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Sergio Ricciardone

In occasione della preview milanese di Club To Club, abbiamo intervistato il direttore del festival torinese e ci ha raccontato che relazione c'è tra Torino e Milano, il ruolo del festival oggi e i suoi migliori momenti dove ha visto la luce al buio.

Scritto da Emanuele Zagor Treppiedi il 16 ottobre 2018
Aggiornato il 19 ottobre 2018

Data di nascita

30 agosto 1971 (52 anni)

Luogo di nascita

Torino

Luogo di residenza

Torino

Attività

Direttore artistico

Tra una partita della Juve, una cena da Scannabue e appuntamenti di lavoro vari siamo riusciti a fare quattro chiacchiere con Sergio Ricciardone, il direttore del festival di musica elettronica contemporanea più longevo d’Italia.
Da tanti anni Club To Club (Torino, dall’1 al 4 novembre) ha una seconda casa a Milano e in questa intervista, in occasione della preview milanese, Sergio ci racconta del rapporto tra le due città, di come è cresciuto e cambiato il lavoro legato al festival, di quanto gli headliner devono dare una visione coerente del festival e di quanto sia importante vivere la musica.

Chi sei, cos'hai fatto e cosa fai oggi per rendere possibile Club To Club? Com'è cambiato il tuo lavoro nel corso degli anni? Ricordo che sei stato anche dj...

Sono Presidente di Associazione Xplosiva e Direttore del Festival Club To Club; l’Associazione Xplosiva che organizza il Festival da diciotto anni ha sempre lavorato per migliorare i suoi progetti, strutturandosi negli anni come una vera impresa culturale, con logiche imprenditoriali legate all’idea di cultura innovativa, e Torino ha rappresentato in questi anni un hub perfetto per far crescere il Festival. Fare il dj, il producer, il dj radiofonico, il giornalista musicale mi è servito per capire come funziona(va) il sistema musica, diciamo che è stato un lungo passionale apprendistato a quello che è davvero il mio lavoro.

Club To Club ormai non è solo un festival, siete attivissimi su diversi fronti. Da un piccolo festival distribuito nei club della città, possiamo dire che Club to Club è diventato un'azienda che lavora tutto l'anno?

Sì, come dicevo prima è cambiato il modo in cui pensiamo ai nostri progetti. Cerchiamo di portare avanti in Italia e non solo un discorso sulla qualità legata ai nuovi suoni e a un nuovo modo di fare arte. Un immaginario che dal 2014 a oggi abbiamo definito AVANT-POP! L’avanguardia che modella o diventa nuovo pop, il pop internazionale di domani. La sfida principale è sempre quella di lavorare con altri soggetti che condividano la nostra visione.

Come avete fatto a strutturarvi e a gestire questo flusso di lavoro?

Stiamo ancora imparando a gestire le diverse attività! In questo momento nel nostro nuovo ufficio lavorano 25 persone. Abbiamo cercato di internalizzare il più possibile il lavoro, controllando i processi e la qualità dei processi stessi. Il team di Xplosiva è un team dinamico, attento, scrupoloso, giovane.

Tornate a Base per la preview del festival e Milano è da anni la vostra seconda casa. È ancora forte e come vedi il legame tra Milano e Torino?

La relazione con Torino è stata determinante. Qualsiasi festival deve essere “organico”, non può essere un corpo estraneo al territorio in cui si svolge. C2C rappresenta con orgoglio la vocazione al post-contemporaneo e all’innovazione di Torino, cercando di reinterpretare le tre anime della città: quella barocca, quella industriale e quella contemporanea, anche se credo che in un futuro molto vicino si parlerà sempre più spesso di Macrocittà TorinoMilano e C2C potrebbe rappresentare una nuova forma di festival “City 2 City”. Milano per noi è sempre stata una vetrina importante, un luogo di confronto nell’unica città internazionale italiana.

Che potenzialità e che risposta di pubblico vedi lavorando su Milano?

Enorme e sempre in crescita. Quest’anno una persona su quattro arriverà dall’estero, due su quattro da fuori regione, una persona su quattro sarà di Milano!

Dopo 18 anni che ruolo ha Club to Club (non solo come festival) a Torino?

C2C dimostra di poter parlare alla pari con contesti “istituzionali” o “mainstream”, C2C rappresenta la nuova lirica, la nuova musica classica, la musica extracolta (termine orribile) che è diventata colta (termine ugualmente orribile).

"La luce al buio" è il tema di quest'anno: quali sono i best moment in cui ti sei emozionato e hai visto la luce al buio a Club to Club?

Sicuramente il dj set di Nicolas Jaar l’anno scorso, da cui nasce il tema di quest’anno. Sentire Jaar risuonare Battiato è stata una vera illuminazione per me!
Il live degli Autechre nel 2016 alle 4 del mattino nella totale oscurità del Padiglione 1 davanti a 5000 persone, e infine sicuramente il concerto di Battiato nel 2014, principale riferimento del mio percorso musicale. Per me il 2014 è stato l’anno della svolta, proprio nel momento in cui Battiato ha eseguito dal vivo No Time No Space.

La musica è ancora il motore che tiene vivo Club to Club?

La musica è sempre al centro, è il cuore pulsante, è l’unico vero motivo per cui esiste C2C.

Quanto sono importanti gli headliner e in generale la line up per un festival? Voi avete praticamente fatto di tutto, da Battiato ad Aphex, passando per Thom Yorke...

Battiato, Thom Yorke, Autechre, il progetto Junun con Jonny Greenwood, Nicolas Jaar, The Catalogue dei Kraftwerk, Aphex Twin, Beach House, Blood Orange, Jamie xx hanno tutti una costante. Sono artisti incredibili, molto coerenti.

Musicalmente parlando in generale siamo ancora in un periodo di retromania?

Non credo proprio, c’è una nuova generazione di artisti che sta cambiando il senso stesso della figura di artista. Per citare Battiato e il tema del festival sono “Lucciole che stanno nelle tenebre”.

Oggi secondo te è possibile fare un festival senza headliner?

La parola festival è generica e deve essere riferita a un’idea di community, sia in termini di pubblico che in termini artistici. Quindi se quella community non cerca degli headliner la risposta è sicuramente sì. Poi dipende dal modello – noi in questi diciotto anni ci siamo interrogati principalmente sul significato di avant-pop, quindi nel nostro caso è più difficile rispondere sì, ma il nostro pop è stato avanguardia e magari la nostra avanguardia diventerà pop.

Invece il mondo dei festival in generale a che punto è oggi? Che valore ha secondo te un festival per un ragazzo di 18 anni?

Ricollegandomi al tema dell’anno scorso “cheek to cheek”, credo che bisognerebbe introdurre nelle scuole delle sessioni di ascolto di musica e delle sessioni di danza.
La musica vissuta dal vivo, e non attraverso la tecnologia spesso in solitudine, è una delle esperienze più vere e straordinarie possibili.

Come ti immagini Club to Club tra 18 anni?

È impossibile immaginare un festival come C2C tra 18 anni, è come chiedere a un diciottenne un po’ ribelle come sarà a 36 anni!

Contenuto pubblicato su ZeroMilano - 2018-10-16