Chi, come me, è cresciuto con la cultura hip-hop nelle cuffie, sa che ogni artista appartenente a questa cultura, volente o nolente, si porterà dietro per tutta la sua carriera dei segni indelebili provenienti dal luogo di nascita o provenienza, quindi di appartenenza, dai primi brani di successo e dai primi album di debutto. Così è per Josh, che nel suo biglietto da visita l’ha voluto mettere subito in chiaro: Zona 4. Giorgio, che da sempre vive il Corvetto, molto tempo fa si è innamorato della musica e insieme a un gruppo di amici del quartiere formavano la MCK (Milano Crimal Klan, chiaro richiamo a Thug Life di Tupac Shakur, oppure Milano Crew Korvetto). Un collettivo nato negli anni Duemila con una voglia innata di fare arte e di tramettere quello che vedeva e provava nelle canzoni. Oggi Josh continua a portare avanti la sua arte sia con i disegni che tatua sulla pelle dei suoi clienti, sia con il rap, testimone il suo ultimo disco Clessidra uscito l’anno scorso, e ci racconta il Corvetto che era, che è e che sarà.
Chi sei? Da dove vieni? Cosa fai nella vita?
Sono Josh Zona 4 in arte da tutta la vita. Il mio vero nome è Giorgio. Vengo da Milano Corvetto e ho quasi sempre abitato qui. Nella vita sono tatuatore di professione e rapper/artista. Insomma so intrattenere la gente a mio modo.
Da quanto tempo vivi a Corvetto?
Vivo a Corvetto ormai tra andata e ritorno, perché ho provato anche ad andarmene, da 38 anni. Sono nato nell’82 in Gabrio Rosa. Ho vissuto lì per un po’ di anni, tipo fino ai 19. Poi ho vissuto in Monpiani per altri 5 anni. Successivamente nelle cascine di via Fabio Massimo, un po’ prima di dov’è il Borgo del Tempo Perso, per un paio di anni. Ho vissuto in via Don Bosco vicino al San Luigi, sempre in Zona 4. In Martinengo, in uno scantinato di via Fratelli Rosselli. Adesso invece vivo vicino a piazzale Bologna.
Che ricordi hai di quando eri adolescente?
La piazza di Gabrio Rosa era differente prima: la strada ci passava in mezzo, non c’era la rotatoria e non c’erano blocchi, era una figata. Le cose positive che mi ricordo sono le giostre in piazza quando arrivava il periodo di Santa Rita, la santa che dà nome alla chiesa che affaccia sul piazzale. Ricordo anche le scorribande generali: le prime risse viste quando ero bambino che ti danno un’idea di come va la zona, diciamo.
All’epoca non avevo molti soldi e per giocare ai videogiochi ci volevano 200 lire che non avevo, allora mettevo 20 lire sul binario del tram di corso Lodi, così che quando passava la moneta si schiacciava diventando della dimensione giusta per entrare nel giochino. Oppure le vie alternative che facevamo per attraversare il quartiere più in fretta, scavalcando i cancelli dei cortili. Insomma gli sgami degli sgami. Le fughe delle fughe.
Quali secondo te sono i confini del quartiere?
Per quanto mi riguarda, prima che uscisse la denominazione Zona 4, perché prima era Zona 14, il quartiere era confinabile in Viale Omero, la tangenziale di Fabio Massimo, la parte di via Sulmona, il ponte di piazzale Cuoco, Brenta, via Marco D’Agrate, via Mincio, fino a piazzale Bonomelli diciamo, anche viale Ortles faceva parte della zona, prima di Ripamonti. Adesso che è diventata Zona 4 arriva fino alla Trecca, prende tutta piazzale Cuoco, Insubria, si è allargata veramente tanto come zona. Però io il quartiere Corvetto lo identifico nelle tre pizze (Rosa, Ferrara e Corvetto), i due ponti e quello che ci gira attorno: la chiesa di Santa Rita, i palazzi di San Dionigi, le cascine, piazzale Bologna, le case private e prima di Brenta.
Come ti sei appassionato al mondo hip-hop? Ti ha aiutato il posto in cui vivi ad avvicinarti a questa cultura?
