Mettetevi l’anima in pace. La fila, anche a distanza dall’apertura ufficiale, c’è. Scorre veloce, dopotutto, e questo momento lo si può prendere con filosofia per origliare i discorsi dei teenager, osservare la pacatezza e l’ordine degli stranieri, guardare il cielo di Milano e non Instagram. Una volta dentro si assiste a quello che è una gigantesca euforia americana, perché Starbucks, o meglio la sua nuova roastery, è più simile a un parco giochi sul tema del caffè che a un bar. Milano è il terzo esperimento al mondo, dopo Seattle e Shangai, per lanciare la Starbucks Reserve Roastery, per essere precisi.
Tutti impauriti per l’invasione di frapuccini, muffin iper glicemici, scones e donought, invece Howard Schultz, l’inventore del brand, sconvolge tutti e celebra con abilità marketing tutta a stelle e strisce il caffè italiano e la città di Milano, dove dice essere partita la folgorazione per iniziare il business. Gli oltre 2000 mq dell’ex palazzo delle Poste in Cordusio sono divisi in aree tematiche, come Gardaland, mentre nel centro troneggia una gigantesca tostatrice in funziona 24 ore su 24. Dei preparatissimi Willy Wonka del caffè sono pronti a spiegarvi tutto il processo di tostatura, dal chicco grezzo e verde fino al prodotto finale che coprirà parte del fabbisogno di altri Starbucks in Europa (sì, Milano è anche centro di distribuzione). Diverse sono le esperienze che si possono fare, tutte legali sia ben chiaro. Dall’angolo dedicato alla caffetterie italiana, dove gli irriducibili possono bere espresso, a quello dedicato alle diverse modalità di estrazione del caffè: cold brew, siphon, french press, nitro brew, creazioni speciali con diverse monorigine e blend che arrivano da Etiopia, Brasile, Bolivia e altri paesi specializzati. Le bevande al caffè sono oltre 115. Non aspettatevi i bicchieri con il nome, qui non ci sono. I prezzi vanno da 1,80 € per un espresso a 8 € per le preparazioni particolari. La spiccata e manifesta genuflessione nei confronti della città di Milano e dell’italianità si realizza anche sul versante food: Starbucks firma una partnership con Princi, che fornisce pizze, pane, pasticceria. Qui ovviamente è tutto in vendita, il merchandising regna sovrano: tazze, t-shirt, oggetti per la casa, ovviamente caffè. Seguiti passo dopo passo dai preparatissimi e iper formati ragazzi – che provengono da 31 paesi diversi del mondo – l’esperienza da Starbucks è da fare.
Ma, diciamo la verità, noi di ZERO siamo qui per un motivo particolare, perché Starbucks apre le porte al rito dell’aperitivo e al suo Arriviamo Bar che si sviluppa nella parte superiore del locale. Un bancone in marmo, una bottigliera ordinata e pulita, bartender super professionali e formati ci piacciono subito. La drink list è divisa in Aperitivi, i classici Negroni Sbagliato, Spritz, Milano – Torino (tutti a 10 €); Cocktail Classici, una lista di intramontabili della miscelazione (tutti a 12 €); Cocktail Creativi, una lista di creazioni con caffè e tè a un prezzo variabile tra 16 e 20 €. Ovviamente vogliamo provare quelli al caffè: ci spingiamo su un twist del Moscow Mule, lo Smerald Cocktail e su una variazione del Manhattan, il Black & White Manhattan, che viene creato alla maniera di un caffè filtrato con lo strumento del V60. Ci stupiscono entrambi, sono ben realizzati e ottimi da bere anche alle 16 del pomeriggio. Helal, il nostro bartender, è cortese e molto bravo, si percepisce la formazione di tre mesi che ha avuto prima dell’apertura, il servizio è cordiale anche se il prezzo così alto non sembra giustificato da questi fattori. Ci aspettavamo qualche attenzione in più, anche sul versante cibo, visto che per un totale di 36 € per due cocktail arrivano solo 4 olive e alcuni pezzi di parmigiano. Ci spiegano che bisogna aspettare l’ora dell’aperitivo (dalle 18 fino alle 21) per avere due pizzette di Princi. Se bevi prima, sei solo un ubriacone. Ridono anche loro.
Niente da dire sul caffè e sulla caffetteria, mentre sul lato cocktail, seppur buoni, non si percepiscono l’idea e l’atmosfera del cocktail bar. Insomma, Starbucks Reserve Roastery è un luogo più per curiosi che per appassionati del bancone. Difficilmente potrà essere concepito come luogo di ritrovo, perché pecca proprio in quella parte che fa di un bar un vero bar: ovvero la complicità tra chi siede da un lato del bancone e chi è dall’altro.