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Spectrum

La Mecca della street culture in città è a Milano Centrale

quartiere Centrale

Scritto da Paolo Bontempo il 11 febbraio 2022
Aggiornato il 11 novembre 2022

Foto di Luca Grottoli

Drip, Nero d’Inferno, Marker, Pantoni: SPECTRUM è il centro nevralgico dello streetwear e graffiti-store, la Mecca della street culture in città. Qui non soltanto le crew e i cani sciolti del writing e del bombing s’incontrano ogni giorno, ma dovete sapere che si è anche inventato uno dei must have di ogni writer: lo squeezer.

«Per un writer comprare degli spray insieme ad altri writer è un po’ come bere il campari col bianco.»

Ciao ragazzi, siete qui a Spectrum da un bel po’, ma non siete qui per caso.

Fabio:Io sono Fabio e sono store manager di Spectrum dal 2010. Sono arrivato qui un anno dopo l’apertura del negozio. Ho studiato design e ho lavorato per alcuni anni in un ristorante di P.ta Venezia e in una catena di videogames, poi alcuni amici mi hanno chiesto se volessi cambiare e fare questo lavoro. La proposta mi ha preso bene da subito, sono un appassionato di streetwear e soprattutto sono un writer. É stata una cosa naturale, sapevo che qui avrei trovato qualcosa di coinvolgente, oltre che una famiglia con i miei stessi ideali e ambizioni.


Matteo: Io invece sono Matteo. Nasco anche io come writer e ciò mi ha permesso di conoscere quelli che poi sarebbero diventati i miei colleghi. A scuola ho studiato tutt’altro, fino alla laurea in psicologia della comunicazione. Ho fatto il mio percorso e acquisito esperienza, oggi mi occupo anche della parte visual del negozio, quindi alla fine si è un po’ tutto amalgamato.

Spectrum è ormai un negozio cult della street milanese, però nasce principalmente come negozio per writers, dalla grande madre Graffiti Shop. Questa origine secondo me è fondamentale per capire davvero l’essenza del negozio.

Fabio: 

Graffitishop (l’antenato di SPECTRUM) è nato nel 2002 e aveva come base operativa il box di un palazzone nell’hinterland. Tutto è partito dalla necessità di costruire un network per distribuire le fanze di graffiti che venivano autoprodotte all’epoca da quelli che poi sarebbero diventati i soci fondatori. L’idea di farlo attraverso un sito poteva sembrare folle allora – e probabilmente lo era – ma da quel momento in avanti tutto ha trovato una sua strada molto precisa. Dietro c’è stato un sacco di lavoro, prima di tutto editoriale: all’epoca le fanzine che giravano di più erano Garage Magazine, che era un mix di fotografia, design e lettering, Graffzoo che era quasi esclusivamente dedicato ai graffiti e Subwaynet che invece era dedicato alle subway, con un ampio spazio alla metro di Milano ovviamente…

La cosa figa è che il tutto è iniziato con i cosiddetti mail order. Facevi il tuo ordine compilando un modulo cartaceo col catalogo che era composto da spray e fanzine, lo spedivi e aspettavi che ti arrivasse il pacco. All’epoca quel famoso box di cui parlavo prima era il magazzino… io quella parte l’ho vissuta a distanza, da spettatore, da fan, anzi da cliente!

Poi come è andata avanti?

Matteo: Quella è stata la scintilla, l’innesco. All’epoca io ero già dentro quel mondo e mi ricordo che se volevi vedere dei graffiti su carta stampata sicuramente passavi da quelle fanzine. Poco più tardi all’attività editoriale si è affiancata anche la produzione di inchiostri e marker… è così che è nato Grog. Il nostro brand é stato tra i primi a fare prodotti specifici dedicati solo ed esclusivamente ai writer, una storia dedicata all’handstyle più puro e violento se vogliamo. Nessuno aveva voglia di aspettare che qualcuno facesse le cose per noi, così ce le siamo fatte da soli, come piaceva a noi.

È così che è nato lo “Squeezer”, giusto?

