementi di arredo.

Il bar estivo Docks, a firma Orizzontale.
Il bar estivo Docks, a firma Orizzontale.

Arriviamo al 2017, innanzitutto vi chiedo per voi che anno è stato.
È stato un buon anno, abbiamo conosciuto molte realtà e lavorato in ambiti molto diversi. La diversità è un valore aggiunto che ci arricchisce molto come professionisti. Quello che impariamo in ogni contesto diventa poi parte del nostro bagaglio, spendibile su tutti i filoni di ricerca.

Parliamo finalmente di Luogo Comune: Perestrello 3.0 – Iceberg, uno dei lavori con cui chiuderete l’anno. Di cosa si tratta?
Perestrello 3.0 è un progetto di riattivazione urbana per Largo Bartolomeo Perestrello – nella zona Marranella di Roma (V Municipio) – ed è all’interno del festival New Generations. Perestrello 3.0 si inserisce nel più ampio progetto, Luogo Comune, nato proprio per largo Bartolomeo nel 2010. Questa fase ci vedrà affiancati da NOEO, un gruppo di psicosociologi con cui collaboriamo da qualche tempo (abbiamo vinto insieme anche il progetto Periferie 2016 del MIBACT per l’area di Aprilia).

Al centro di Perestrello 3.0 c’è un iceberg, come mai?
L’iceberg è uno stratagemma comunicativo. Cambiare la percezione di uno spazio rimasto “sospeso” per molto tempo significa lavorare sull’immaginario collettivo degli abitanti. Trovare una dimensione narrativa da utilizzare lungo tutto il percorso ci aiuta nel fase di coinvolgimento e di costruzione del nuovo immaginario, verso una visione per il futuro della piazza. In questo caso l’installazione ricorderà la punta di un iceberg. Questa prima fase di costruzione sarà molto ridotta rispetto alla piazza, e usiamo lo stratagemma dell’iceberg e della sua costruzione per far emergere tutto il mondo sommerso che vive la piazza quotidianamente, proprio come la punta dell’iceberg è solo una piccola parte di quello che si nasconde sotto il livello del mare. Siamo ancora nella fase di ricerca e ingaggio della popolazione, dopo il progetto Iceberg contiamo di avere sufficiente materiale per proporre a tutte le realtà interessate una visione sul futuro dell’intera piazza. Invitiamo tutti all’inaugurazione della piazza, sabato 23 alle 19!

L'iceberg di Largo Perestrello.
L’iceberg di Largo Perestrello.

È una scelta curiosa perché l’iceberg fa parte di un habitat tutt’altro che favorevole alla condivisione e alla socialità
Non sai mai cosa nasconde sotto l’iceberg, come noi non sappiamo cosa ci riserverà Largo Perestrello. L’iceberg sarà un dispositivo relazionale che ci permetterà di confrontarci in maniera informale con gli abitanti, azzerando le distanze che di solito si creano tra il progettista, l’abitante e l’Amministrazione.

Che legame avete con Largo Perestrello?
Ce ne siamo interessati da quando abbiamo scoperto la sua esistenza dietro le recinzioni abbandonate del cantiere, nel 2010. La sua storia si ricollega a tutte le criticità sullo sviluppo urbano romano di cui abbiamo parlato prima. Siamo già intervenuti in quell’area con due piccoli progetti che potremmo definire processuali: Work-Watching, luogo di socialità e presidio sul cantiere della piazza e Perestrello in festa, un allestimento effimero per l’inaugurazione della pavimentazione.

"Work-Watching", il primo intervento di Orizzontale a Largo Perestrello.
“Work-Watching”, il primo intervento di Orizzontale a Largo Perestrello.

Quindi Largo Perestrello può essere considerato un caso emblematico di quelle che sono le sorti attuali dello spazio pubblico a Roma.
Assolutamente sì, sentite la sua storia. Largo Bartolomeo Perestrello è una piazza della Marranella, un quartiere nella parte orientale di Roma. Negli anni 90 la piazza era utilizzata come parcheggio e veniva usata spontaneamente dai cittadini del quartiere. Con l’arrivo degli anni 2000 la piazza rientra nel P.U.P. (Piano Urbano Parcheggi) che prevede la realizzazione di un parcheggio interrato e la trasformazione dell’area in una piazza con mercato e area giochi. Nel 2005 si apre il cantiere e già nel 2007 vengono consegnati i box agli acquirenti. L’area in superficie però rimane recintata e abbandonata, i finanziamenti per le opere di compensazione (piazza e mercato) si bloccano nel dipartimento capitolino. Nonostante le proteste degli abitanti e delle associazioni di quartiere l’area rimane transennata e abbandonata fino al 2010. Nel novembre del 2010 decidiamo di forzare le recinzioni dell’area insieme ad alcune associazioni del quartiere: parte il progetto Luogo Comune, laboratorio di trasformazione di Largo Bartolomeo Perestrello. L’obiettivo è creare uno spazio pubblico per la Marranella. La prima azione di apertura della recinzione ha un ottimo tempismo e coincide con l’erogazione di fondi da parte del Comune per la prima fase di lavori: la pavimentazione. Nasce cosi Work Watching (Perestrello 1.0), installazione posta al di fuori dell’area di cantiere con una doppia funzione: seduta e luogo di socialità, ma anche un presidio, un punto di osservazione e di controllo sui lavori (in termini di tempi, qualità e trasparenza) da parte di tutti quei cittadini che vogliono tutelare il proprio diritto allo spazio collettivo. Nel maggio del 2011 viene inaugurata la pavimentazione e, insieme ad alcune associazioni della zona, organizziamo una giornata di celebrazione: Piazza Perestrello in festa (Perestrello 2.0). A breve sarebbero dovuti partire i lavori per lo spostamento del mercato e per la realizzazione della piazza. Sono passati 6 anni e Largo Bartolomeo Perestrello è ancora una superficie indefinita, ma con un potenziale umano enorme. Ripartiamo da qui!

Il secondo intervento a Largo Perestrello: la piazza in festa.
Il secondo intervento a Largo Perestrello: la piazza in festa.

Come avete già accennato, il lavoro su Largo Perestrello è inserito all’interno di un festival, New Generations.
Sì, è all’interno del festival New Generations – Architects vs The Rest Of The World, curato da Itinerant Office di Gianpiero Venturini. Abbiamo partecipato a quasi tutte le edizioni del festival e sono state sempre un momento di grande fermento e interesse. Si riuniscono più di 60 realtà di architettura europee che si confrontano sui temi caldi della professione.

Cosa domandano all’architettura le nuove generazioni? E cosa dovrebbero rispondere quelle vecchie?
Le nuove generazioni domandano un po’ di spazio, o almeno la libertà di crearselo.

Se Orizzontale fosse un edificio, come sarebbe?
Sarebbe un cantiere aperto senza mai diventare un edificio concluso.

E se fosse una città?
Una città errante, mutevole e inclusiva