Mi sono avvicinato alla cultura hip-hop incominciando a fare murales, prima su foglio poi sui muri, e da lì ho scoperto le jam, ho conosciuto gente e diversi tecnici dell’old school, Dj Paolino e compagnia bella, che mi hanno fatto conoscere a loro volta il mondo della musica rap e così ho cominciato a cantare insieme al mio amico Marco. Ho visto che ero portato e da quel momento non ho mai smesso, diciamo che mi ci sono fidanzato con la musica hip-hop.
Se non avessi vissuto nella strada, cioè in un quartiere come Corvetto, non avrei fatto determinate conoscenze. Penso che se avessi abitato in Duomo probabilmente avrei conosciuto persone più ricche e sarei stato a fare dei party radical chic dove finivi tossico e alcolizzato ancora prima. Invece per fortuna ho conosciuto le droghe in mezzo alla strada, ho visto l’ambiente, ho visto tutto quello a cui potevo andare incontro, quello che potevo accettare e non potevo accettare, le varie situazioni e poi lo sfogo di tutta questa vita difficile tramite la musica hip-hop. Quindi sì, penso che mi sia servito molto per quello che faccio vivere in questo quartiere.
Qualche anno fa hai dipinto dei ritratti di quartiere in rima, come i brani “Corvetto è” e “Zona 4”, quanto ti senti un rapper di quartiere per definizione?
Io sono il rapper di quartiere. Mi chiamo Josh Zona 4 e sono il rapper principale di zona. Non me ne fotte un cazzo di tutti gli altri che sono fake rapper che dicono “zona 4 di qua, zona 4 di là”. Io ho spinto Corvetto dal mio inizio musicale, quindi parliamo almeno del 2000. Spingevo Corvetto sui muri ancora prima e lo spingo tuttora. Non dico che questa cosa mi piaccia a vita perché vengo etichettato come rapper di zona, però diciamo che sono il rapper di periferia che fa sentire le voci della periferia e la sua contemporaneamente.
Hai lo studio in zona?
Ce l’ho avuto, ma per vari problemi abbiamo dovuto chiuderlo. Non era naturalmente legale, era un posto che io e i miei soci utilizzavamo come studio di registrazione. In zona ne abbiamo avuti almeno tre nei vari anni. Adesso registro a casa e poi porto a mixare il risultato in studio.
Raccontaci la tua giornata tipo in quartiere.
Innanzitutto adesso il mio lavoro da tatuatore lo svolgo a casa. Prima lavoravo fuori zona in un negozio, dopo il Covid siamo a casa. Quindi fanculo alle leggi, io tatuo a casa! Quando finisco di tatuare esco e la prima cosa che vorrei fare è bermi una birra. Però in realtà la mia giornata tipica in zona di una volta era: uscivo, beccavo i miei amici, due o tre sempre gli stessi, sotto casa, e facevamo la ronda per cercare qualche canna. Spendevamo tutto quello che avevamo in canne. Quando non c’erano più soldi andavamo dentro a rubare i fumetti per rivenderceli e comprare sempre da fumare. Questa era la giornata tipica. Poi è cambiata quando iniziavo a scendere negli studi, ma fumavo anche lì. Poi tornavamo a casa e fumavamo pure sulle scale. La priorità era fumare per noi ragazzi. A 25 anni ho smesso perché mi venivano gli attacchi di panico. Oggi magari faccio 2 tiri leggeri mentre mi bevo una cosa.
Oltre al lavoro, la mia tipica giornata di adesso potrebbe essere beccare i miei amici pazzi che ho, perché ogni due per tre c’è un problema inutile da risolvere. Poi becco Cisky, anche lui un pazzo sfegatato che conosco da anni, e altri miei amici. Insomma ho una calamita per i disagiati. Per esempio ora stiamo per festeggiare un compleanno di un amico al bar, dove beviamo Campari col bianco, poi dopo andremo a cena. Tipiche giornate di quartiere: bar e quello che capita, capita, sempre se ti capita qualcosa, niente di programmato.
Quali sono per te i posti, le persone e i simboli di quartiere?
