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Tra glitch e melodia: Arssalendo

Storie di nuovi album e vecchi quartieri, tra glitch e melodia.

quartiere MACRO

Scritto da Nicola Gerundino il 5 aprile 2022
Aggiornato il 17 giugno 2022

Luogo di nascita

Roma

Luogo di residenza

Roma

Attività

Musicista

Un nuovo album, “Tutti ammassati senza affetto”, per una nuova etichetta, Grazie1000, gestita da Paolo Mura e attenta a un nuovo panorama sonoro che si sta creando sulla coda del più ampio fenomeno Pc Music: un pop acceleratissimo e digitale, che sta circolando sotto il nome di hyperpop. D’altra parte, la storia di Arssalendo parte un po’ più da lontano e annovera già molte collaborazioni e produzioni, incluso l’album “Litania” per White Forest. Se di hyperpop si vuole parlare quindi, allora siamo già di fronte a una sua mutazione matura e colta, capace di una poliedricità sonora e di scrittura, veicolo di parole che sanno essere anche intime, carnali e scure – basta ascoltare il singolo “Sottopelle”. Ne abbiamo parlato direttamente con Arssalendo in questa intervista, fatta a pochi giorni di distanza dalla data zero di presentazione dell’album al Klang.

 

Iniziamo dal titolo del tuo nuovo album: è una suggestione post Covid, con le persone che tornano a stare assieme ma sempre con una certa distanza, o l'ispirazione arriva da tutt'altra parte?

“Tutti ammassati senza affetto” in realtà si riferisce a un periodo personale, in cui mi circondavo di gente per non concentrarmi su di me.

Come hai passato questi ultimi due anni di pandemia, dove la musica, specialmente quella live, è stata pressoché cancellata dall'orizzonte della vita sociale?

Da un punto di vista personale, la pandemia mi ha costretto a guardarmi in faccia, capendo i miei pregi e i miei difetti. Sul lato musicale mi sono concentrato molto sulla scrittura in studio, sia con altri che da solo. Mi ha dato la possibilità di fermarmi e capire che la cosa più importante per me è vomitare da qualche parte quello che penso. Senza averne paura.

Come e perché è nato questo nuovo album?

Nasce perché avevo bisogno di sfogarmi. Bisogno di sussurrare un segreto nell’orecchio di un amico fidato. Non è stato un disco programmato, ma un disco necessario.

Rispetto alla tua ultima uscita per White Forest, "Litania", "Tutti ammassati senza affetto" ha molte parti vocali in più e meno brani "broken". È cambiato qualcosa tra queste due uscite?

Il concetto di base rimane quello di trovare delle melodie all’interno di un glitch e viceversa. Il fatto che “Litania” fosse un disco più strumentale mi dava la possibilità di spezzare tutto. Dal mio punto di vista però “Tutti ammassati senza affetto” è molto più originale. Ha la voce, il che lo può far sembrare molto più melodico, ma in realtà ci sono delle produzioni completamente decostruite.

 

Pensi che la definizione di hyperpop possa essere particolarmente centrata per raccogliere tutte le suggestioni sonore di quest'album? È un termine in cui ti ritrovi?

Non sono molto bravo ad autoetichettarmi sinceramente. Hyperpop è una definizione che non mi fa impazzire, ma me l’accollo.

Pensi sia giusto parlare di fenomeno o scena hyperpop in Italia?

Esiste, ma solo perché una serie di progetti sono stati etichettati sotto questo nome. Dal mio punto di vista ognuno di essi ha una visione molto diversa di cosa vuole comunicare.

Ci sono stati degli ascolti che ti hanno portato verso questa nuova direzione musicale?

Come detto prima, non è propriamente “nuova” questa direzione. È da quando ho ascoltato il self titled di Arca che ho capito che un “nuovo pop”, formato da voci e distorsioni, è possibile. In questo disco l’ho solo reso migliore.

Quali invece quelli che ti hanno portato a scrivere musica?

Da piccolo sicuramente i Placebo, più tutta la scena emo e screamo italiana. Poi ho attraversato un periodo in cui ascoltavo solo Madrigali del XVI Secolo e alla fine mi sono ritrovato in tutto quel giro musicale post-internet, a partire dalla Pc Music.

Tutti ammassati esce per Grazie1000, puoi raccontarci di questa etichetta e di come ci sei entrato in contatto?

Paolo di Grazie1000 l’ho conosciuto al festival Ecosistemi. È stata la prima persona con cui ho parlato perché l’unica, assieme ai 20025, a essere già arrivata al campeggio del festival. Il mio live gli piacque parecchio così gli chiesi se gli andasse di produrre questo disco. Da lì abbiamo iniziato a lavorare assieme. La fortuna è stata quella di avere la fiducia artistica sui master, lavorandoli come volevo io. In più, Paolo riesce a non sbroccare quando vado in ansia e gli scrivo mille messaggi al secondo, il che non è da poco.

Passiamo a Roma, che ne pensi della città, specialmente da un punto di vista musicale?

Ci sono Capibara e Mai Mai Mai che sono i miei papà e mi consigliano sempre quando ho dei dubbi. Se devo andare ad ascoltarmi qualcosa fuori casa, vado sicuramente al Fanfulla, oppure al Klang. Inoltre, dopo il primo periodo di quarantena io e Mark Ceiling abbiamo iniziato a portare avanti Torbido Studio, un hub creativo in cui produciamo e ci confrontiamo con i nostri amici.

A Roma dove vivi? Ci sono quartieri a cui sei più legato?

Ho vissuto in varie zone, ora sto a Borgo Pio, che mi ha fatto scoprire cosa vuol dire vivere il quartiere: dall’andare la mattina al mercato al bermi un bicchiere di vino la sera sempre nello stesso bar. Poi ho studiato al Tasso, quindi ogni volta che passo in zona Piazza Fiume un po’ di emozioni riemergono sempre.

 

Cosa ha rappresentato per te e cosa rappresenta ora questo quartiere?

Crescita, prese di posizione e consapevolezza.

Ci sono dei luoghi a cui sei ancora legato?

Ti direi piazza Verbano, dove al ginnasio mi ritrovavo i sabato sera con i miei amici.

Uno dei tuoi primi live, se non ricordo male, si è tenuto proprio qui in zona, quando il Diva Futura si è tramutato ne La Fine. Che ricordi hai di quella serata e di quella performance?

Quella era proprio la prima serata de La Fine organizzata al Diva Futura, il live fu abbastanza assurdo: ricordo che durante l’ultimo brano scesi dal palco e mi misi in ginocchio, rialzandomi notai che i miei pantaloni si erano strappati e il mio ginocchio sanguinava. Non mi ero accorto di essermi appoggiato sopra un vetro rotto. Comunque fu una bella serata, finì con vari tentativi di ballo sui pali da pole dance, andati molto male!

Se potessi scegliere un luogo di questo quartiere dove esibirti o dove comunque realizzare qualcosa di tuo, quale sceglieresti e perchè?

Il MACRO, essendo uno dei musei che frequento di più ed avendo varie sale che si prestano a discorsi artistici multimediali. In alternativa direi Radio Wonz, che era un bar su via Nomentana in cui mi esibì per la prima volta con il mio gruppo del liceo. Credo non esista neanche più. Ma lo farei solo per vivermi quel senso di amarcord.