Quando una carriera supera i vent’anni, la tendenza ad adagiarsi comodamente nei territori più classici del proprio repertorio è sempre dominante. Come sempre però, ci sono le eccezioni che validano la regola, e Short Theatre fa felicemente parte di quei piccoli numeri percentuali dove regna l’inatteso e l’imprevedibile. L’edizione 2025 del festival dedicato alla creazione contemporanea e alle performing arts, si appresta così a essere non una semplice celebrazione del doppio decennale, ma un punto di partenza per un nuovo percorso, sintetizzato in sei nuovi contenitori: Camera, Classe, Leopardo, Pioggia, Residenze, Salon.
Sei formati ibridi e, soprattutto, aperti, senza confini, all’interno dei quali prenderà vita, germogliando, l’intero programma, fino ad arrivare al gran finale di Palazzo dei Congressi (sabato 13 e domenica 14 settembre). Ne abbiamo parlato con il quartetto curatoriale formato a partire da questa edizione da Silvia Bottiroli, Silvia Calderoni, Ilenia Caleo e Michele Di Stefano, ai quali abbiamo chiesto di raccontare la nuova ossatura del festival e anche di suggerire alcuni spettacoli da segnare in agenda.
SILVIA CALDERONI / Pioggia, Salon
Pioggia accadrà solo una volta. Pioggia non si è ancora mai manifestata, se non nei nostri impasti di pensieri, nelle nostre immaginazioni. Bozze che nel corso dei mesi di ideazione del Festival hanno preso forme sempre più impure, come sono impure le gocce d’acqua che cadono dal cielo. Pioggia è letterale, è un set di cinema all’aperto, è un grande spazio tridimensionale, è un’unita di tempo dove i saperi e le maestranze del cinema creeranno un ambiente live abitato da sei performer. Pioggia è pensato e prodotto in collaborazione con chi il cinema lo fa veramente, la casa di produzione Groenlandia. Pioggia è “tra le cose”, tra il vero e l’artificio, tra il teatro e il cinema, tra il dentro e il fuori. Con Pioggia ci prendiamo la responsabilità di un brivido. L’ambiente sarà attraversato da Alessandro Sciarroni, Antonella Bertoni, Daria Deflorian, Laura Claudia Scarpini, Tania Garribba e Valeria Golino.
Un altro formato che attraverserà trasversalmente tutto il festival è Salon. Un nuovo ambiente immaginato per chi si arrende al tempo, per chi cede e si rilassa su una sdraio con le mani sporche di cocomero e per chi si lascia portare alla deriva su un materassino gonfiabile. L’invito fatto è quello di condividere le proprie ossessioni sonore, ad abitarlo saranno Bosco Marino, Luigi Noah De Angelis, Bob Junior, Giorgina Pi_ Bluemotion, Staff_etta, Sandra Mason e Hugo Sanchez
Consiglio di visione: Alberto Cortés – “Analphabet” (La Pelanda, 6 e 7 settembre)
MICHELE DI STEFANO / Leopardo, Residenze
Leopardo è un formato imprevedibile, senza un tempo e un luogo precisi; piuttosto appare al momento giusto offrendo una breve intensità fisica, una danza senza spettacolo che la contenga, C’è in ogni corpo una capacità di attirare l’attenzione che vale la pena indagare nella sua forma essenziale, che si manifesta quando il movimento coincide con l’ambiente e tutto diventa comprensibile ed intimo, senza linguaggio ma proprio grazie all’articolazione fisica, e solo per un attimo perché non si può stare a lungo in questa intensità. Leopardo è un invito alla deriva accettato da Jari Boldrini, Antonella Bertoni, Laura Scarpini, Cristina Kristal Rizzo e Fabrizio Favale. Accade a Palazzo dei Congressi, nel vuoto monumentale al quale consegna una strana serenità senza nome.
