Il cappellaccio mi piace già da come suona. E’ sfrontato, ribelle, godurioso. Non poteva essere altrimenti visto la regione che gli da i suoi natali, quella Romagna tutta Lambrusco e San Giovese, liscio e Casadei. I caplaz di zucca vanno a braccetto, figli di una cultura contadina che continua a vivere nelle sue baccanali estive. Simili a un cappello da contadino, rigorosamente tirati a mano dalle adzore (chiamate anche sfogline, ovvero le signore che tirano la sfoglia), sprigionano un morbido e dolce ripieno che chiede solo burro e alloro o ragù di carne. Per chi volesse esagerare cappellacci con il tartufo e quelli con noci e marsala. Si può abbondare, in Romagna è la parola d’ordine.
Martina Di Iorio