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Cinquanta candeline per il CRT

Un teatro, dal 1974 a oggi, con un nome diverso ma con la stessa ideologia

Scritto da Francesca Rigato il 23 ottobre 2024
Aggiornato il 24 ottobre 2024

Marcos Morau _ La Veronal - Totentanz © Lorenza Daverio

A Milano, il 24 novembre 1974, nasce il CRT Centro di Ricerca per il Teatro – da un’idea del professor Sisto Dalla Palma e dei suoi studenti, mossi dal desiderio di «promuovere la cultura teatrale in Italia» attraverso la ricerca e la formazione. Il Centro ha sede inizialmente nel Salone in via Ulisse Dini (zona Chiesa Rossa), trasferitosi successivamente in via Poliziano (zona Bullona) e approda solo nel 1984, dove prima c’era il Teatro d’Arte fondato nel 1933, all’interno di Triennale Milano. Già dal primo spettacolo ospitato dal CRT, L’amor comenza del Teatro Tascabile di Bergamo – danza, acrobatica e musica, a cui si sovrappongono testi della tradizione medievale – si può riconoscere quella primitiva fiammella di ricerca sull’innovazione dei linguaggi che porterà il Teatro a ospitare negli anni successivi artisti internazionali quali: Kantor, Living Theatre, Grotowski, Eugenio Barba e Bob Wilson. Nomi che segnano una vera e propria rivoluzione per la Milano dell’epoca, ancora legata a un teatro poco incline alla sperimentazione, a differenza di altri centri teatrali italiani; così il CRT, fin da subito, si identifica come catalizzatore di un nuovo modo di fare teatro, risvegliando nella città meneghina una fame di novità.

La classe morta di Tadeusz Kantor

Se potessimo scegliere una qualunque fredda serata del passato, sicuramente, contro ogni aspettativa, vorremmo essere nella nebbiosa periferia di Milano il 19 gennaio 1978 – nei pressi di Piazza Abbiategrasso – insieme a una fila di persone, curiose e un po’ emozionate, con i biglietti in mano, che si appresta a entrare al CRT per vedere La classe morta di Tadeusz Kantor. Lo spettacolo – con cui il regista polacco diventa famoso in tutto il mondo – arriva in un’Italia che affronta gli anni di Piombo, e il pubblico milanese assiste alla messa in scena di un testo che parla, attraverso lo strumento della memoria, di un passato che torna sui banchi di scuola.

Un vero incubatore di professionalità diverse, tutte impegnate nella ricerca di nuove vie per il teatro e nuovi metodi per la formazione.

Internazionalità e ricerca sono le parole chiave che segnano i primi cartelloni del CRT e la fusione di passato e futuro, di generi e linguaggi, rende manifesto lo spirito su cui il Centro si fonda: un vero incubatore di professionalità diverse, tutte impegnate nella ricerca di nuove vie per il teatro e nuovi metodi per la formazione, in opposizione anche alle scelte di altri teatri milanesi dell’epoca rivolti ai grandi nomi della ricerca teatrale italiana. Così nasce il Centro di Ricerca Teatrale che, una volta entrato all’interno del palazzo della Triennale, diventa prima Triennale Teatro dell’Arte e poi Triennale Milano Teatro. Da quest’anno la programmazione è, più semplicemente, la Stagione teatrale di Triennale Milano, ma, nonostante tutto, il manifesto rimane lo stesso.

In un’intervista di un anno fa Umberto Angelini, direttore artistico dal 2017 del Teatro di Triennale, ricorda: «ho avuto la fortuna di lavorare al CRT (dal 1999 al 2002). Ho respirato quell’atmosfera di fine anni ‘90, seppur molto lontana dai fasti dei decenni precedenti, che aveva ancora, dentro di sé, l’idea del teatro come relazione con una comunità e sentiva lo strascico delle identità molto chiare e politicamente forti del teatro degli anni ‘70. […] Oggi il Teatro della Triennale si pone in continuità con il pensiero della pluridisciplinarità che caratterizza la Triennale dagli albori quando, nel 1933, fu costruito l’edificio con l’idea di creare un palazzo delle arti, contenente uno spazio scenico da mille posti e uno espositivo con le varie gallerie. Parallelamente poi c’è la storia del CRT, il teatro dell’avanguardia, della sperimentazione e della ricerca, da Bob Wilson a Grotowski, da Kantor a Barba, fino al teatro sociale e di comunità. All’epoca si poteva trovare una doppia dimensione di teatro: da un lato quello internazionale e dall’altro uno calato nella realtà, in loco, dove c’era un pensiero di relazione con la città e con la comunità creativa milanese». Il Teatro, oggi, guarda alla sua storia del passato e il desiderio è quello di poter «tornare» continua Angelini «a essere una calamita per la comunità creativa milanese e, allo stesso tempo, esserne amplificatori e lente d’ingrandimento, ponendoci in ascolto e diventando portatori di sguardi della città». 

Dalla sua nascita al 2012, il CRT ha ospitato sul suo palco i nomi più importanti del teatro internazionale e italiano degli ultimi cinquant’anni insieme a svariati progetti di video arte come, ad esempio, nel 1987 La camera astratta di Giorgio Barberio Corsetti e Studio Azzurro. Ma nel 2012 il CRT non riesce a concludere la sua stagione a causa della grave situazione economica, e solo un anno dopo la Fondazione CRT, sostenuta dalla Triennale, riapre con una nuova stagione, nella sede del Teatro d’Arte. A inaugurarla è Bob Wilson con L’ultimo nastro di Krapp, uno spettacolo che fa dell’archivio e della memoria del passato il suo vessillo: ancora una volta è l’analisi di ciò che è stato ad aprire le porte del presente e sembra essere questo uno dei i fili rossi di Triennale Teatro

Compiere 50 anni significa potersi dichiarare adulti, con, alle spalle, una storia da raccontare e condividere, e guardare con fiducia a un futuro altrettanto lungo. Il CRT ha così molto da celebrare: un teatro aperto al mondo, capace di mantenere una dimensione internazionale pur rimanendo profondamente legato alle radici popolari. Ancora oggi il Teatro resta fedele agli obiettivi che lo hanno animato fin dalle origini, fondandosi sulla stessa ideologia di un teatro «delle forme aperte», in continua evoluzione e dialogo con le più svariate forme artistiche contemporanee. Ad altri cinquanta di questi anni.