Nel periodo di attività del festival ci è sembrato sensato offrire più spazi possibile di lavoro non solo agli artisti e artiste presenti in calendario, svincolando dal programma di spettacoli l’utilizzo dei luoghi che abbiamo a disposizione. Per questo al Teatro India abbiamo invitato Giulia Scotti, il gruppo di DA.RE. Dance Research, Fabritia d’Intino e Marta Olivieri a proseguire le proprie ricerche senza vincoli di restituzione. È un gesto minimo ma esplicito rispetto alla gerarchia tra processi e prodotti dell’industria culturale. Con lo stesso spirito, Liryc Della Cruz si installa in uno spazio dedicato in Pelanda per tutta la durata del festival e decide in autonomia se e quando condividere con il pubblico alcuni episodi della sua permanenza di lavoro.
Consiglio di visione: Fulu Miziki in concerto (Palazzo dei Congressi, 14 settembre)
SILVIA BOTTIROLI / Camera, laboratori per persone piccole
Camera è un dispositivo aperto che indica non tanto un formato – ognuno dei tre appuntamenti che lo compongono prende anzi una forma completamente diversa – quanto un’intenzione. Aprire lo spazio delle drammaturgie, del non ancora, del pensare la scena o uno specifico lavoro performativo. Uno spazio senza scopo, spurio, in cui nutrire il processo artistico condividendolo. Camera invita quest’anno due artiste e un collettivo che amiamo moltissimo: Carolina Bianchi, Industria Indipendente e Eva Geatti (Pelanda, 5, 9 e 10 settembre).
I laboratori “Corpi folli” e “Misteriosi identikit” sono dei gesti rivolti all’infanzia, degli inviti a incontrare il festival attraverso due laboratori, curati insieme a Maddalena Lucarelli e con la collaborazione del Laboratorio d’arte di Palazzo Esposizioni Roma, insieme alla casa editrice Fatatrac edizioni. A partire da un albo illustrato e un fumetto, i laboratori esplorano temi legati al corpo e all’avventura di ricerca ed esplorazione, e costituiscono il primo gesto di un progetto che si svilupperà nei prossimi anni per coinvolgere bambine e bambini nei linguaggi e nei temi del festival. (La Pelanda, 11 e 12 settembre).
Consiglio di visione: Ali Asghar Dashti/Nasim Ahmadpour – “We Came to Dance” (La Pelanda, 9 e 10 settembre)
ILENIA CALEO / Classe
Un prototipo, un esperimento, un piccolo rovesciamento del pensiero — Classe è un formato nel quale un gruppo di lavoro di giovani artistx, studentx, ricercatori e ricercatrici di varie discipline sono invitatx a seguire un programma di incontri, lezioni, condivisione di ricerche e domande. La novità è che lx partecipanti riceveranno un gettone di presenza: in un momento in cui i governi in Europa tagliano la spesa pubblica, soprattutto su arte, cultura e istruzione per sostenere le spese di riarmo, è fondamentale riaffermare l’idea che la formazione nei percorsi artistici debba essere non solo gratuita, ma permanente e retribuita.
Classe consisterà in un public program aperto a tuttx all’interno di Short Theatre, e una parte seminariale rivolta allx partecipanti. Nel public program interverranno: Noura Tafeche, artista visiva italo-palestinese che ha ideato anche le immagini del festival; Liryc Dela Cruz, che ci immergerà nella tenerezza dei monsoni a partire da una condizione climatica delle Filippine, suo paese di origine; la filosofa femminista Federica Giardini indagherà i molti cosmi dentro cui viviamo/pensiamo, e la loro dimensione politica; Antonella Anedda, poeta e storica dell’arte, attraverso un percorso di immagini toccherà le turbolenze della meteorologia; Marta Malo, ricercatrice e attivista femminista spagnola, riflette sulle rivolte della cura che hanno attraversato l’America Latina e sulla potenza dei corpi; un ascolto della riscrittura e rielaborazione di canti No Tav sarà la classe di Davide Tidoni, artista e musicista. E ancora, Bojana Kunst, studiosa di performance, interroga le forme più ambigue del lavoro artistico e la sua prossimità vischiosa con il capitalismo; Alberto Cortès, presente al festival con il suo Analphabet, converserà con le sue poesie sprofondando nell’intimità delle notti queer dell’Andalusia rurale; e infine il filosofo delle dottrine politiche Roberto Esposito presenterà le sue ultime ricerche sulla relazione tra filosofie e fascismo.
Consiglio di visione: Giorgia Ohanesian Nardin – “Whatever I am / let it be seen” (La Pelanda, 5 e 6 settembre)