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Unione, resilienza e speranza: Resistance Is Techno e la legacy del clubbing

La scena di Roma e il futuro della club culture in una chiacchierata con una delle crew più longeve in città

Scritto da Nicola Gerundino il 5 marzo 2025
Aggiornato il 6 marzo 2025

A ormai cinque anni dall’esplosine pandemica, sono poche le serate sul suolo capitolino che possono dire di aver vissuto il pre e post Covid, sperimentando tutti mutamenti che si sono rovesciati sulla club culture. Resistance Is Techno è una di queste, apprestandosi tra pochi mesi a spegnere le quattordici candeline. Pescando tanto nella scena italiana quanto in quella internazionale, tra le nuove proposte come tra i padri fondatori, Resistance, stagione dopo stagione, è un bignami affidabilissimo per chi vuole entrare nel mondo techno. A pochi giorni dalla festa che ha celebrato un’altra importante ricorrenza, i vent’anni del Rashomon, casa di Resistance dal 2018, abbiamo fatto due chiacchiere con la crew su diversi temi che delineano una partita ancora tutta da giocare e difficile da vincere: il rapporto tra club e festival, quello tra pubblico e social, le difficoltà sempre più forti nell’intercettare l’attenzione e soddisfare le aspettative di chi ha sempre più difficoltà a fari sorprendere, l’autenticità della proposta artistica nel mondo club.

 

Facciamo questa intervista a pochi giorni dal ventesimo compleanno di quella che è la vostra attuale casa, il Rashomon. Intanto vi chiedo come sono andati i festeggiamenti, visto che sono stati caratterizzati da una techno session con quattro artisti curati da voi.

La serata è stata una vera celebrazione del nostro legame con il Rashomon, che ormai consideriamo casa. Aver curato una line-up tutta live, con quattro artisti a noi vicini, ha reso tutto ancora più speciale: non solo per la musica, ma per l’atmosfera unica che si è creata tra noi, gli artisti e il pubblico.

Vi ricordate  invece la vostra prima serata al Rashomon?

Era il 23 marzo 2018, con SNTS (live), Z.I.P.P.O e Asymptote. Dopo sei mesi di stop e un periodo passato a Berlino per cercare nuovi stimoli, tornare con una data di Resistance a Roma è stato emozionante. Il Rashomon ci ha accolto alla grande e il pubblico ha creato un’energia incredibile. Il giorno dopo ci siamo sentiti subito pronti a ripartire da dove ci eravamo fermati.

La vostra prima serata in assoluto a nome Resistance qui a Roma qual è stata?

All’inizio ci riunivamo in un box sotterraneo alla periferia di Roma, sotto un supermercato. Un piccolo impianto, luci, fumo e tanta voglia di condividere musica con gli amici. Il passaparola ha fatto crescere il gruppo e in poco tempo quel “garage” è diventato un punto di ritrovo per molti. Nel 2007, un after party con 130 persone si è concluso con l’arrivo della polizia: le vibrazioni facevano cadere i prodotti dagli scaffali del supermercato sopra di noi! Lì abbiamo capito che era il momento di portare le nostre idee nei club. Così è nato Waka, un progetto più orientato all’elettronica, che poi ha lasciato spazio a Resistance is Techno nel 2011. Il nostro primo evento ufficiale, il 21 ottobre di quell’anno al Blackout sulla Casilina, è stato un successo inaspettato: Ben Sims, DJ Murphy & A.Professor, SuprVsion vs Animatek (ex alias di Asymptote) in line-up. Facemmo addirittura sold-out!

In questi anni di militanza, com'è cambiato per voi, se è cambiato, il panorama notturno romano?

