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zero adv per Visit Flanders

Piazze, musei e locali nel centro di Anversa

ZERO va dove la birra è patrimonio dell’umanità, il vino naturale viene servito con ostriche e Rubens s’apposta a ogni angolo

Scritto da Francesca Faccani il 3 novembre 2022
Aggiornato il 13 febbraio 2024

Vlayekensgang

Foto di Piet De Kersgieter

Penso che sia giusto iniziare a parlare di Anversa partendo dalla sua stazione centrale perché è la stessa cosa che ha fatto nel suo capolavoro W.G. Sebald, uno degli scrittori europei più importanti dello scorso secolo. Inizia così il suo Austerlitz, un po’ per mettere le mani avanti, per dire che lui come narratore sarà inaffidabile – spiega infatti che cercando di ricordarsi la Salle des pas perdus, la sala d’aspetto della stazione, la sua mente si contrae e si confonde nella memoria con il Nocturama che c’è nello zoo di Anversa. Ci sono sempre persone/animali che gli passano davanti in maniera indistinta, come biasimarlo. Il narratore si serve della descrizione dell’architettura novecentesca della stazione anche per dimostrare l’immensa conoscenza artistica dell’omonimo protagonista, che sembra conoscere tutti gli stili e le influenze (spicca quella dei palazzi rinascimentali italiani con il loro marmo) che si nascondono dietro a ogni dettaglio della gigante costruzione: nero su bianco occupano due pagine tutte.

Un po’ come a Milano, qui nessun edificio può superare in altezza la cattedrale in perfetto gotico Flemish.

Facciamo finta che siate appena scesi dal treno. La prima cosa che vi verrà in mente di fare è cercare su Google Maps “Rubens” o “seicentesco” come parole chiave, che tradiranno la vera motivazione della vostra visita, KSMKA a parte tutto. D’altronde Anversa è stata la casa di Peter Paul Rubens, che ha vissuto in un edificio fattosi costruire appositamente a ispirazione rinascimentale italiana nell’allegra piazza Wapper, che ora chiamiamo Rubenshuis. Entrare nella casa museo di Rubens non vuol dire soltanto accollarsi i suoi dipinti – c’è una prima versione del celebre Adamo ed Eva e molti suoi autoritratti – bensì ammirare l’intera collezione che teneva custodita a casa. Quella dei suoi maestri, di cui amava ritoccare e correggere le opere che aveva acquistato, e quella dei suoi alunni, che dipingevano nell’atelier nei pressi della casa, raggiungibile da una corte interna che dà su un giardinetto con una moltitudine di fiori stranissimi.

Di Rubens sono rimasti anche i dipinti nella vicina chiesa di Carlo Borromeo e quelli custoditi nella cattedrale. Mi viene detto che c’è una regola non scritta in Anversa, per cui nessun edificio può essere eretto più in alto della cattedrale (un po’ come la Madonnina del Duomo). In effetti, girovagando tra i quartieri, non ci sono palazzi particolarmente alti. Anche tra i più nuovi non c’è nemmeno un grattacielo. La cattedrale è un perfetto stile gotico brabantino (Flemish version) e al suo interno ospita anche alcuni dipinti dei pittori locali Jacob de Backer e Marten de Vos, sopravvissuti prima all’Iconoclastia cinquecentesca, poi alla conquista spagnola e infine all’arraffo di Napoleone Bonaparte. Si può anche immaginare facilmente l’Anversa della scuola fiamminga: proprio davanti alla cattedrale c’è il Vlaeykensgang, un vicoletto bianco e stretto del 1591 dove venivano relegati i calzolai e in estate si accalcavano – e continuano ad accalcarsi – turisti e locals per sentire il carillon delle campane.