MatteoIl presupposto di partenza è che nei graffiti è importante “sporcare”, cioè quello che fai deve essere difficile da cancellare. Fino a un tot di anni fa non esistevano così tanti marker e i writer dovevano ricorrere a soluzioni home-made, caserecce, a d’esempio si andava a prendere al supermercato o dal calzolaio il flacone per lucidare le scarpe – quello con la spugna rotonda sopra per intenderci – una volta svuotato per riempirlo si ricorreva alle tinte per le pelli, come il Nero d’Inferno. Si riempivano questi accrocchi tirati su un po’ alla buona per ottenere il drip, cioè l’effetto colatura. Col tempo è diventata una tecnica ricercata. L’idea di Grog é stata quella di concepire questo marker con una punta molto più resistente di quella del calzolaio e con un corpo morbido che puoi gestire, spremere molto facilmente per ottenere un effetto dripping più consistente. Nessuno lo aveva fatto prima ed è stato poi copiato da tutti. Oggi, in qualsiasi città del mondo le tag fatte con lo Squeezer le riconosci al volo.

Spectrum è stato il primo store a Milano a intercettare un po’ questo mondo?

Matteo: No, non è stato il primo, ce n’erano altri. Diciamo che è stato il primo store con un concept diverso da quello del “colorificio per writer”. Con Spectrum ci si è staccati dall’idea dello store dedicato ai prodotti per graffiti, abbracciando il mondo più ampio della street culture. Il bello di Spectrum secondo me è proprio quello di portare avanti un concetto abbastanza unico, anche a livello mondiale, nel senso che sono pochi gli store che matchano davvero i graffiti con la street culture e lo streetwear. Le due cose sono profondamente connesse, non si tratta di fare un negozio di vestiti con due spray nell’angolino… dietro ci sono passione e duro lavoro.

Noi, come sapete, stiamo cercando di tracciare un ritratto della zona di Repubblica-Centrale. Voi, che siete un punto di approdo consolidato, credete che esista un’identità di quartiere definita?

Matteo

Secondo me, soprattutto la zona tra Centrale e Repubblica è una piazza super eterogenea. Ci sono i palazzi in cui vivono i VIP e sotto a quegli stessi edifici la sera fai fatica a camminare perché ci sono i clochard accampati. In generale però, soprattutto negli ultimi anni, la zona è più viva e vivibile.

 

Poi c’è tutta la situazione skate a Centrale che secondo me dà un bellissimo colore al quartiere. Un’identità unica però non c’è, mi sembra che la sua impronta sia proprio quella di essere un mix super eterogeneo. Anche il nostro pubblico rappresenta quell’eterogeneità, abbiamo il ragazzino che vuole le sneaker limited, il writer in trasferta e il signore di zona che chiede scarpe comode o la camicia a quadri.



Fabio: 

E poi col quartiere abbiamo un buonissimo feeling perché è la nostra seconda casa. Lo respiriamo tutto il giorno e conosciamo la via, la zona limitrofa, i residenti e i commercianti del posto perché interagiamo… loro sono nostri clienti e noi andiamo a mangiare o bere la birra da loro. Strade come Via Casati, Palazzi, San Gregorio, Tadino, Lecco, Castaldi… non sono solo un gran mix culturale, per noi rappresentano il cuore della città, un centro fuori dal centro.

Quando passavo davanti a Spectrum, notavo sempre gruppetti di ragazzi che sostavano qui fuori. Le prime volte, dentro di me, pensavo fosse un bar di piazzo della zona. Poi ho scoperto che era un negozio.

Fabio: Per un writer comprare degli spray insieme ad altri writer è un po’ come bere il campari col bianco, devi immaginarti questa cosa.


Matteo: Poi considera che i writer di solito dipingono e vanno in giro in gruppo e tante volte si danno appuntamento qui.

Siete tipo il bar dei writers…

Fabio: 

Alcuni sono più solitari, però è facile che più persone tendano a scegliere dei colori insieme perché faranno qualcosa di coordinato. Poi nel momento in cui sei qui, compri, scambi due chiacchiere con noi. I più giovani trovano in noi persone appassionate con una certa esperienza. Quando io andavo a prendere spray al negozio, me li vendeva una signora anziana, quindi non potevo chiedere e non avevo informazioni. I clienti ci fanno molte domande specifiche tipo “mi dai un tappino più fine?” “che tipo di bombola è?”, e qui hanno la possibilità di venire in un posto in cui trovare informazioni tecniche e anche storiche. Che poi è la base di tutto, secondo me, se fai una cosa devi avere un minimo di concezione di come funziona.

