La Calvairate che si conosce fuori dal quadrante è spesso fatta solo di storie di disagio, mercati abusivi, palazzine occupate, case popolari e fuochi d’artificio curiosi. Esiste, però, un altro paradigma, un sottotesto nel quartiere che porta dritto a una nuova luce, un’idea di futuro che parte da Calvairate per andare lontano. Mentre una parte di quartiere combatte la battaglia giornaliera per i diritti fondamentali all’istruzione e all’integrazione, c’è un altro lato che si mostra timidamente terreno fertile per far crescere studi, laboratori e associazioni che sottotraccia vanno avanti al suon di ‘testa bassa e pedalare’. Una squadra di giovani e diversamente giovani che a Calvairate hanno trovato ben più di una casa, un luogo vergine dove far crescere le proprie idee, dove prendere ispirazione per contribuire al miglioramento del nostro futuro.
Un contesto in cui nacquero le prime esperienze di digital e interaction design.
Lo sviluppo, si sa, parte dal basso e inizia spesso con pochi soldi, tante idee e un cuore grande. Come quello dei ragazzi di DOTDOTDOT (che sono in quattro: due architette, un designer e un filosofo) che nel 2004 hanno trovato nello Spazio Tertulliano l’atmosfera giusta per aprire il loro Fab Lab – i laboratori di fabbricazione digitale – OpenDot. Si tratta di uno spazio di prototipazione che svolge sia la funzione di supporto al lavoro di DOTDOTDOT che di spazio aperto alla città e alla comunità di makers.
Si condividono le macchine e si offrono corsi gratuiti per imparare l’artigianato 2.0, il tutto in un’area ex industriale lontana dall’immagine patinata del cliché fighetto da location per il Fuorisalone, intima ma multiculturale e soprattutto vicinissima alla mitica Trattoria dei Fratelli Colombo. Parliamo di un contesto in cui nacquero le prime esperienze di digital e interaction design, sperimentate nei centri sociali più in voga nei primi anni 2000 a Milano che qui trovano lo spazio per strutturarsi, diventare grandi e di respiro internazionale.
“Condivisione” è una delle parole chiave che amano usare parlando del loro lavoro, condivisione della ricerca e della conoscenza, condivisione di un’alta competenza che riunisce tecniche ricercate alla relazione umana, al sociale con una forte dose di empatia. Secondo la logica di OpenDot, infatti, la progettazione deve essere partecipativa e inclusiva. Per questo uno degli asset di ricerca più importanti che stanno portando avanti riguarda la disabilità, con la costruzione di dispositivi a supporto di diverse patologie.
Basta pensare che durante l’emergenza Covid i makers di OpenDot si sono ritrovati a coordinare la community makers italiana facendo da giunto tra i Fab Lab e le strutture ospedaliere per la realizzazione di face shield, intubation box e valvole, mentre DOTDOTDOT proseguiva – a distanza – il progetto per il Museo di arte, architettura e tecnologia di Lisbona (MAAT) in collaborazione con l’ESA (European Space Agency) e lo IEA (International Energy Agency). Un insieme di installazioni multimediali, dataviz e wallpaper digitali li hanno aiutati a trasferire al pubblico la necessità di una presa di coscienza individuale e collettiva sul tema della trasformazione ambientale. Sono tanti i campi in cui si muovono DotDotDot e OpenDot, e non è strano trovare nel loro laboratorio le persone più diverse, tutte intente a costruire ‘cose’. Dal pensionato che realizza la sua nuova canna da pesca agli studenti che sperimentano stampanti 3d e modellini avveniristici.
Per guardare lontano non c’è bisogno solo di saper usare la tecnologia, ci vuole la necessità di modificare abitudini non più sostenibili.
Si respira futuro anche per i diversi progetti incentrati sul quartiere, come quello di creare una piattaforma relazionale per le nuove manifatture all’interno del nuovo progetto dell’Ex Macello o la collaborazione con l’Associazione Recup per la trasformazione dei mercati comunali di Milano in un’ottica di economia circolare.
Per guardare lontano non c’è bisogno solo di saper usare la tecnologia ma c’è la necessità di modificare abitudini e stili di vita che non sono più sostenibili. Lo sanno bene i ragazzi di Recup, un’associazione a promozione sociale nata dall’idea di un gruppo di volontari per combattere lo spreco alimentare e l’esclusione sociale. Attivi dal 2014, portano con sé le esperienze raccolte durante anni di Erasmus e scambi con diverse realtà. Il futuro non può essere migliore se si sprecano i doni di Madre Terra. E così via, a raccogliere gli invenduti e gli scarti dai mercati rionali e non solo. 47 sono le tonnellate di cibo recuperate solo nel 2019. E se la pandemia ha temporaneamente bloccato le attività per alcuni mesi, i volontari sono ripartiti con slancio verso nuovi obiettivi. Recuperare per non sprecare e generare un circolo virtuoso positivo per la comunità, su questo muovono i loro passi stringendo collaborazioni con le zone in cui operano.
Un futuro sostenibile è un futuro che non lascia indietro nessuno, è un obiettivo partecipativo che presuppone l’impegno di tanti attori diversi. Tra questi troviamo un altro fiore all’occhiello di Calvairate, Giacimenti Urbani che nasce con l’obiettivo di sviluppare il Circuito delle Attività virtuose. La promozione del vivere sostenibile attraverso un corretto uso dell’energia, della riduzione dei rifiuti, della mobilità leggera è l’obiettivo di questa associazione creata dall’idea di Donatella Pavan, giornalista impegnata nella diffusione di una cultura sostenibile, ai confini di Calvairate ma molto attiva in quartiere.
Per un quartiere che non vive di movida notturna né del lustro della moda e del design, il futuro nasce dalle necessità della vita quotidiana.
Digitale, sostenibilità e sociale sono temi caldi, e anche un po’ hype se vogliamo, ma ormai non se ne può fare a meno. Per un quartiere come Calvairate che non vive di movida notturna né del lustro della moda e del design, il futuro nasce dalle necessità della vita quotidiana. Ed è la rete di relazioni che fa la forza, quella che Giacimenti Urbani ha stretto con la Rete QuBi per contrastare la povertà minorile perché sì, nella Milano dei 15 minuti, tutta grattacieli e aperitivi si parla ancora di questo, e siamo solo a poco più di 2 km dal Duomo… Un quartiere con tante voci che cercano di collaborare e aiutarsi attraverso molteplici progetti volti alla redistribuzione delle risorse, come Il Cerchio del Dono, che non è solo un modo per evitare di mandare in discarica mobili ed elettrodomestici ancora in buono stato, ma è l’opportunità per aiutare famiglie meno fortunate in evidenti difficoltà.
È qui che l’idea di comunità prende vita e si traduce in innovazione distribuita. Nuove idee e nuovi progetti partecipativi che in sordina cambiano la prospettiva di un quartiere che ha all’orizzonte un nuovo progetto, la rinascita dell’Ex Macello, dove tutte queste realtà saranno presenti con differenti ruoli e obiettivi. Dal recupero della storicità del luogo attraverso la catalogazione di arredi ed elementi architettonici, all’inserimento di attività di manifattura cittadina, passando per la lotta allo spreco.
Calvairate ha tanti buoni motivi per far parlare di sé. È un quartiere un po’ schivo a cui non piace vantarsi, ma al suo interno nasconde realtà cariche di competenza che amano il loro territorio e si stanno spendendo per migliorarlo. Persone entusiaste che guardano al futuro, che ci credono e infondono coraggio, perché si sa, in compagnia le difficoltà si affrontano meglio.