PER VISITARE LE FIANDRE

A poca distanza e sempre nel centro storico sorge poi il museo Plantin Moretus, dal nome dei due famosi stampatori che qui hanno fondato nel 1550 una delle prime stamperie. Oltre a una casa d’epoca labirintica e deliziosa da visitare, sono custodite le due presse più antiche del mondo con set completi di stampi e matrici. Una vista in grado di commuovere chiunque sia innamorato della lettura. Nei piani di sopra ci sono anche alcune librerie straordinarie, dove sono archiviati tesori come la Bibbia poliglotta (in cinque lingue) stampata nel 1570 circa e, come di consuetudine, qualche quadro dell’amato Rubens. Il complesso Plantin Moretus rimane tutt’ora l’unico museo a far parte dei beni dell’Unesco che custodisce le prime macchine da stampa. Il chiostro all’interno è silenzioso e pacifico: senza dover per forza visitare il museo, si può solo chiedere di entrare e dare un’occhiata al giardino, dove ci sono sempre alcuni studenti che leggono seduti sulle panchine ai lati.

Qui intorno si sviluppa il quartiere universitario, i cui fulcri sono l’accademia reale delle belle arti e la sede dell’università di Anversa, e derivativamente la piazza Ossenmarkt dove gli studenti si ritrovano a bere. La birra belga, ogni tipologia con il suo bicchiere specifico, qui ha una certa rilevanza: è patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco, prodotta localmente nei birrifici della tradizione dei mastri birrai (dai nomi più celebri come Stella Artois e Duvel, alle centinaia di etichette artigianali, storiche e più innovative dei vari birrifici disseminati nella regione). Ma ultimamente anche i vini naturali stanno prendendo piede nella città – qui come altrove –, dove stanno aprendo a velocità incontrollata tanti natural wine bar con le scritte in corsivo sulle pareti vetrate e le ostriche abbinate ai calici.

Sempre nei dintorni c’è la Snjders&Rockox House, la casa che ha fatto costruire l’allora Burgemeester (sindaco) di Anversa e amico di Rubens e di Antoon van Dyck a inizio Seicento. Usava la casa come ritrovo per artisti, specialmente per gli amici pittori che lo avrebbero aiutato nella sua velleità di collezionare monete d’oro. La collezione di dipinti è straordinaria e la casa rimane un perfetto esempio di come viveva un ricco uomo fiammingo quattrocento anni fa. Nel quartiere, tra il rumore del vetro che sbatte nei cin cin degli studenti, si nasconde anche un luogo silenzioso e quasi sacro, un tempo sede di beghinaggio, ovvero dove si ritiravano alcune donne di inclinazione spirituale per comunicare col divino, ma senza alcuna intenzione di prendere i voti religiosi. Si riunivano attorno alla chiesa di Santa Caterina, dove i complessi si unificano a formare un giardino con frutteto dove poter accedere e meditare, leggere e praticare qualsiasi forma di attività spirituale.

Le navi restano, in maniera incontrastata, un rilucente e nostalgico orizzonte.

Camminando più a sud, si arriva al St. Andrews district, il celebre quartiere della moda. È protetto dal MoMu, il museo della moda che ha riaperto da poco al pubblico. Dentro sono custodite alcune opere dei Sei di Anversa, i sei fashion designer che hanno frequentato l’accademia negli anni Ottanta e si sono distinti a livello internazionale. Tra i sei figurano Dries Van Noten e Ann Demeulemeester, mentre spesso nell’elenco finisce per errore anche Martin Margiela, che invece si è fatto conoscere qualche anno prima dei Six. Oltre alle istituzioni della moda che torreggiano nel distretto, è proprio l’aria che si respira per le vie a connotare tutto il quartiere, tra le vetrine delle boutique, le persone che passano – sempre vestite benissimo, naturalmente di nero e in abiti incredibilmente voluminosi. Affacciandosi sul porto, si apre un sottopassaggio che porta alla sponda ovest: è il tunnel di Sant’Anna, lungo 572 metri. Le scale mobili che portano giù sono state costruite nel 1930 e sono ancora le originali di legno, che fanno scivolare i passanti tra le pareti immense e coperte da ipnotiche piastrelle bianche. Le ragioni di questo sottopassaggio sono semplici: non ci sono ponti a connettere le due sponde della città. Si sarebbero creati troppi problemi con le navi, dicevano gli abitanti di Anversa quando vagliando le due opzioni. Intanto le navi restano, in maniera incontrastata, un rilucente e nostalgico orizzonte che fa capolino ogni tanto da qualche vicolo che dà proprio sul porto.

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