Da prima periferia a ultimo tratto del centro. Una trasformazione in più atti che ha avuto come fulcro e motore la stazione centrale arrivata nella seconda metà dell’Ottocento in quella zona che era soltanto una vasta campagna con qualche casa colonica sparsa. All’epoca si parlò di “incipiente Manchester” sperando in un rapido sviluppo degli insediamenti industriali, oggi potremmo parlare di un’“incipiente Berlino” alle prese con meccanismi speculativi e trasformazioni sociali che ricordano molto la gentrificazione delle grandi capitali.
E non è forse un caso che il Partito Comunista sia morto qui, nella sala comunale di via Pellegrino Tibaldi 17, verso il termine di quel periodo industriale che nei primi del ‘900 caratterizzò per lungo tempo quello che è stato il più importante quartiere operaio di Bologna.
Nacque la stazione, dicevamo, e lì attorno arrivarono le fabbriche che producevano materiale per le ferrovie, le Casaralta, le Minganti, la Sasib, le Cevolani e con quelle le prime migrazioni dal meridione, gli operai che andarono ad abitare le nuove case popolari e che poi presero parte da partigiani alla Resistenza nella Battaglia della Bolognina e in quella di Porta Lame; le vittime e gli eroi la cui memoria è ancora viva sulle varie lapidi sparse tra le vie del quartiere. Le “loro” fabbriche oggi sono state abbandonate o abbattute per far spazio a grandi palazzoni pieni di appartamenti da pagare a caro prezzo: come la P-Tower che si erge al posto delle Officine Cevolani in via della Liberazione di proprietà dell’”imprenditore playboy” Paolo Pazzaglia o le nuove costruzioni accanto alla sede della Alstom lì dove c’era la Sasib in via di Corticella di fronte all’Ippodromo. Qualcosa è rimasto e sono le Officine Minganti, trasformate in fallimentare centro commerciale, o il parco del Dopolavoro Ferroviario, dove oggi abitano Locomotiv Club, Arena Puccini e una serie di associazioni, bar e ristoranti che l’hanno reso uno dei luoghi più godibili della città.
La Bolognina resta comunque un quartiere prevalentemente “working class”, diverso dalle origini perché meticcio, ma sempre caratterizzato da masse di immigrati a basso o bassissimo reddito sfruttati non solo sul lavoro ma anche dalla politica che soffia sulla paura dello straniero. E quand’è così si fa presto a parlare di degrado e insicurezza, temi che hanno avuto un’impennata con la crisi del 2008 investendo poi a suon di sgomberi esperienze importanti come XM24 e un po’ prima l’ex-Telecom, occupazione abitativa dal quale decine di famiglie furono sfrattate per fare posto alla catena The Student Hotel.
La storia dello spazio pubblico autogestito XM24, in particolare, è importante per comprendere l’evoluzione recente dei progetti sul quartiere. Nato nel 2002 nell’ex mercato ortofrutticolo di via Fioravanti 24 grazie a una concessione della giunta di centro-destra Guazzaloca, XM ha rappresentato il percorso di due città che sulla Bolognina hanno proiettato alcune ambizioni di cambiamento: la città dal basso e la città dall’alto. O, in altre forme, le due città contrapposte da Blu nel murales Occupy Mordor, poi cancellato dallo stesso Blu nel 2016: da un lato quella formata da bottegai, imprenditori e tradizionalisti protetti dalla politica e dalla polizia, dall’altra quella in parte raccolta nell’ex mercato di via Fioravanti ossia collettivi, disoccupati, precari, migranti, hacker, punk, queer, ecologisti, eccetera.
Nacque la stazione e lì attorno le fabbriche che producevano materiale per le ferrovie, e con quelle le prime migrazioni dal meridione, gli operai che poi presero parte da partigiani alla Resistenza.
XM si è sempre opposto, infatti, ai progetti di riqualificazione del quartiere partiti con la giunta Cofferati nel 2007, quando spuntarono le idee del parco, della Trilogia Navile e di uno studentato.
Una riqualificazione che ha sempre avuto il sapore di gentrificazione e turistificazione con la stazione a fare ancora una volta da volano per il futuro di questa parte di città, stavolta con l’ingresso per l’Alta Velocità aperto nel 2013 in via Carracci. Da prima periferia a ultimo tratto del centro. È un cambio di prospettiva che ha visto il suo primo atto l’11 settembre 2008 con l’inaugurazione della nuova sede del Comune in piazza Liber Paradisus, opera dell’architetto Mario Cucinella sorta, tra l’altro, sulle ceneri del vecchio Link.
Poco più in là quei “brutti, sporchi e cattivi” di XM. “Se hai seimila persone a una serata nel parco – dice Raudo dei Marnero in una bella intervista -, e il giorno successivo parli di incompatibilità con i cittadini, allora siamo alle solite: quelle seimila persone sono cittadini di serie B? O non esistono? Luoghi come XM danno fastidio perché creano valore ma di relazione, creano reti di relazioni, e non mettono un valore economico alla cultura“.
XM è stato abbattuto dalle ruspe nel 2019 per far posto a un co-housing. Ne abbiamo sentiti di hipster vagheggiare che entrarci era un po’ come varcare la soglia di un pezzo di Berlino, solo perché sullo sfondo c’erano i palazzi in costruzione, nessuno ha mai passato lo straccio per terra e non c’era un angolo di muro libero da graffiti e croste di vernice. Ma la verità è che XM era solo XM e non sarebbe stato lo stesso senza la Bolognina. Berlino invece è ancora là fuori, in quei cubi di cemento che hanno prodotto il vuoto intorno, nei sogni di gloria della città che ha venduto la propria anima per inseguire progetti urbanistici di discutibile successo.
Spostandosi in via Tibaldi ci si imbatte nella solita fila della macelleria islamica famosa per la sua ottima carne Halal, uno di quei luoghi che insieme ai box del Mercato ortofrutticolo di via Albani rappresentano l’anima più calda e reale della vita di vicinato. Anche il mercato è stato al centro di un progetto di riqualificazione: le serrande sono state illustrate con un progetto di finanziamento dal basso, è stata installata un’illuminazione notturna e sono arrivate alcuni locali serali. Nulla però qui è stato stravolto, ma ha dato il via a un ripopolamento del commercio dove qualche anno prima nessuno si sarebbe sognato di aprire nulla; come avvenuto in via Serra dove oggi ci sono due dei locali più apprezzati della città: Fermento e la Trattoria di via Serra. Qualcuno li ha chiamati “gentrificatori”, anche se non si capisce chi o cosa avrebbero scacciato se non il buio di un vicolo circondato da case Acer che cadono a pezzi.
Per fortuna c’è Piazza dell’Unità che mette ancora tutti d’accordo, con le sue partite di basket multietniche e le sue storie di ogni età e nazionalità. In via di Saliceto altri tipi di racconti vengono sussurrati: nel museo che raccoglie i resti del DC-9 le vittime di Ustica chiedono ancora verità.
La Bolognina cambia, ma non dimentica.