Quando abbiamo iniziato a frequentare la scena romana, a metà degli anni 2000, la situazione era completamente diversa. Noi non siamo nati e cresciuti nella Capitale, ma ci siamo subito immersi in un’atmosfera vibrante, dove ogni giorno – anche il lunedì e il martedì – c’erano eventi, crew e club che lavoravano in maniera continuativa. La scena era un fermento costante di idee, musica e passione. C’erano molti locali, ognuno con una propria identità, e c’era sempre spazio per chiunque volesse far parte di quel mondo. Oggi, purtroppo, è cambiato tutto. Non solo a Roma, ma anche a livello internazionale la situazione è preoccupante: i club chiudono e le nuove generazioni sembrano sempre più disinteressate a quella cultura notturna che per noi rappresenta una forma di espressione vitale. Le normative restrittive hanno avuto un impatto, ma anche l’approccio di molti promoter e proprietari di club, più concentrati sui guadagni immediati che sulla crescita della scena. Il risultato? Eventi meno curati, meno spazi e un’atmosfera che non ha più la stessa energia di un tempo.

Il pubblico com'è cambiato invece?

È cambiato il pubblico e anche la sua percezione del clubbing. Se un tempo il club era un rifugio di passione pura, oggi ci sembra che molta della magia sia andata persa. Le nuove generazioni sono più distratte, manca quella passione viscerale che ci spingeva a vivere ogni notte come un’esperienza unica. Non possiamo permettere che questa magia svanisca: è nostro dovere tramandare la passione che ci ha avvicinati quando abbiamo iniziato. Siamo qui a combattere con il coltello tra i denti, perché crediamo che la cultura del clubbing abbia ancora tanto da offrire! Ogni evento, ogni nuova persona che si avvicina alla scena, è un’opportunità per riscoprire quella passione. La sfida è davvero grande.

I social hanno cambiato il clubbing in questi anni

I social e internet hanno reso sicuramente la musica più accessibile. ma allo stesso tempo hanno tolto la magia della scoperta. Oggi le persone scelgono le serate in base a quello che vedono e sentono online, senza lasciarsi sorprendere.  Come detto prima, noi continuiamo a crederci: ogni generazione ha il suo percorso e il nostro obiettivo è tramandare la passione che ci ha spinti a iniziare.

Se prima abbiamo parlato di una diminuzione dei luoghi, sui generi forse ci si è mantenuti più costanti o, quantomeno, la techno qua a Roma rimane un punto fisso.

La scena techno a Roma ha radici profonde, basta pensare ai rave degli anni  Novanta e ai protagonisti di quell’epoca, molti dei quali, ancora oggi, continuano a lasciare il segno a livello internazionale. Quando abbiamo iniziato nel 2011, il genere era in una sua nicchia, ma negli anni successivi ha vissuto un vero e proprio boom, non solo a Roma, ma in tutta Europa. Questo ha rafforzato la sua influenza anche qui in città, sebbene non sempre siano stati tramandati i valori autentici del movimento. Fino al periodo pre-pandemia, questo processo di legacy era più evidente, poi, con lo stop forzato degli eventi e la crescente influenza dei social, la scena ha attraversato una fase di confusione generale. Generi come techno, hard techno e psy trance sono stati spesso messi sotto un’unica etichetta, perdendo la loro identità distintiva. Fortunatamente, oggi le cose stanno tornando al loro equilibrio naturale. Per quanto riguarda il tema dei bpm, è fondamentale fare una distinzione. L’attuale tendenza verso suoni estremamente veloci non rientra nella techno propriamente detta. Nel corso degli anni, la scena ha attraversato fasi con bpm più elevati, altre in cui si privilegiava un ritmo più lento, ma sempre con la stessa matrice techno. Non è solo una questione di velocità, ma di come il suono si è evoluto nel tempo. Questo stile resta un pilastro fondamentale, ma ciò che oggi viene percepito come “più veloce” spesso appartiene ad altri generi e non alla techno vera e propria.

Rispetto all'hard techno e agli altri generi da supercassa, come vi sentite? Vi considerate fratelli o cugini lontani?

