Costruire una line up che non abbia una funzione prettamente di stacca-biglietti non è semplice. In un periodo storico in cui l’attenzione è una valuta, orientare le proprie energie verso la realizzazione, e la vendita, di un’esperienza specifica – più che la messa insieme di headliners con l’obiettivo di creare FOMO – è un gesto di per sé notevole. Ed è con questo approccio che LOST Music Festival torna al Labirinto della Masone, luogo ideato dallo storico designer ed editore Franco Maria Ricci, condividendo il primo drop di artisti che faranno vibrare i diversi spazi dell’enigmatico parco.
È interessante notare, quindi, come uno dei nomi che possa essere considerato a tutti gli effetti un resident sia quello di Gabber Eleganza, che torna per la terza volta in line up in veste di DJ. Alberto Guerrini, italiano di base a Berlino, si è fatto portavoce, nel tempo, di una forma di legittimazione culturale della figura del gabber. Iniziato come blog, Gabber Eleganza è diventato un progetto di ricerca multiforme, una ricetta composta da progetti diversi – libri, fanzine, un’etichetta discografica (Never Sleep), installazioni e performances dal vivo – in cui l’ingrediente principale rimangono i bpm alti. I suoi DJ set si fanno veicolo dell’eredità post-rave: partendo dai germogli seminati nel tempo dai vari sottogeneri che proliferano sotto il cappello Hardcore, si estendono per abbracciare diverse forme elettroniche (e non solo) del presente.
Ed è forse l’etichetta post-rave a fornire una chiave di lettura per la line-up provvisoria del LOST 2024. LOST che, ricordiamo, sta ad indicare un senso di smarrimento ma è anche l’acronimo di Labyrinth Original Soundtrack. Che cosa ci rimane del rave in un mondo iper-capitalizzato come quello presente? È possibile costruire delle forme di ricerca che partano dalle premesse del rave all’interno di uno spazio per sua natura commerciale, inserito nel perimetro della legalità, come quello di un festival? Forse mettere insieme il duo Pelada, il live stroboscopico di Ziùr, l’enigmatica Florence Sinclair e gli italiani Cortex of Light significa provare a dare una risposta a questa domanda. Nomi che portano tutti avanti una pratica inevitabilmente influenzata dalle rovine di una stagione passata (quella degli anni ’90), influenzata a sua volta da ritmi primordiali che non possono spegnersi ma che proliferano, come un virus, sotto configurazioni diverse.
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«Ci saranno rovine e bambù, all’ombra dei quali nasceranno un grande labirinto, una biblioteca e tante altre cose superflue». Così Franco Maria Ricci, nei primi anni Duemila, dà seguito all’idea di realizzare un luogo-contenitore della sua visione e del suo lavoro. LOST Music Festival prova a farci conoscere questo superfluo, invitandoci a lasciarci andare ad esso. Superfluo che, attenzione, non significa irrilevante. Superfluo significa abbracciare a tutto tondo lo smarrimento, stato emotivo irresoluto, ma non per questo meno dignitoso e meno meritevole d’indagine. Superfluo perché contro ciò che è considerato normalmente utile; superfluo come non assoggettato alle logiche della produzione.