Continua la rubrica con cui Zero, con grande apertura nei confronti di altre realtà geografiche e discipline artistiche unisce, pensate un po’, Roma e la musica. Nuova veste e cadenza per una raccolta delle migliori uscite discografiche capitoline: album o EP di artisti nati o di base in città per una raccolta con cadenza mensile; una selezione più ristretta per concentrarci meglio sui lavori che ci piacciono. Nessun limite di genere, di età, di popolarità. Selezioniamo solo quello ci è piaciuto e pensiamo sia meritevole d’attenzione. Per questa settima puntata: tantissimo jazz d’avanguardia e chitarre retro-futuriste. Se pensate che ci siamo persi qualcosa, aspettate la puntata successiva prima di gridare allo scandalo. L’ordine è rigorosamente alfabetico, non leggeteci nulla di più.
Admiral– “Do You Want To Sit On The Green?” (Wandering Eye, 2024)
È un disco che ci fa credere di essere in grado di prevedere la prossima invenzione. Invece il trip in cui ci trascina il progetto di Adam, romano di base a Londra, svolta sempre nella direzione più imprevista, lasciandoci a più riprese con il piacere dello spaesamento puro. Bassi fatti di gomma, chitarre coloratissime uscite da un cartone animato, piano rhodes virtuoso morbidissimo, una patina vintage e allo stesso tempo futuristica. Insomma, piani di realtà che si sovrappongono: un bellissimo viaggio psichedelico tra jazz lo-fi, indie, elettronica e tutto ciò che c’è di mezzo.
Pezzo preferito: “Devil’s Wok”
Donato Dozzy – “Magda” (Spazio Disponibile, 2024)
Una copertina più azzeccata era difficile trovarla. Le onde ipnotiche, profonde e sfumate dell’artwork sono la perfetta rappresentazione della musica dell’album. Un movimento sonoro tra sequencer ipnotici e batterie che emergono all’improvviso in crescendo inaspettati. Tutto culla e avvolge come il mare, cui è in parte dedicato il lavoro. Dozzy oggi mette d’accordo tutti e quest’album, da sentire all’alba per stabilizzare serotonina e dopamina, fa lo stesso.
Pezzo preferito: “Le Chaser”
EDD– “bin_mod” (Diacronie Lab, 2024)
Già animatori di una delle nostre rassegne preferite, Ekstasis, Diacronie diventa anche un’etichetta. La prima uscita a cura di Edoardo Maria Bellucci è un insieme di tracce che materializzano un deserto artico digitale. Manipolazioni di impulsi sonori di molteplice provenienza, riorganizzati attraverso algoritmi disciplinanti. Un lungo, affascinante, glitch controllato.
Pezzo preferito: “III”
Trans Upper Egypt– “No Dub” (Maple Death Records/MyOwnPrivateRecords, 2024)
Si “sente” la stanza, in modo fisico, e non è una stanza qualunque: a riflettere i suoni infatti sono i muri del Fanfulla. Il luogo in cui il progetto è nato, cresciuto e continua a svilupparsi. L’assenza di dub promessa dal titolo è fortunatamente smentita a partite dalla prima traccia. Bassi ipnotici e voci distorte, riverberi caustici, psichedelia no-jazz, marcissimi pianoforti elettrici. Funk anni Settanta o semplicemente anni Zero in salsa Fanfulliana.
Pezzo preferito: “Benghe”
Rbsn, Marco Castello– “MURO/Babanero” (ODD Clique, 2024)
Siciliano e inglese si intrecciano in un botta e risposta onirico. Gli stacchi ritmici tirano dentro, le armonie fanno brillare le orecchie, i bassi potenti fanno ballare assieme alle batterie serratissime. Questo lato A/B segna la prima uscita discografica firmata ODD Clique, neonata etichetta musicale di ODD. Un Rbsn in grande spolvero che inizia un nuovo cammino, aiutato da una band di musicisti eccezionali e dalla collaborazione illuminante con Marco Castello.
Pezzo preferito: “MURO”
XL Regular – “Store Duties” (Artisjok Records, 2024)
Bastano i primi secondi, dal forte sapore brasiliano, per capire di esserci ficcati in una faccenda seria. Un minuto dopo, al primo drop, siam lì completamente dentro al flusso, lasciandolo scorrere addosso mentre siamo le felici vittime di deliziose randellate percussive. Il producer toscano di stanza a Roma, già collaboratore di LOVECLUB e Rhizome Radio, tira fuori un disco che fonde percussioni globali in un’arma da ballo di massa. Broken beat, tastiere morbidissime, bassi massicci senza diventare mai parodistici, richiami alla più pura cultura sound system, arrangiamenti puntualissimi. Qui l’unico Dio è il groove, fuori gli orpelli e gli egocentrismi. Un disco che dovrebbe essere suonato in ogni set italiano ma che per ora (ti pareva) sta trovando grandissimi riscontri per lo più all’estero.
Pezzo preferito: “Store Duties”