La musica è ciclica, la storia ci insegna questo. Il  nostro focus è cercare e restituire una connessione autentica con la musica, andando oltre la mercificazione e l’apparenza che spesso i social come Instagram e TikTok, impongono con contenuti creati ad hoc. Questi strumenti rischiano di trasformare l’esperienza del clubbing in un trend, facendo perdere di vista l’autenticità e i valori che hanno radicato questa cultura. Alla base di ogni genere proposto per noi ci deve essere la passione per quella musica e la ricerca di un’esperienza intensa, senza che questa passione diventi solo un prodotto da consumare. Quando queste qualità vengono preservate, possiamo trovare delle affinità con tanti altri generi, pur rappresentando visioni diverse.

Qual è il significato del nome Resistance oggi per voi?

Oggi per noi “Resistance” significa lottare per mantenere viva l’autenticità della scena, offrendo uno spazio che faccia sentire vivi tutti i fruitori. Resistance è una lotta contro la superficialità e l’omologazione. È una resistenza culturale che preserva la passione, l’energia e l’autenticità che ci hanno spinto a iniziare, creando una community che va oltre la musica, un rifugio per chi cerca qualcosa di vero, un luogo dove chiunque può sentirsi a casa. La musica rimane il nostro linguaggio universale di unione, resistenza e speranza. La nostra missione è continuare a costruire questa comunità, lavorando con realtà italiane ed europee, e dare alle nuove generazioni uno spazio dove possano scoprire e condividere valori e talento.

Ultime domande, tutte a base cinque! Tra tutti gli artisti che avete ospitato, quali sono i cinque che vi hanno regalato set e serate memorabili?

Planetary Assault Systems e Jeff Mills ci hanno regalato performance uniche, che resteranno nella memoria di tutti. Ben Sims, DVS1 e Oscar Mulero sono artisti con cui abbiamo un rapporto di stima reciproca e di lunga data. Ogni volta che suonano creano qualcosa di speciale, portando sempre un’energia eccezionale, in pieno stile Resistance!

Quali sono i cinque che ancora non siete riusciti a far suonare ma vorreste prima o poi?

Fare una lista sarebbe riduttivo, soprattutto in una scena longeva e in continua evoluzione come quella della techno. Non sempre è facile proporre novità e questo rende più complicata la scelta della proposta artistica. Con il tempo, però, abbiamo imparato a concentrarci su artisti che, al di là del nome, siano in grado di trasmettere passione e autenticità, creando una connessione profonda tra consolle e pubblico.

Come immaginate il clubbing tra cinque anni?

In un momento in cui sono i festival a dominare la scena, confidiamo e lavoriamo per un ritorno a un equilibrio più sano con i club. È innegabile che i festival, con la loro capacità di attrarre enormi folle e offrire esperienze straordinarie, abbiano preso il sopravvento. Tuttavia, non possiamo dimenticare che sono i club, con il loro lavoro costante e la loro intimità, a gettare le basi per la crescita e l’evoluzione della scena musicale. Le realtà più piccole permettono la sperimentazione, la scoperta di nuovi talenti e la creazione di una cultura autentica che poi si riflette anche nei grandi eventi. I festival sono senza dubbio un aspetto fondamentale della cultura musicale, ma è nei club che nascono le vere innovazioni. Speriamo che, con il tempo, i club continueranno a nutrire la scena, mentre i festival potranno trarne beneficio, creando un circolo virtuoso che permetta a entrambe le esperienze di prosperare insieme.

Come immaginate la scena notturna di Romra, sempre tra cinque anni?

Negli ultimi anni, abbiamo visto nascere tante realtà e crew interessanti, artisti in fermento, nuove idee e una forte voglia di esprimersi. Speriamo che queste crew continuino a lavorare su progetti duraturi, capaci di creare un impatto reale sulla scena. Per quanto ci riguarda, continueremo a fare ciò che amiamo, nel nostro modo, senza perdere mai la nostra essenza, che sia in un club, in un festival o in qualsiasi altra forma. L’importante è mantenere intatta la passione per la musica e l’identità che ci ha sempre guidati, cercando di contribuire in modo autentico alla scena, qualunque direzione prenda.