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Dagli orti di Cascinet all’Ortica parte la rigenerazione di Milano

Qui si sperimenta l'agroforestazione, una tecnica che va oltre la sostenibilità

quartiere Ortica

Scritto da Lucia Tozzi il 16 ottobre 2020
Aggiornato il 19 aprile 2021

CasciNet

La prima domenica di ottobre, insieme a Gianmaria Sforza, designer e produttore di vini naturali, arrivo a Cascinet, nota anche come Cascina Sant’Ambrogio, a un passo dal Parco Forlanini e anzi parte del suo sistema. Dal medioevo le sue mura hanno ospitato monache in fuga dal Barbarossa, contadini, famiglie, partigiani, e dal 2012 è diventata la sede dell’Associazione di Promozione Sociale CasciNet, fondata da un gruppo di giovani che ne ha fatto un luogo di fortissima trasformazione sociale e ambientale, di produzione agricola e di comunità.

Un enorme fico popolato di bambini che fanno i pazzi sotto le sue fronde è la prima cosa che incontro. Poi un giardino-orto alla berlinese, con le balle di fieno su cui si adagiano decine di persone a bere e a prendere il sole in mezzo a cucurbitacee, agli ultimi pomodori e alle insalate diffuse. E poi il cortile della cascina, con il bar ancora aperto e i tavoli con le panche, chi mangia e chi conversa godendosi i metri cubi di aria libera.

Cascinet è un luogo dove ci si rilassa facendo, guardando, imparando

Niente a che vedere con i finti posti pseudosostenibili del centro col prato finto, però: Cascinet è un luogo dove ci si rilassa facendo, guardando, imparando. Non ci sono solo i già esperti, ma frotte di giovani di ogni genere spinti da curiosità per un diverso genere di saperi, di pensieri, di modi di vita. «Vengo qua da quando ho fatto richiesta di un orto» dice Martina Merlini, artista di origine bolognese «un po’ mi mancava la sensazione di stare nel verde, nella campagna, ma soprattutto mi piace moltissimo imparare a fare crescere gli ortaggi, faccio esperimenti, scambio dense informazioni con dei vicini di orto, capisco cose che non sapevo».

Ogni mattina per tutto l’anno scorrazzano qui dentro i bambini dell’Asilo nel Bosco, che giocano rigorosamente all’aperto, anche quando piove e fa freddo, come nei paesi del profondo nord. E poi ci sono gli apicoltori, i coltivatori classici e una nuova specie selvaggia, col machete in mano, i più radicali e i più sapienti di tutti: gli avanguardisti dell’agroforestazione, o Food Forest, portatori di conoscenze nate e cresciute in Brasile, dove la lotta contro la monocoltura agricola è questione di vita o di morte.

Questi ragazzi, e in particolare Alessandro Di Donna, ex informatico trentenne che dopo un periodo in Brasile e una serie di corsi e incontri ha importato a Milano esperienza e attivismo, hanno messo in campo una serie di energie e competenze diversissime per cambiare l’attitudine verso la terra e verso il modo di abitare una città, una campagna, una regione: coinvolgono la gente del quartiere e le associazioni, studiano i complessi sistemi necessari a fare convivere alberi e piante da frutto, ortaggi e animali in nuovi ecosistemi misti, in cui ognuno di questi elementi si compenetra o esercita un’azione di disturbo salutare. In pochi anni, creando un ambiente dove i fichi o le prugne crescono all’ombra dei pioppi o dei salici, e affianco a piccoli filari di lenticchie, pomodori o zucchine, su un terreno ricoperto di erbe falciate o rami potati e tritati, riescono a produrre più cibo di migliore qualità, utilizzando meno acqua e meno energia fisica, migliorando la fertilità e l’umidità della terra e delle falde, assorbendo molto più carbonio che in una campagna “normale”.
Coinvolgono quelli che sarebbero i consumatori finali nel processo di produzione, creando e diffondendo nuovi saperi e nuovo lavoro, e un sistema economico giusto, opposto alla follia e ai numeri del sistema della grande distribuzione e del mercato tradizionale.

L’agroforestazione è una tecnica, ma anche un modo diverso di interagire con il territorio di fronte ai grandi problemi ambientali e al climate change

L’agroforestazione è una tecnica, ma anche un modo diverso di interagire con il territorio di fronte ai grandi problemi ambientali e al climate change: da una posizione difensiva, da un puro fermare la degenerazione, si passa a un sistema che rigenera i terreni, l’aria, l’acqua: un sistema realmente circolare.
Non ci si batte per la pura sostenibilità, misurando la propria impotenza di fronte ai grandi interessi, ma si crea qualcosa di gigantesco, fortemente vitale. Non è un caso che centinaia di giovani di Fridays for Future e di Extinction Rebellion qualche mese fa si siano riversati nelle campagne a sud di Milano, tra Corvetto e Ripamonti, per impiantare centinaia di nuove piante su un terreno che espande l’esperimento di CasciNet.

Una volta colto il senso di tutta l’operazione, un senso di enorme potenza, un SI-PUO’-FA-RE alla Frankenstein Junior si impossessa dei nuovi adepti, che per prima cosa si dotano di machete per diventare dei potatori espertissimi: la potatura ad arte, infatti, è uno dei segmenti chiave dell’agricoltura battezzata anche, dal suo fondatore Ernst Gotsch, “sintropica”. Cioè il contrario dell’entropia, della disgregazione caotica: dominando il ciclo di crescita delle prime piante, che potate diffondono segnali positivi di stimolo alle piante circostanti, si concentrano i processi di cooperazione e sostituzione delle specie vegetali e si accelerano le naturali fasi di popolazione di un terreno.

E dal nucleo di CasciNet diventa possibile trasformare non solo l’est o il sud di Milano, ma l’intera città e la mente delle persone che ci vivono: se cambia l’umore, cambia tutto.