I posti te li ho un po’ già citati quando parlavamo di confini: Gabrio Rosa, i palazzi di via San Dionigi, la ditta abbandonata in fondo a via Toffetti, Rogoredo, il Parco delle Rose, dove c’è anche il Borgo del Tempo Perso (Karma), il Time, un’altra discoteca. Per i più giovani sarà sicuramente il McDonald’s e il palazzo del comune, quando vai dietro a fumarti le canne. Il Polo Ferrara, un luogo che adesso sta funzionando, dove io ho fatto delle lezioni di hip-hop a dei ragazzini. Il mercato comunale che stanno facendo diventare una cosa superplus. Prima ancora la Upim, il posto migliore dove andare a rubare. Infine la Fonte del Dolce e la Fiorenza di Al Gusto Antico, che prima si chiamava Trattoria ai Lamponi, ristorante toscano che c’è in via Bessarione.
Per quanto riguarda i simboli di zona come persone siamo io, Cisky e altra gente di cui non faccio nomi.
Consigli in particolare qualche bar, ristorante o spazio pubblico?
Il Vivà è la pizzeria che costa di meno in zona, è alla mano e fanno pure dei buoni piatti. Se andate lì, prendete la fiorentina per due che vi regala anche la boccia di vino. Dovrebbe costare sui 30 euro però è buona e cotta bene. Io prendo sempre il polpo. Al Vivà vai sul sicuro. Come pizza consiglio di andare alla Pizzeria del Sole, la fanno al trancio con il forno a legna ed è una potenza.
Come bar ti consiglio in via Marco D’Agrate il Bar Collo. Poi quello del mio amico Besi all’inizio di via Mincio che ha aperto da poco ed è frequentato da molti giovani. Il bar dove vado sempre io è Da Angela in via Sulmona, gestito da cinesi ma è tranquillo. Ultimo ma non per importanza il bar, panificio e pasticceria Gobbato Bakery. Forse il simbolo più grande di Corvetto perché tutti lo conoscono, oltre all’Itsos e i palazzi.
Come spazio pubblico ti direi il Parco Vettabbia, che hanno risistemato da poco ed è una bomba. Anche il Parco delle Rose da quando hanno fatto andare via la gente del boschetto di Rogoredo è molto più agibile e c’è anche un percorso avventura dentro.
Puoi raccontarci un aneddoto o una leggenda di quartiere?
Sono cresciuto avendo come riferimento Cisky, poi ci sono diventato amico e fratello. Lui è una leggenda di zona vivente, non lo tira giù nessuno, lo puoi mettere di fronte a un muro che lo tira giù comunque senza farsi male. Anche lui è artista.
Mi ricordo quando abitavo al quarto piano in Gabrio Rosa erano le due del pomeriggio e mi sono affacciato alla finestra: era scoppiato un tubo dell’acqua enorme che aveva squarciato tutto l’asfalto in strada. Si era creato un lago in piazza e un getto d’acqua continuo che usciva dal sottosuolo. Un tubo veramente grosso, sarà stato… fai un cerchio con le braccia, ecco grosso così e usciva acqua a non finire. I vigili del fuoco non arrivavano e siamo scesi in costume a farci il bagno in mezzo alla strada. Era fighissimo. Poi hanno sistemato tutto.
Un altro episodio è quando sotto casa mia davanti al tabaccaio con un temporale della madonna è caduto un albero immenso su tre macchine. Ha bloccato la strada per un giorno e mezzo. La vecchia Corvetto degli anni 90.
Come te la immagini in futuro Milano? E Corvetto?
Secondo me è una bella città anche se ormai ogni zona è vita comune, che sia centro o periferia la merda c’è ovunque. Più sei di un ceto sociale alto più non ti sai comportare rispetto a chi abita la periferia. Corvetto ti insegna i valori del rispetto e della famiglia che ti fanno capire come vivere e stare al mondo. In centro trovi della gente che non ha mai capito come vivere realmente. Certi si sanno comportare, ma credo che il centro più si sviluppa più tenga a distanza le periferie. La zona nostra più si sviluppa, più diventa giusta, più ci vengono date nuove opportunità, anche tramite il comune, e più noi capiamo come vivere al meglio il quartiere. Quindi penso che il Corvetto si svilupperà bene e invece le zone centrali diventeranno il punto di riferimento per i casini sociali e non.
Mentre Josh del futuro come te lo immagini?
Spero ricco un giorno, anche se non sarà mai così, con una bella famiglia che potrò mantenere e magari una bella casa fuori Milano, un bel cascinale. Continuerò a fare musica finchè creperò e forse l’ultimo mio pezzo sarà il mio testamento.