Mi sembra che in generale la zona rispecchi il vostro mood. Luoghi piccolini e di culto, che si discostano dal mainstream di Buenos Aires.

Fabio: Sì, è figo perché qui puoi trovare di tutto, negozietti ma anche realtà più strutturate. Fra l’altro veniva definita la kasbah di Milano, ed è forse la zona con più ristoranti multi-etnici. Nei decenni passati comunità come quella eritrea o cinese hanno messo radice proprio qui, abitando le vie e aprendo diversi locali, infatti a livello di food puoi trovare di tutto, il cinese, il coreano, il palestinese…e chiaramente anche ottimi ristoranti regionali italiani. Ed è figo perché si convive e si fanno un sacco di amicizie. Tanti residenti passano anche solo per un saluto o per scambiare due chiacchiere.

Ecco, la dimensione di Spectrum non si limita soltanto allo spazio del negozio, ma va un po’ oltre.

Fabio:

Possiamo dire che Spectrum unisce persone con interessi diversi, ma tutti sono molto dentro ciò che fanno. Prima della pandemia avevamo la possibilità di organizzare eventi sui contenuti che da sempre sono il nostro motore, quindi c’era un motivo in più di aggregazione. A volte abbiamo mixato le cose: veniva gente appassionata, ma anche residenti attratti dalla musica. Poi release di dischi, magari di clienti amici, come E-green e anche piccole performance live.

 

Matteo:Gli eventi ci mancano un po’. Li hanno sempre apprezzati tutti. Anche la gente di zona, magari avevamo il dj in vetrina e rimanevano colpiti.

 

Fabio: Poi il giorno dopo ci dicevano “ma che roba, cosa avete fatto? Era bellissimo”.

Quindi col tempo anche gli abitanti della zona vi hanno conosciuto bene?

Fabio: Assolutamente. Ci sono casi in cui possiamo quasi dire di “seguire” delle persone. Ovviamente non siamo la croce rossa, però per dirti, diamo spesso una mano a una signora ultranovantenne che è un po’ un simbolo di questo tratto di via. Lei abita qui sopra e va sempre in giro con un cane minuscolo. Insomma lei l’abbiamo aiutata molte volte, è capitato dovessimo fare l’aerosol al cane o darle una mano con la lavatrice che non partiva. Magari finisci di lavorare e sei stanco ma un salto dalla signora lo fai se ti ha chiesto una mano.

Per chiudere volevo farvi una domanda sul passato e una sul futuro. Partiamo dalla prima. Ho visto che siete qui dal 2009, cosa è cambiato in questi dieci anni?

Fabio: La zona è cambiata così come è cambiata Milano. Nel 2009 la città non era così viva. Questa era zona del tessile, dove c’erano per lo più corsetterie e negozi del genere. C’è stato un momento in cui è avvenuto uno switch e sono fiorite una serie di attività, negozi e altre realtà come la nostra che prima non c’erano. Si è accesa di brutto. Un po’ come Milano in generale.

 

MatteoHanno aperto alcune attività nuove, moderne, giovani, che quindi stanno portando un po’ di freschezza in zona.

 

Fabio: Però questo prima del 2019. Dal 2019 al 2021 tutto è un po rallentato. Prima era proprio in esplosione. La pandemia ha frenato. Rimaniamo comunque ottimisti, sappiamo che è solo questione di tempo, poi tutto riprenderà a ritmo anche più alto.

Passiamo alla domanda sul futuro. Ho preso un claim che non so se usate ancora “Riscrivere le regole della strada. Non inseguire un trend ma crearlo”. A che punto siamo?

Fabio: Diciamo che non ci piace stare fermi. Siamo sempre dentro le cose che facciamo, non potrebbe essere altrimenti, anche per questo abbiamo un sacco di progetti in corso, anche belli grossi. Per chi rimane sintonizzato ci saranno grandi sorprese, mettiamola così!