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Etienne De Crecy

di Zero

Cosa ti consideri, più dj o produttore?
Ho iniziato a fare il dj per gli amici, come “living room dj”, alle feste. Dopo la pubblicazione di “Super Discount” ho ricominciato anche a livello più, diciamo, professionale. Io mi considero produttore, più che altro: produttore nel senso che produco la mia musica, non come un musicista, però. Non mi sento un musicista vero e proprio, magari “musicista elettronico”, uso campionatori, sequencer e computer per assemblare i miei pezzi. Ovviamente produco anche dischi altrui.
Che cos’è il live set per te allora?
Considero come il miglior modo per promuovere la musica il dj set. Appunto non mi considero un musicista, quindi non ho la necessità di far suonare la mia musica da musicisti. Insomma sono fiero di produrre elettronica, quindi l’unico mezzo consono per farla sentire sono i computer, i campionatori e i piatti.
“Tempovision” è un album abbastanza vario, oserei dire, per niente da club. Come mai?
Quando mi sono messo a lavorarci, ho costruito i pezzi fregandomene del fatto che fossero ballabili o no. L’importante era produrre buona musica, ecco. Nei confronti di coloro che avevano apprezzato “Super Discount” questo era il mio unico impegno: fare buona musica d’ascolto.
Com’è un tuo dj set?
Principalmente il mio obiettivo è far ballare la gente. D’altronde è un pubblico che ha pagato per ballare, e quindi devo soddisfare questa esigenza primaria: metto soprattutto house e funk, suoni caldi e densi di groove. Non mi piace tanto usare techno e drum‘n’bass, li considero troppo ossessivi e cupi. Ovviamente metto anche pezzi miei da “Super Discount” o pezzi come “Three Days Weekend” e “Am I Wrong”.
Cosa hai ascoltato durante la costruzione di “Tempovision”?
Ho cercato di farmi influenzare il meno possibile. Ascoltavo solo la radio, che continuava a tempestare l’etere con roba r&b e soul. Ecco, forse l’unica influenza del disco è stato il soul. Infatti in pezzi come “Tempovision”, “Scratched”, e “When Jack met Jill” ho sentito il bisogno di inserire delle voce vere. Una volta completate, ho sentito che avevo bisogno di qualcosa in più: una voce. Ma non volevo campionarla, ne volevo una vera, e così è stato. Solo in “Out of My Hands” ho utilizzato un campionamento da un disco di Esther Phillips: molto lungo in effetti.
Proseguirà il progetto “Super Discount”?
Credo di sì. Ma non voglio forzare la cosa. Io e Philippe Zdar ci lavoriamo continuamente, ogni volta che abbiamo un po’ di tempo, quando avremo abbastanza materiale ci metteremo lì e ci lavoreremo su, questo è sicuro.

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